Perché inseguire Grillo e Salvini è un assist a Renzi
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La sinistra rincorre il 5 stelle, la destra il leader della Lega. Ma ne vale davvero la pena?
di Claudio Cerasa | 10 Novembre 2015 ore 06:18 Foglio
La prima è una sinistra che prova a inseguire Beppe Grillo e che non passa giorno senza rimpiangere quello che sarebbe potuto essere il meraviglioso cambiamento del 2013, se solo il 5 stelle avesse accettato di scongelarsi e avesse provato a governare dolcemente con Bersani. La seconda è una destra che tende a inseguire Salvini e che non passa giorno senza capire un concetto semplice, ovvero che cedere sovranità alla Lega significa semplicemente regalare elettori alla Lega, punto.
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La prima piazza l’avete vista sabato a Roma, al Teatro Quirino, con il cielo rosso, i Fassina, i D’Attorre, i Fratoianni, gli Scotto e la classe dirigente di una nuova sinistra germogliata all’indomani di una scissione nata a sua volta un po’ comicamente con un’altra scissione (Civati, dov’è Civati?). La seconda piazza l’avete vista invece a Bologna, in piazza Maggiore, con il cielo blu, le bandiere verdi e con Salvini, Meloni e Berlusconi abbracciati per “bloccare l’Italia” (Pubblitalia, dov’è Pubblitalia?) e costruire così un nuovo centrodestra. Le due piazze sono ovviamente diverse – se non altro perché la prima può aspirare al massimo a far perdere qualcuno mentre la seconda può aspirare a contendere la guida del paese a Renzi – ma per come sono nate, per gli slogan, i contenuti, i messaggi veicolati, si intravede all’orizzonte un risultato paradossale che la banda di Roma e la banda di Bologna potrebbero ottenere inseguendo da un lato la sinistra grillina e dall’altro la destra salviniana. Abbiamo scritto che Renzi farebbe bene a non sottovalutare lo spazio che si potrebbe aprire alla sinistra del suo partito. Ma se la sinistra che nasce in alternativa alla sinistra renziana ha l’abito grigio e poco accattivante di una “Italia sinistra” più che di una “Sinistra italiana”, che sogna cioè un’uscita del nostro paese dall’euro, si ispira alla tradizione non proprio vincente del modello Varoufakis e arriva a sostenere che nelle grandi città potrebbe appoggiare i candidati a 5 stelle, verrebbe da dire che Renzi non ha di che preoccuparsi: una sinistra così costituita è una sinistra che si presenta con le sembianze evidenti della bad company del Pd e sotto questa prospettiva per Renzi avere fuori dal partito la sinistra a vocazione Varoufakis potrebbe persino far comodo. Il discorso su Bologna è più sottile ma è speculare: se (se) è vero che Berlusconi ha scelto di spingere sul pedale dell’anti renzismo, è anche vero che il Cav. oggi non potrebbe fare a Renzi un regalo più grande che regalare a Salvini la golden share del centrodestra. Berlusconi ha troppa esperienza per non sapere che scommettere sul modello della destra salviniana in una fase in cui l’altro Matteo ha deciso di puntare gli elettori di Forza Italia (la prima casa, il ponte, manca solo la restituzione dell’Imu…) è un boomerang grande così. E il capo di Forza Italia dovrebbe ricordare che in tutto il mondo, dai repubblicani con i Tea party all’Ump con Le Pen, quando le forze di governo spostano il baricentro verso le forze anti sistema sono sempre i leader con il profilo più di governo a irrobustirsi di più.
Dire che il teatro di Roma e la piazza di Bologna sono un assist diretto per Renzi è troppo, perché una sinistra che ti toglie voti e una destra che somma i suoi voti sono due problemi in più e non due problemi in meno. E’ più corretto invece dire che una sinistra che sceglie di andare in moto con Varoufakis e una destra che sceglie di mettere al volante della coalizione un leader la cui patente è valida al massimo fino a Roma nord sono due regali non da poco per Renzi che in prospettiva potrebbero permettere al premier di trasformare il suo Pd nell’unico partito di governo. Amici della destra, sicuri ne valga la pena?
Categoria Italia