Professionisti di corvée
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L’inchiesta di apertura di questo numero di ItaliaOggi Sette si occupa delle sempre più numerose trasmissioni telematiche di dati alle quali i professionisti
Di Marino Longoni Italia Oggi, 2.11.2015
Professionisti di corvèe per la pubblica amministrazione. Negli ultimi 10/15 anni, infatti, le prestazioni gratuite o semigratuite si sono moltiplicate in modo esponenziale, tanto da assorbire in molti casi una parte consistente del tempo di lavoro degli studi professionali. Al contrario la pubblica amministrazione beneficia di un vero e proprio esercito di impiegati che lavorano per lei senza alcuna retribuzione, né diritti sindacali, né tutele sanitarie o pensionistiche. Una vera e propria tassa occulta che non viene mai calcolata nelle statistiche ufficiali sul carico fiscale, pur rappresentando un valore economico enorme.
L’inchiesta di apertura di questo numero di ItaliaOggi Sette si occupa delle sempre più numerose trasmissioni telematiche di dati alle quali i professionisti (e a questi si potrebbero poi aggiungere anche le banche, le imprese ecc.) sono obbligati nei confronti della p.a. Dalle volture catastali degli atti immobiliari al deposito degli atti societari, dal Durc alle dichiarazioni antiriciclaggio, dalle dichiarazioni fiscali a quelle relative al personale, dalle pratiche edilizie a quelle ambientali. Negli ultimi anni la crescente informatizzazione e la necessità di varie amministrazioni di disporre di quantità enormi di dati affidabili e organizzati secondo criteri rigidi e predefiniti hanno scaricato sulle spalle dei professionisti un numero crescente di obblighi e adempimenti. Solitamente non retribuiti dal beneficiario della prestazione. Dovrebbe essere il cliente a pagare la prestazione fatta per suo conto, anche se di solito questi non capisce perché dovrebbe sostenere un costo per un servizio che non ha richiesto, che non gli interessa e di cui spesso non capisce nemmeno l’utilità. Ci sono addirittura casi nei quali l’adempimento richiesto al professionista è contrario agli interessi del suo stesso cliente e spezza il vincolo di fiducia che li lega. È il caso degli obblighi antiriciclaggio, che trasformano il notaio, il commercialista o l’avvocato in un delatore di possibili reati commessi dal suo stesso cliente. Un esercito di spie a coscrizione obbligatoria. Senza tutele giuridiche e senza alcuna forma di riconoscimento. Solo sanzioni in caso di inadempimento.
Nei fatti molte professioni sono diventate un’interfaccia insostituibile tra i cittadini e la p.a. Senza di loro non ci sarebbe un catasto aggiornato né un’anagrafe tributaria, l’Inps viaggerebbe ancora con i faldoni e i bilanci delle società starebbero a prendere polvere negli archivi delle camere di commercio. La pubblica amministrazione si incepperebbe fino a implodere del tutto. L’aspetto paradossale di tutto ciò e che non solo questa immensa mole di lavoro non è retribuita, ma non è riconosciuta, anzi viene spesso pubblicamente sbeffeggiata: e così assistiamo a presidenti dell’Inps (dove, grazie ai consulenti del lavoro, non c’è più un impiegato addetto all’imputazione dei dati dei lavoratori) che vanno in giro a cianciare di disintermediazione, dirigenti dell’Agenzia delle entrate (ormai avvezzi a scaricare sui professionisti tutti gli adempimenti richiesti dalle innovazioni normative) che considerano i commercialisti come alleati degli evasori o magistrati che, non avendo voglia di adattarsi ai cambiamenti imposti dal processo telematico (imposto agli avvocati), chiedono la copia «di cortesia» (cartacea) di ogni atto già trasmesso online.
Dai servi della gleba ai servi della pubblica amministrazione.
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