A Bruxelles acciaio in marcia per la concorrenza. Ma Guidi dà forfait e l’Italia resta tagliata fuori
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Cinquemila in piazza. Roma, nonostante il caso Ilva, non può intervenire
15/02/2016 MARCO ZATTERIN CORRISPONDENTE DA BRUXELLES La Stampa
Sfilano oggi a Bruxelles cinquemila uomini e donne che passano le giornate a forgiare tondini e profilati a caldo. In piazza anche i loro datori di lavoro, che vedono i piani e le investimenti messi a rischio dalla concorrenza sleale. Ci sono i governi dei paesi produttori d’acciaio che, insieme, chiedono all’Ue di proteggere un’industria storica e importante, nonché le migliaia di persone a cui dà un impiego.
Ci sono tutti. Meno il ministro italiano.
La Signora Guidi è rimasta a Roma. Un impegno dell’ultimo momento. Ha mandato un direttore generale. Ma la Commissione le ha fatto sapere che l’incontro è politico e che dunque non potrà parlare. Lo faranno spagnoli, francesi, britannici, lussemburghesi e tedeschi. Spiegheranno dubbi e rabbia per l’industria asiatica, che produce troppo e lo vende a poco. Chiederanno misure di tutela (e non di protezione, sia chiaro).
L’Italia non lo farà. Come se non fosse il secondo produttore europeo. Come se non avesse firmato la lettera del patto di Acciaio con i cinque partner. Come se non avesse il caso Ilva da gestire a Bruxelles. Come se non fosse importante. Chi lo rivela, in Commissione, sorride amaro.
In effetti, se mai ce ne doveva essere uno, questo sarebbe stato il giorno perfetto per battere i pugni sul tavolo dell’Europa. Invece no.
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