Le elezioni con pajata a Roma e le ipocrisie della Cirinnà

Alle prossime amministrative di Roma ci sarà da divertirsi.

di Lanfranco Pace | 20 Febbraio 2016 ore 14:12 Foglio

Alle prossime amministrative di Roma ci sarà da divertirsi. Candidati come se piovesse. Salvini ha sbattezzato Bertolaso che sui rom sarebbe partito male e sotto sotto vorrebbe battezzare Alfio Marchini, battezzato in cuor suo anche da Berlusconi ma nelle catacombe mentre la Meloni, al solo sentire il nome del miliardario che gioca a polo si segna e chiama l'esorcista. Storace, leader della Destra e candidato che non si dà pace, giura che a marzo non si sentirà più parlare di Bertolaso. O la troika del centrodestra ha preso un granchio o sta facendo fallo di confusione.

Non va meglio di fronte. Nel Pd è in corso la campagna per le primarie del 6 marzo, la sfida fra due Roberto non proprio di primo pelo, il pannellian-rutelliano Roberto Giachetti, l'ex pidiessino e veltroniano Roberto Morassut, che debuttò nel Pci degli anni ottanta.

Non si dà pace nemmeno Ignazio Marino, che sussurra, allude e minaccia in tralice di ricandidarsi ( allora la frittata sì che sarebbe completa): il dottor House de noantri difetta di occhio clinico nei confronti di se stesso e della sua scellerata stagione in Campidoglio. Nessuno che dica basta, dopo trenta anni si ritiri e se ne stia a casa.

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I Cinque stelle sono sei: erano dieci i selezionati delle comunarie che hanno visto in rete tremila e passa militanti ma quattro hanno rinunciato propria sponte. Io mi sforzo di ascoltarli senza pregiudizi, picchia e mena qualcosa di sensato finiranno per farla: macché,  ogni volta fanno cadere le braccia.  La senatrice Taverna (voto 4) ha detto che è in atto un complotto per fare vincere i Cinque Stelle, dice che non si spiegherebbe sennò la debolezza degli altri candidati, in particolare di Giachetti e Bertolaso. Il ragionamento non fa una plissé: consiglio tuttavia di cambiare pusher.

In conclusione avremo manifesti elettorali come lenzuoli per contenere uno di centro destra (Bertolaso?) uno di centro sinistra (Giachetti?) uno di destra (Storace) uno di sinistra (Fassina o Braj o Marino o Tocci) un rappresentante della nobile arte immobiliare (Marchini) e un o una 5 stelle che io dico dovrà essere Virginia Raggi primo consigliere uscente, almeno sorride e l'occhio in politica vuole la sua parte. E poi liste civiche collegate, liste disgiunte, liste civiche di municipio, a spanne almeno duemila candidati. La trastula ci terrà occupati fino all'estate.

Non si dica che è la democrazia bellezza, è il prezzo da pagare alla partecipazione popolare. Già la democrazia è sopravvalutata in generale, ("House of cards", magnifica scuola di cinismo, 10 e lode) ma se non si risolve nemmeno in una sfida chiara tra due leader, possibilmente due programmi, in cui chi vince prende tutto, onore e oneri, se è orgia parolaia, trito vaniloquio di oligarchi esclusivamente tesi alla riproduzione, è noiosa e pure dannosa. Molto meglio una dosata, intelligente dittatura a tempo: come ai tempi dei consoli della Repubblica.

Per altro non c'è una lira, Roma ha più miliardi di debito che sampietrini.

Non sarebbe poi una così cattiva idea farla fallire e affidarla per cinque o dieci anni a un commissario di ferro.

E non sarebbe poi una così cattiva idea applicare la stessa ricetta alla Sicilia, sopprimere lo statuto speciale e darsi dieci anni per bonificare l'Assemblea regionale.  O alla Calabria.

I grandi leader non hanno paura quando vengono accusati di autoritarismo o di coltivare pulsioni personalistiche e accentratrici. E se ne dovrebbero fregare se le decisioni che prendono sono impopolari. A pensarci bene Matteo Renzi sta colmando un ventennale ritardo ma di decisioni veramente impopolari non ne ha presa ancora nessuna, la più avversata, il jobs act, ha avuto anche molti sostenitori. Far fallire il comune di Roma o la Regione Sicilia sarebbe invece uno choc salutare per la comunità che assisterebbe per la prima volta alla sanzione definitiva di un ceto politico locale, vorace e inconcludente.

