Il punto debole di Renzi è il rapporto col Pd locale
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Più che aver fatto poco, Matteo Renzi sta pagando, in questa fase, il peccato mortale dei politici: aver promesso troppo
di Sergio Luciano Italia Oggi 11.7.2015
Più che aver fatto poco, Matteo Renzi sta pagando, in questa fase, il peccato mortale dei politici: aver promesso troppo. Ma se la fiducia in lui, come ha attestato pochi giorni fa la Ixè di Roberto Weber per Agorà, è scesa dal 33% di fine maggio al 31 e quella nel Governo addirittura dal 29 al 27%, la colpa è anche di un altro imponderabile fattore, il fattore-periferia.
«Mi ha fatto le congratulazione con un sms, poi non l'ho più sentito», ha detto di Renzi ad esempio Michele Emiliano, neogovernatore piddino della Puglia, di oggi. Con Vincenzo De Luca, riammesso alla poltrona di governatore campano dal tribunale e non dal decreto ad personam del governo che tanti avevano previsto, non c'è rapporto. Per non riparlare della sconfitta in Liguria.
Ormai è abbastanza evidente: sono i territori la «spina nel fianco» politico di Renzi. È lì che non riesce a governare il partito. È da lì che sono partiti alcuni dissidenti di spicco, è lì che ha perso peso. Il premier-segretario continua a procedere con la sua caratteriale visione centralista della politica. Per cui non esita a mettere un esperto a monitorare e dare pagelle ai piddini che vanno nei talk show, come avrebbe fatto un Berlusconi d'antan, all'epoca della calza sull'obiettivo delle telecamere a velare le rughe... E bacchetta tutti, irridendoli, senza saper frenare il carattere ruvido e guascone, molto toscano, da oleografia, che lo distingue.
«Renzi è ancora troppo protagonista, troppo accentratore. Non delega, teme che qualcuno gli faccia ombra», ha detto di lui un furbone come Claudio Velardi, che il Pd lo conosce come pochi: «E anche Matteo, come tutti gli altri in passato, compreso Berlusconi, quando il governo è in affanno dà la colpa al deficit di comunicazione». Mentre il problema è nella sostanza, non nella comunicazione. Non aver toccato palla nella bega Grexit, con «Ladi Pesc» Mogherini tagliata fuori da qualsiasi dibattito e la stessa Italia ignorata dal tandem di testa Berlino-Parigi. Non aver minimamente toccato il dramma dell'immigrazione. Doversi a tutt'oggi accontentare di uno 0,7% di crescita del Pil, di cui almeno 0,5 indotto da fattori esogeni (dollaro forte, petrolio basso, quantitative easing). E non aver rapporti con i proconsoli locali.
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