Sindaci, assessori, consiglieri. I 28 onorevoli col doppio incarico
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Grazie a una legge recente i criteri di incompatibilità sono meno severi. La norma approvata nel 2014 fissa l’incompatibilità per i sindaci dei Comuni oltre i 15 mila abitanti (prima era 5.000). Via libera a consiglieri e assessori
10/08/2015 MARCO BRESOLIN La Stampa
Fatti due conti, avrebbe i numeri per costituire un gruppo autonomo alla Camera (venti deputati) e gli mancherebbero solo due senatori per fare lo stesso a Palazzo Madama. È il partito dei parlamentari con il doppio incarico, quelli che hanno conquistato la poltrona a Roma, ma che non vogliono rinunciare alla poltroncina nel loro comune. Anche se spesso non riescono a garantire un impegno full time.
Sindaci, assessori, semplici consiglieri, un partito trasversale di cui fanno parte tutte le principali forze politiche: Pd, Udc, Ncd, Sel, Forza Italia, Lega, Psi, fittiani e persino un verdiniano. Mancherebbero solo i Cinque Stelle, che sui doppi ruoli sono intransigenti. Eppure nell’elenco dei 28 onorevoli ce n’è anche uno che è stato eletto col Movimento di Grillo.
Un Consiglio per tutti
Tra i tanti peones, spiccano i nomi dei «big» come Francesco Boccia (Pd), che oltre a presiedere la commissione Bilancio della Camera si è anche fatto eleggere a Bisceglie («risultando il più suffragato nelle liste del centrosinistra» si legge, testuale, sul suo sito). Oppure Dorina Bianchi: la deputata Ncd, in odore di ministero, trova anche il tempo di fare il consigliere comunale a Crotone. E poi c’è Felice Casson (Pd): sindaco mancato a Venezia, ha deciso di battersi in Consiglio comunale. Ma di restare anche in Senato.
Il record è a Olbia, dove tra i banchi del consiglio spiccano ben due deputati: Gian Piero Scanu del Pd e Settimo Nizzi di Forza Italia. Il ruolo di consigliere, va detto, non è incompatibile con quello di parlamentare. E allora perché mai avrebbe dovuto lasciare il suo posto ad Abano Terme la neodeputata Vanessa Camani (Pd), subentrata alla Camera ad Alessandra Moretti in occasione del suo approdo a Bruxelles?
Da registrare la curiosa storia di Ivan Catalano. Nel 2011 si è candidato al Comune di Busto Arsizio, provincia di Varese, con il M5S. Non ce l’ha fatta, ma due anni dopo si è riscattato con gli interessi ed è stato eletto deputato. Poi la rottura con Grillo, il passaggio al Partito Liberale, quindi l’approdo a Scelta Civica. Nel frattempo l’ex collega Giampaolo Sablich, dopo la rottura col M5S, per coerenza aveva lasciato il seggio in consiglio. E chi era il primo dei non eletti? Catalano, che ha subito accettato, incassando la seconda poltrona conquistata grazie al Movimento di cui non fa più parte.
Sfuggita al doppio incarico per un pelo il sottosegretario Francesca Barracciu: a maggio si era candidata come consigliere a Sorgono, in Sardegna. Interpellata in campagna elettorale, aveva detto di non temere il doppio ruolo: «Ritengo che l’impegno da consigliere semplice a Sorgono sia compatibile nei tempi e nei modi con quello di sottosegretario a Roma. Certo, la mia vita sarà più faticosa. Ma la fatica non mi ha mai spaventata». Si è dimessa subito dopo l’elezione.
Parlamentari per giunta
C’è poi il capitolo degli onorevoli-assessori, raddoppiati dopo il rimpasto nella giunta Marino. Marco Causi e Stefano Esposito sono entrati a far parte della squadra di governo capitolina, ma di lasciare il seggio in Parlamento (deputato il primo e senatore il secondo, entrambi del Pd) non se ne parla. La legge lo permette e nel caso in cui qualcosa vada storto c’è sempre un salvagente.
Insindacabili
Un discorso a parte meritano i sindaci. Sono otto in totale, alcuni guidano comuni con meno di 5.000 abitanti (come il deputato civatiano Luca Pastorino, che pure si era candidato governatore in Liguria), soglia sotto la quale non ci sono mai stati dubbi di incompatibilità. Per altri è sorto qualche problema, come a San Marco in Lamis (13.000 abitanti), dove Angelo Cera (Udc) è stato prima sospeso e poi reintegrato al termine di una lunga battaglia legale. Nell’estate 2011 il governo Berlusconi aveva infatti fissato la soglia di incompatibilità per i sindaci dei Comuni sopra i 5.000 abitanti. Ma nel 2013 il governo Letta aveva detto che la norma non valeva per chi era già stato eletto prima dell’agosto 2011. Qualcuno era dunque rimasto nel limbo. E per sciogliere ogni dubbio il Parlamento nel 2014 ha elevato la soglia a 15.000 abitanti. Salvando capra, cavoli e sindaci onorevoli.
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