PERSONALE DI SERVIZIO

La politica è servizio: in pochi giorni questa formula fasulla e stucchevole è stata ripetuta a raffica da Alfio Marchini, Mario Monti, Enrico Letta e un Cinque Stelle il cui nome mi sfugge. La politica è  il mestiere più difficile e complicato del mondo, si nutre di tante cose a cominciare dall'ambizione e dal carattere personale. Per questo da noi ci provato in tanti e in tanti falliscono, Mario Monti (voto 6) Enrico Letta (voto 5)…

LA MORALE DELLA FAVOLA

Non esiste in Italia una questione morale, non esisteva nel 1993 non esiste oggi, chi afferma il contrario è obnubilato. Esisteva invece ed esiste ancora una questione burocratica, legislativa, normativa, di rapporti fra istituzioni dello stato in cui si crea una zona d'ombra che fa da brodi di coltura alla corruzione. Continuano a farci ascoltare intercettazioni surreali in cui girano mazzette nel settore immobiliare o nella sanità: ma non ci chiediamo perché il funzionario lambda abbia tutto il potere di accelerare l'approvazione di una pratica né perché non ci sia controllo sulle stazioni appaltanti nel settore della sanità. Quelli del pool di Milano volevano raddrizzare le gambe storte dei cani e tagliare le mani dei ladri: hanno fallito, un quarto di secolo dopo assistiamo ancora alle stesse scene. Questo vuol dire che il problema esiste ma la soluzione prospettata, fatta di indagini, processi e galera, non è quella buona: si cominci piuttosto a fare leggi e norme più semplici, più chiare, a semplificare le procedure. Per dire non basta che una start up possa registrarsi on line senza dover obbligatoriamente passare per un notaio per portarci nella modernità.  Sulla semplificazione dei testi e delle procedure, Renzi batte molto la fiacca.

Il secondo rush della legislatura dovrebbe essere: cancellare, sfoltire, disboscare.

CIRINNA' CIRINNA'

Ha ragione Giorgio Napolitano, (presidente emerito, voto 10) forse ha l'aria un po' leggera per affidarle le unioni civili, in fondo si era occupata fin lì di fecondazione felina: ma sarebbe ingiusto oltre che vile buttare la croce addosso alla senatrice Monica Cirinnà, moglie di Esterino Montino e in questa veste first-lady di Fiumicino. Il primo problema è che ha avuto come tutore e consigliere giuridico Giuseppe Lumia, senatore siculo che tanti lutti addusse all'antimafia e all'isola tutta. Il secondo è che un Pd in stato confusionale cerca di esportare la sua crisi. Il terzo è che la materia è incandescente comunque la si prenda e il testo non può che risultare ipocrita.

Due donne che vivono insieme in un regime di unione civile possono legalmente aver un figlio con inseminazione artificiale ammesso dalla legge italiana, l'ho visto in una fiction di grande successo qualche mese fa su Rai Uno. Due uomini che vivono in un regime di unione civile invece devono passare obbligatoriamente per l'adozione. Ne fa fede la serie "Scandal": Cyrus, capo dello staff della Casa Bianca, dice alla segretaria non ci sono per nessuno, scappo da mio marito, andiamo a vedere la bambina che vogliamo adottare.

Agli occhi di un universo suscettibile alla minima differenza giuridica di status, alla minima discriminazione fra i generi, la differenza tra una coppia omosessuale femminile e una maschile non  può passare inosservata né messa sotto silenzio. La risposta che la maternità surrogata sia l'ultimo baluardo della dignità della donna e quindi la frontiera tra civiltà e barbarie, è il discorso francamente un po' ipocrita delle tardo femministe: i baluardi che non sono stati difesi sono decine. E la libertà di prestare l'utero per soldi o per amore (di un amico) sarà prima o poi riconosciuta come avviene già in alcuni paesi. Come si dice, quando hai voluto la bicicletta…

Categoria Italia

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