In Libia l’accordo pare vicino. L’Italia è pronta alla lotta allo Stato islamico?
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Se l'intesa tra i governi del paese non dovesse arrivare ci si preparerebbe alla guerra
di Redazione | 16 Settembre 2015 ore 11:00
Roma. Il 21 agosto il Foglio aveva raccontato che nelle cancellerie occidentali stava prendendo piede una nuova strategia: in Libia si aspetta un accordo delle parti duraturo, ma se questo non dovesse arrivare o comunque non dovesse essere solido, a ottobre inizierà un’offensiva contro lo Stato islamico. Ottobre non è lontano, e dal punto di vista diplomatico qualcosa si è concretizzato: per la prima volta il governo di Tobruk e quello di Tripoli hanno trovato un accordo per la costituzione di un governo di unità nazionale. Bernardino Leon, l’inviato dell’Onu al quale è appesa la trattativa libica, ha detto che finalmente Tripoli ha accettato alcune condizioni che finora aveva sempre rifiutato: l’accordo potrà essere firmato “nei prossimi giorni”, “stiamo distribuendo il testo in modo che le parti possano dare il loro consenso totale”. Tutto ora dipende dai voti del Parlamento cui ogni governo sottoporrà la bozza: l’incertezza è massima, gli osservatori del governo di Tripoli dicono che le contropartite per firmare saranno quasi inaccettabili, ma non è il momento di fare troppo gli schizzinosi. E’ chiaro che l’accordo ha degli elementi di fragilità vistosi, ma mai si era arrivati a tale vicinanza tra i due governi, quindi per una volta l’ottimismo non è del tutto fuori luogo.
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Il problema però è un altro. Nel momento in cui si trova un accordo tra i due governi, è necessario impostare una strategia contro lo Stato islamico, il nemico comune e il nemico nostro, che si sente baldanzoso, come dimostra la prima intervista rilasciata dal capo del Califfato a Sirte, Abu Mughirah al Qahtani. L’Italia come si sa ha deciso di voler giocare un ruolo di primo piano nella pacificazione libica e quindi nella lotta allo Stato islamico da cui dipende la speranza di stabilizzazione della Libia. Ma come?
Da tempo ci sono pressioni sulla coalizione internazionale che già opera in Siria e in Iraq di allargare gli obiettivi dei bombardamenti anche in Libia, ma al momento non si è fatto nulla, un po’ per ovvie ragioni diplomatiche e un po’ perché, come si è visto anche in Siria, operare contro lo Stato islamico non è popolare e non è considerato nemmeno molto efficace. Il premier italiano Matteo Renzi ha già detto di essere contrario “a iniziative spot”, come stanno facendo i francesi (che al momento non hanno l’aria molto “spot”), ma ha sempre dichiarato di voler guidare il processo di pace libica. Con chi, allora? E in che forma? Considerando che non si è riusciti a trovare ancora né chiarezza né collaborazione nella lotta agli scafisti, su cui c’è un consenso ben maggiore – si attende una risoluzione dell’Onu ad hoc – e sulla crisi migratoria l’accordo è sempre più sfilacciato, come sarà possibile trovare una coalizione che condivida gli stessi obiettivi e vada a combattere lo Stato islamico in Libia?
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