Unioni civili. E’ il pragmatismo, bellezza
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Le opposizioni di vario segno, compresi i casaleggini in gran stato confusionale, si devono rassegnare al rafforzamento di una maggioranza della nazione. L’idea evanescente di diritto all’amore, la Chiesa, il metodo oppiaceo sul ddl Cirinnà
di Giuliano Ferrara | 25 Febbraio 2016 ore 18:40
Il pragmatismo è re, nella nuova costellazione politica italiana. Lo dimostra la vicenda parlamentare delle unioni civili, che passano ai voti dopo molti tentativi insabbiati per anni, ma senza l’adozione nella coppia omosessuale, in attesa che la decretino infallibilmente le sentenze attivistiche della magistratura. Pragmatismo non è solo avere le unioni per legge, rinunciando alle adozioni. Pragmatismo è anche avere le adozioni per sentenza in un contesto legislativo “non discriminante” che crea una famiglia artificiale, quella delle unioni stipulate a prescindere dal sesso dei partner, in grado di accogliere le adozioni e legittimarle. Pragmatismo è questo evidente primo passo verso le nozze gay, che non tarderanno poi molto, nonostante la specificità italiana, e completeranno il quadro in uno schema modellato sulla riforma del codice civile alla Zapatero o sull’intervento giurisdizionale in materia di diritti che è il modello della Corte suprema americana. Fuori del pragmatismo starebbe l’ipotesi di un referendum consultivo, difficile a definirsi nel nostro quadro legislativo, e che nessuno per adesso davvero vuole.
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Le opposizioni di vario segno e conio, compresa quella in pieno stato confusionale dei casaleggini, hanno provato ogni trabocchetto politicista e parlamentarista, legittimamente, e si devono pragmaticamente rassegnare al rafforzamento di una maggioranza alla partito della nazione, con il Pd unito al centro “popolare” che perde anche nel nome la connotazione di destra: i cacciatori sono caduti nella loro stessa tagliola (gli inglesi direbbero che i generali leghisti e casaleggini sono stati outmanoeuvred). Le sinistre di tendenza laicista e dottrinarie dei diritti, fuori e dentro il Partito democratico, devono pragmaticamente limitarsi ad accettare, e in maggioranza a votare, la legge sulle nuove famiglie che istituisce un principio politico senza trarne tutte le conseguenze in modo cogente (caso tipico di pragmatismo). La chiesa di Francesco va in sollucchero per una soluzione che pone pochi problemi e incrementa la sua funzione residuale di grande parrocchia della consolazione, mentre le avanguardie o retroguardie cattolico-militanti del Circo massimo, spiazzate dal compromesso pragmatico, promettono vendetta elettorale con credibilità dubbia.
Su famiglia, procreazione, genitorialità, matrimonio eccetera in genere, nelle democrazie nate dalle guerre di religione o prive di una storia cattolica ed ecclesiastica ingombrante come l’italiana, si tratta di scontro tra assoluti. Qui, anche con il contributo manovriero della sinistra pragmatica di Renzi, compresi i cattolicodemocratici e i laicodemocratici, gli assoluti sono i grandi assenti e lo scontro vero, di pensiero e di giudizio sul mondo e sulla vita, non c’è stato. Si è discusso all’infinito di dettagli, si sono usati argomenti poco razionali e molto sentimentali, si è affermata la logica semantica della non discriminazione su un terreno che richiede oggettivamente la discriminazione, la cernita di qualità diverse in una realtà diversa (sei uomo o donna? puoi o non puoi generare nell’autonomia di coppia?). Una cappa di modernità affabulatoria fondata su un’idea evanescente del diritto all’amore si è stesa sulla famiglia naturale, che per lo più già prima non si sentiva tanto bene e presumibilmente non starà meglio dopo, ma la procedura o metodo per issare questa bandiera ha avuto caratteristiche fumose, oppiacee, dolciastre e moderate che sembrano fatte apposta per deludere la tendenza estrema Lgbt. E’ il pragmatismo, bellezza, e non puoi farci niente.