Polemiche da saloon
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I politici devono evitare strumentalizzazioni, i giudici l’accanimento
di Redazione | 21 Ottobre 2015 ore 19:20
La vicenda di Francesco Sicignano, il pensionato di Vaprio d’Adda che ha sparato e ucciso un rapinatore che si era introdotto in casa sua, ha sollevato una polemica accesa tra i difensori e gli accusatori del “pistolero”. Se ci si astrae dalle spinte emotive e dalle strumentalizzazioni, come quella tentata da Matteo Salvini, che trae spunto dall’episodio per denunciare uno stato di generale insicurezza conseguente ai fenomeni migratori, si può notare che esiste una difficoltà nella definizione giuridica della legittima difesa e dell’eccesso nell’esercizio di questo diritto. In ogni occasione chi spara viene iscritto d’ufficio nel registro degli indagati per eccesso di legittima difesa.
Perché? Ci sono casi, e quello recentemente accaduto in Lombardia sembra di questo genere, in cui non si vede alcun eccesso, semplicemente si tratta dell’esercizio di un diritto. Il diritto all’autodifesa anche con le armi è un diritto controverso, molti ritengono che possa essere esercitato solo in caso di evidente pericolo di vita, mentre non sarebbe applicabile alla difesa della proprietà, anche se naturalmente in caso di rapina è difficile distinguere. Chi si trova in presenza di un malvivente penetrato in casa sua non può certo svolgere un’indagine, verificare se sia armato o no, prima di decidere se difendersi. Se c’è una sorta di persecuzione giudiziaria di chi esercita un diritto scomodo ma riconosciuto dalla legge, è ragionevole fornire a chi la subisce l’appoggio necessario. C’è anche l’eccesso opposto, di chi confonde la difesa con la vendetta, quella di chi spara quando ormai il malfattore è lontano e non rappresenta più un pericolo. Confondere casi diversi magari per pregiudizio porta poi alla polemica spesso pretestuosa come quella di questi giorni.
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