L'oracolo Bisignani intervistato da Pietro Senaldi: "Julia Roberts farà cadere Renzi"
- Dettagli
- Categoria: Italia
ne “Il Direttore” ha azzeccato la nomina di Fontana al Corriere e ha anticipato il siluramento di Perotti da commissario alla spending review. Più prima che dopo il Pd si spaccherà e la sinistra andrà per conto suo.
Libero, 14.3.2016 di Pietro Senaldi
Dottor Bisignani, cosa ci sussurra?
«Io? Nulla, ho cambiato lavoro».
Lo so, fa l’oracolo, come scrive Dagospia…
«Veramente lo scrittore: tre bestseller in tre anni (“L’uomo che sussurra ai potenti”, “Il direttore” e “ I potenti al tempo di Renzi; ndr) e l’opinionista in tv e sui giornali».
Ma anche un po’ l’oracolo: ne “Il Direttore” ha azzeccato la nomina di Fontana al Corriere e ha anticipato il siluramento di Perotti da commissario alla spending review...
«Se è per questo, ho pure smontato la bufala del tumore al cervello del Papa e anticipato che il computer di monsignor Balda in Vaticano era stato violato e che Renzi non era così pronto a partire per la Libia come invece diceva il ministro Pinotti; su quel fascicolo rischia grosso».
A me viene da pensare che più che altro lei conservi relazioni con il potere così fitte da consentirle di sapere le cose prima…
«È l’esperienza che me lo consente. Anche se ho 63 anni, io me ne sento 90. L’esperienza è la somma delle fregature prese, e io ne ho tante nell’armadio. In realtà mi limito a valutare gli elementi e le situazioni e a metterli in relazione. Per la spending review, per esempio, era ovvio che Perotti avrebbe sbattuto la porta, con il casino che c’era a Palazzo Chigi e il Giglio Magico che gli impediva di fare il suo lavoro».
Per Renzi cosa prevede?
«Se continua a personalizzare così il referendum sulle riforme alla fine lo perderà. Non è vero che gli italiani amano l’uomo solo al comando. Ammiravano Coppi, ma tifavano Bartali».
Poi governo tecnico e addio Renzi?
«No, si vota, Renzi vince e sta su fino al 2022».
Con chi?
«O per volontà di Renzi, o per sfinimento, più prima che dopo il Pd si spaccherà e la sinistra andrà per conto suo. Il premier non può tenere insieme Verdini e Bersani ancora per molto, e alla fine credo che, fra i due, opterà per il primo».
Ma l’elettore di sinistra non gli perdonerà mai Verdini?
«L’elettore di sinistra ormai è residuale. Vedo in giro voglia di Partito della Nazione o di Democrazia Cristiana; basta non dare alla nuova formazione nessuno di questi due nomi».
Perché Verdini è diventato così essenziale per il premier?
«A parte la forza parlamentare che gli conferisce, Verdini è il numero 10 che Renzi non ha, gli organizza i lavori parlamentari e di fatto tiene insieme la maggioranza. D’altronde, quelli che nel Pd dovrebbero aiutare Renzi, i parlamentari di lungo corso, in realtà gli lavorano contro».
Il centrodestra invece da come si comporta sembra volergli dare una mano…
«Il centrodestra, finché c’è Berlusconi, non ci sarà più».
Salvini non sostiene Bertolaso a Roma: sta sfidando Berlusconi per la leadership?
«Salvini, e anche la Meloni, vogliono umiliare Berlusconi. Se avessero voluto vincere, si sarebbero candidati uno a Milano e l’altra a Roma. Non l’hanno fatto, ma così, per far male a Berlusconi, fanno male soprattutto a loro stessi».
Salvini vuol fare male anche alla Meloni?
«Beh, certo i due partiti sono alternativi».
Crede al nuovo feeling Lega-Cinquestelle, con tanto di svolta ecologista del Carroccio?
«Ma no, è solo una mossa tattica. Salvini vorrebbe fare il Trump, e il carisma non gli manca. Però gli mancano i milioni e i palazzi».
Detta così, pare che nulla possa abbattere il premier…
«Una cosa ci sarebbe: la bad bank può essere per Renzi quello che lo spread è stato per Berlusconi, ossia una lapide».
Alla fine anche Banca Etruria non resterà solo uno scandalo sgonfiato?
