Nuzzi e Fittipaldi raccolgono cacca ma il garantismo vale anche per loro
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Occorre difendere la sorte giudiziaria dei due giornalisti. Però malvolentieri
di Giuliano Ferrara | 28 Novembre 2015 Foglio
Non conosco o non credo di conoscere Nuzzi e Fittipaldi, i due giornalisti sotto processo in Vaticano per un reato che, malgrado l’endorsement del Papa in persona, mi pare non esista, quanto meno rivolto contro di loro in funzione professionale di captatori di carte riservate messe a disposizione da cordatari di serie B non si sa come finiti nelle segrete stanze. E’ ovvio che ha ragione Antonio Socci quando scrive che il reverente e molto ossequioso encomio tributato al Pontefice “progressista” ha indotto il Giornalista Collettivo a trascurare la loro sorte giudiziaria anomala, laddove se a processarli fosse stato il paterno, severo e giusto pontificato di un Ratzinger le cose sarebbero andate altrimenti, e l’opinione sarebbe stata messa a fuoco dagli stessi che ora fanno i pompieri.
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Credo si debba offrire in pegno una protesta garantista, che va oltre la circostanza di fatto, e cioè la assoluta improbabilità di un esito davvero castigatorio di quel processo ai due liberi giornalisti. Però malvolentieri. E cerco adesso di spiegare il perché dello scetticismo. C’è infatti un modo in tutte le cose. Il modo dei vari leaks vaticani è sempre lo stesso. Un piccolo staterello ciarliero e pettegolo, attraversato da tempestose rivalità e da lobby più o meno curiali, produce monnezza: la si raccoglie e la si pubblica in libri-scoop. Legittimo, ma non proprio affascinante. D’altra parte viviamo in un mondo in cui la Croce è diventata la testata di una pubblicazione di vita breve, è vero, promossa da un fenomenale giocatore di poker in nome di Dio, Patria e Famiglia con l’appoggio della famiglia Chaouqui, nientemeno. Un mondo in cui una delle più antiche istituzioni di potere e di azione temporale e spirituale, la curia, è stata definita “lebbra del papato” dal Papa in persona, nel corso di una intervista.
Ma del mondo sottosopra fa parte anche la debolezza dell’assunto merdarolo. La sceneggiatura del “Padrino parte III”, il più stupido della bella serie tratta dal libro di Puzo, alligna d’ogni parte. Il Vaticano è interessante per tante ragioni, è utile sforzarsi di capire il gioco di potere spirituale e clericale o ecclesiastico dietro le quinte, sebbene sia molto più importante capire le cose che si vedono, che si scrivono, che si pensano nell’ultima cattedra di umanità, di spiritualità e di storia a disposizione del mondo moderno, dopo che tutte le altre sono state debitamente decostruite cioè distrutte. Ma da sempre, dai tempi del buon Marcinkus e anche prima, il giochetto della vaticanistica un tanto al chilo è fatto apposta per ridurre a poltiglia scandalistica storie relativamente minori, e qualche volta palesemente irrilevanti, che riguardano le zone grigie dell’obolo di San Pietro, quando non gli appalti di Mafia Vaticana, per usare la formula in voga.
E’ un giochino a somma zero, che diseduca la professione dell’informare, la riduce a passacartismo, la mette a disposizione di quelle stesse cordate e funicolari che si dice di voler denunciare e svellere con una certa compunzione. Insomma: bene che Nuzzi e Fittipaldi si guadagnino la mesata facendo anche in Vaticano quel che si fa nella Repubblica, raccogliendo buste piene di cacca, il cui contenuto di conoscenza è sviante e balordo, ma il giornalismo, anche inteso senza la gualdrappa della qualità, che c’entra? Ecco, garanzie per tutti, anche per due valorosi reporter, ma senza illusioni e mistificazioni ed eccessi di zelo. Surtout, pas de zèle.
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