D'Attorre si dimette ma forse non è detto
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È certificato: qualsiasi tema in discussione torna utile alle minoranze del Pd per la guerra a Matteo Renzi.
di Marco Bertoncini Italia Oggi, 20.10.2015
È certificato: qualsiasi tema in discussione torna utile alle minoranze del Pd per la guerra a Matteo Renzi. Se il segretario del Pd riteneva che l'umiliazione inflitta a Bersani, Cuperlo, Casson, Gotor e compagnia varia con l'approvazione della riforma costituzionale avrebbe chiuso il congresso del partito, s'illudeva. Anzi, proprio l'irrilevanza in cui sono state ridotte induce le opposizioni a vendicarsi sfruttando la legge di stabilità.
Da decenni le leggi finanziarie forniscono argomenti di contrapposizione a correnti, partiti, gruppi, singoli, per entrare in conflitto con ministri, sottosegretari, governo intero. Stavolta l'ira si è esternata sulla soppressione dell'Imu-Tasi «per i ricchi» (svariatamente apostrofati come paperoni, Berlusconi, proprietari di castelli, ceto benestante...) e sull'innalzamento della soglia del contante a 3 mila euro (omaggio all'evasione, favoreggiamento al nero...). A muoversi sono stati, come logico, sindacalisti esterni al Pd (cigiellini in particolare) e interni (vedasi Cesare Damiano); ma è, in buona sostanza, un coro di contestatori alla «politica di destra» che sarebbe perseguita da Renzi.
Si sono uditi perfino autolesionistici avvertimenti di andarsene dal partito: è il caso del Pd Alfredo D'Attorre (se davvero mantenesse la minaccia di addio, non si sa dove troverebbe accoglienza, anche se potrebbe sempre contare sul rifugio per derelitti da poco visitato da papa Francesco). Pier Luigi Bersani ha raggiunto l'apice del grottesco, quando ha seriosamente tacciato d'incostituzionalità la soppressione totale dell'Imu. Certo, gli anti-renziani devono soffrire per tante iniziative del loro vittorioso segretario: si può star sicuri che si ribelleranno fino al prossimo congresso.
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