«Non credo. Sulla class action promossa da Brunetta può montare una ribellione. Il popolo degli sbancati può sostituire quello delle partite Iva e diventare un movimento di massa».
Ma gli sbancati non sono poi cosi tanti…
«Infatti non mi riferisco solo a loro. In Italia i cittadini sono vessati da tante piccole truffe che svuotano le loro tasche e non ne possono più. Non a caso sta per essere presentata anche una class action contro il canone Rai. Sono tutti piccoli attacchi al risparmio che in tempo di crisi possono diventare intollerabili e fare da collante politico. Il centrodestra può ritrovare nel popolo delle class action il proprio bacino elettorale».
Con Brunetta nei panni di Masaniello?
«Lui è l’ideologo. Ma basterebbe un avvocato importante e dotato di carisma, un Erin Brockovich italiano, la famosa legale statunitense interpretata sugli schermi da Julia Roberts. Se il governo fosse investito da una serie di class action sui costi occulti delle bollette dell’elettricità o dell’acqua, sulla Rai e sulle banche, potrebbe davvero vacillare. Basta trovare il leader. I sindacati nel 1980 non avrebbero mai pensato che 40mila impiegati scendessero in piazza contro di loro. Li sottovalutarono, e fu l’inizio della loro fine».
Il padre della Boschi è una brava persona?
«La vicenda era gustosa e capisco che sia stata cavalcata politicamente, ma sono stati attribuiti al signor Boschi poteri che un vicepresidente di una banca non ha. Banca Etruria è solo un caso di malagestione e imperizia bancaria, con qualche favore agli amici. Il ministro c’entra poco, la sua colpa è aver chiesto le dimissioni della Cancellieri per l’incarico del figlio ed essersi scoperta garantista solo quando la gogna è toccata a lei».
Com’è riuscito un giovane sindaco di Firenze a diventare premier in tre anni?
«Ha capito che l’apparato del Pd non c’era più e ha sfidato i suoi capi, che invece erano illusi che il grande partito esistesse ancora e alimentasse il loro potere. L’irruenza di Renzi e l’azzeccatissima bandiera della rottamazione hanno svelato il bluff e D’Alema e compagni si sono visti mancare la terra sotto i piedi. Ma la tecnica della rottamazione, che è servita a Renzi per arrivare al potere, è la stessa che gli consente ora di conservarlo saldamente, perché i quarantenni del Pd sono tutti terrorizzati all’idea di venire rottamati e quindi gli obbediscono senza fiatare».
Anche perché chi si ribella viene asfaltato mediante primarie truccate…
«Quanto successo a Napoli è uno scandalo, ma Renzi è così forte e il partito così debole che temo che fra dieci giorni sarà tutto dimenticato».
Insomma, guida con il terrore...
«Il terrore e il carisma. Renzi è un finto simpatico, ma ha un grande potere di seduzione. Ne conosco tanti ormai fregati da lui: sono tutti vittime di una forma di sindrome di Stoccolma verso di lui, pronti a sottomettersi ancora».
Risultati ne ha portati?
«Inizialmente ha portato grande entusiasmo. Ora è sempre più diffidente e spaventato».
Renzi spaventato ce lo vedo poco...
«Funziona sempre così. Appena il presidente prende di confidenza con il suo ruolo, viene avvicinato da uomini dell’apparato che lo spaventano raccontandogli un sacco di fregnacce. Cossiga ci ragionava, Andreotti ci rideva sopra, Spadolini se la faceva sotto, Craxi li cooptava...».
E uno come Renzi?
«Finisce per crederci e non riesce a uscire dal Giglio magico. Ma se inizi ad aver paura, diventi debole. Infatti il premier si sta impantanando, perfino lui non si aspettava un sistema di potere così poco lineare, pervaso di lacci e lacciuoli, con un Parlamento bloccato dalla burocarazia e il cui unico compito è la gestione della paralisi».
Se pure Renzi diventa debole, i potenti allora non esistono più, malgrado il suo libro…
«Il potente di oggi è solo lui, anche perché studia le nomine a una a una come nessuno aveva mai fatto prima, con metodo e solerzia, come descritto dal mio ultimo libro, scritto con il direttore del sito Lettera43, Paolo Madron, “I potenti al tempo di Renzi”. Abbiamo previsto perfino un incarico a un certo Bacci con un anno; mai si sarebbe potuto ipotizzare a Sparkle».
