Tagli di tasse e spese: Gutgeld e Perotti non ce l'hanno fatta

Ma la politica è molto più difficile delle analisi ex cattedra o da power point

 di Edoardo Narduzzi Italia Oggi 6.10.2015

In partenza e sulla carta erano di due dossier più attesi, quelli qualificanti la manovra di bilancio per il 2016. Per la prima volta affidati ad una coppia, Yoram Gutgeld e Roberto Perotti, davvero insolita nella politica italica: McKinsey più Bocconi. Loro, infatti, i due commissari nominati dal premier per dare una spallata all'infinita Via Crucis della spending review fatta di tante tappe, leggasi commissioni e proposte varie negli anni, ma di pochissimi risultati, leggasi tagli alla spesa corrente. E sempre al professor Perotti, poi, Matteo Renzi aveva affidato anche il dossier tax expenditures, cioè il taglio alle agevolazioni fiscali prodotte da decenni di disavanzi di bilancio diventati uno stock di debito pubblico del 132% per «comprare» le varie lobby parlamentari.

Ma la politica è molto più difficile delle analisi ex cattedra o da power point. Perotti, ad esempio, per anni ha documentato analiticamente i maggiori costi della Corte dei conti, del Quirinale, della Corte costituzionale, del ministero degli esteri e così via rispetto ai peers europei e internazionali. Diventato commissario alla spending review avrebbe dovuto mettere a terra tanta conoscenza per produrre tagli alla spesa corrente come mai prima si erano visti in Italia. Invece, la manovra finanziaria in gestazione dovrebbe uscire insignificante sul piano della spending review. «I tagli riguardano pochi spiccioli», fanno trapelare dal Palazzo.

E nello stesso modo finirà il capitolo tax expenditures. Anche qui si potevano facilmente trovare almeno 10 miliardi di coperture dai tagli alle agevolazioni se il Perotti professore non fosse stato narcotizzato dal Perotti consigliere del principe. La commissione Ceriani, aveva censito circa 160 miliardi di agevolazioni fiscali varie, alcune delle quali, ovviamente, non toccabili in quanto parte fondante di alcune imposte. Ma 60/70 miliardi di tax expenditures erano e sono aggredibili. Prima dell'estate il realismo politico del governo aveva fissato l'asticella ad appena 1,54 miliardi coinvolgendo 52 diverse agevolazioni. Del resto, ogni esenzione fiscale che tocchi c'è una lobby che si lamenta e che ti toglie i voti alle prossime elezioni, quindi meglio non spingere sull'acceleratore. Ora, pare, che neppure questa somma sarà lontanamente raggiunta perché la legge di stabilità nei fatti si dimenticherà delle tax expenditures rinviando ogni scelta al futuro, magari a dopo le elezioni politiche del 2017 o del 2018.

La morale è semplice: fare ipotesi da consulenti o da professori è molto semplice, molto meno facile convincere il principe a fare propri i risultati delle simulazioni quando di mezzo ci sono i voti da prendere o da perdere. È la politica bellezza, mica un paper per pochi eletti.

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