E ora partirà l’assalto ai tg Rai: crede nel tris di direttrici, Varetto, Gruber e Annunziata, di cui si vocifera in questi giorni?
«Varetto a parte, non mi sembrano nomi nuovi. Farà una mossa a sorpresa, come con le direzioni di rete, sull’informazione è il numero uno. Anche sulla fusione Repubblica-Stampa, Renzi aveva capito tutto da tempo. Così, ha potuto salutare come una festa l’uscita di Ezio Mauro da Repubblica e l’inizio della fine del giornale punto di riferimento della sinistra rottamata».
La fusione è stata una manovra industriale o di potere?
«La crisi e la necessità di e tagliare i costi sono stati il pretesto per un’operazione di potere tesa a ridurre il più possibile le voci fuori dal coro».
Al Corriere della Sera cosa succederà, tenteranno di prenderselo Cairo e Della Valle?
«Non credo. Al solito, le banche ci metteranno altri soldi e lo salveranno. Sia perché è un contropotere irrinunciabile, sia perché è l’assicurazione sulla vita di molte persone che altrimenti dovrebbero dare un po’ troppe risposte».
A parte l’oracolo, che lavoro fa oggi?
«Sono un consulente. Indirizzo le strategie di comunicazione per le aziende, soprattutto nei rapporti con l’estero. Aiuto a gestire il fattore rischio, a prevenirlo e ad affrontarlo».
Com’è diventato da personaggio chiacchierato a maître à penser?
«La competenza mi ha aiutato molto. In più, in un Paese complesso come l’Italia, i meccanismi del potere suscitano un interesse morboso. Spesso poi il diavolo è meno terribile di quanto si pensi e quando sono uscito dall’ombra la gente mi ha trovato più affabile e chiaro di quanto non fossi stato dipinto. E ha apprezzato, oltre all’esperienza, la libertà assoluta di pensiero».
Si trova meglio in questa veste pubblica?
«Fosse dipeso da me, sarei rimasto sempre nelle retrovie. Faccio di necessità virtù, ricavandone qualche soddisfazione».
Si è parlato di un film su di lei interpretato da Toni Servillo...
«Un grande attore, ma il film “Il Divo” è una boiata, non c’entra nulla con Andreotti. Comunque, un film su di me non lo vorrei».
Da consulente: in politica estera stiamo collezionando un fiasco dopo l’altro?
«In politica estera il numero uno era Berlusconi. Ha avuto intuizioni straordinarie, specie sulla Russia e la Libia. Renzi non ha il suo passo, si è lasciato scivolare via il semestre di presidenza Ue. Al suo posto, Berlusconi avrebbe organizzato un vertice sull’immigrazione a Lampedusa. E poi non può gestire il rapporto con l’Europa dicendo una cosa e poi facendone un’altra, come fosse a Ballarò anziché all’Europarlamento. Deve essere meno egocentrico e iniziare a coltivarsi i rapporti con i Paesi più deboli, dei quali, se fosse più umile, potrebbe diventare il leader».
L’austerity ha ucciso l’Europa?
«La burocrazia la uccide e Draghi le sta praticando flebo da cavallo. Il mondo è cambiato e la Merkel è al tramonto e non lo capisce più: prova a non fare la tedesca ma non le riesce».
Faremo la guerra in Libia?
«Tremo all’idea. Specie se penso al piano del governo di gestire un conflitto con l’intelligence in posizione apicale a comandare i reparti sul campo. In Libia abbiamo perso ogni referente. Colpa nostra, abbiamo avuto relazioni con tutte le fazioni senza stringere nulla da nessuno».
Pure Andreotti aveva relazioni con tutti…
«Ma non all’interno della stessa parte. Andreotti si relazionava con Israele e la Palestina, ma non faceva casino all’interno delle parti».
È diventato anche un vaticanista...
«Impossibile non interessarsi a Francesco. Ha un grande segretario di Stato, che ha rilanciato la politica estera del Vaticano e riesce a far passare in secondo piano la gestione solitaria che Francesco ha scelto per il suo pontificato. Sta menando colpi terribili alle istituzioni della Chiesa e imprime cambiamenti troppo repentini e forti alla dottrina, sembra che goda nell’avere tutti contro. Avrà ragione, perché lo spirito santo è con lui, ma è un fatto che il Papa della misericordia non è misericordioso con se stesso».
di Pietro Senaldi
@PSenaldi