Lettere al Direttore Il Foglio 5-6-2015
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Se fosse mafia a roma il Comune sarebbe stato sciolto, Chiellini
1-Al direttore - Peccato che Giorgio Chiellini abbia dovuto fingere un infortunio al polpaccio
per non scendere in campo stasera contro il Barcellona. Ma capisco che l’idea di Suárez che gli morsica l’altra spalla lo terrorizzasse.
Jack O’Malley
Mors tuo, vita mea.
2-Al direttore - Non è vero che Susanna Camusso in politica conta come il due di picche: in Veneto ha invitato i lavoratori a non votare Alessandra Moretti, e avete visto cosa è successo (una volta Bruno Trentin mi confessò, parafrasando un celebre aforisma di Georg Lichtenberg, che certo massimalismo sindacale era pungente come può esserlo solo un coltello senza lama e privo anche del manico).
Michele Magno
Il potere che ha in mano la vecchia sinistra è sempre lo stesso: dividersi, spaccarsi e poi contribuire a far vincere gioiosamente gli avversari. Ed è una regola che non vale solo in Italia ma in tutta Europa. Pensate a cosa successe nel 2005 in Germania quando Oskar Lafontaine uscì dall’Spd per fondare la Linke. L’effetto fu sempre quello: uniti si vince, disunuti Perdemos.
3-Al direttore - Lo Prete ha descritto sul Foglio del 5 giugno lo “stato dell’arte” nel governo a proposito dell’esercizio della delega relativa al Jobs Act, nell’ambito della quale si ipotizza l’introduzione “de iure” del salario minimo che avrebbe una serie di effetti rilevanti nei rapporti con le parti sociali. Nello stesso giorni, i quotidiani hanno dato notizia dell’affermazione di Giorgio Squinzi secondo cui egli scambierebbe volentieri il Jobs Act, rinunciandovi, con la legge in itinere sul rafforzamento della class action, da sopprimere. Si può ritenere, allora, che il presidente della Confindustria giudichi assai poco importante la normativa sul lavoro, oggetto finora di una smodata esaltazione: ciò sarebbe una importante notizia; oppure che egli valuti pericolosissima la progettata disciplina sull’azione collettiva, chiaramente esagerando. Che qualche cosa si possa aggiustare su quest’ultima in seconda lettura non è una aspirazione fuori luogo; ma, ritenere così scambiabile la class action, quando poi la disciplina vigente, a tutela di consumatori e utenti, è stata fin qui assai scarsamente utilizzata, anche per i paletti e le farraginosità procedurali, denota o un eccessivo stato di ansia o la preoccupazione della diffusa esposizione delle imprese a fondate pretese di coloro che sono titolati a promuovere la suddetta azione, che è uno strumento pienamente coerente con una economia di mercato. Si sono registrati abusi negli Usa, certamente. Ma ciò non induce a non rafforzare una normativa che ha il suo primo scopo nella prevenzione per i rischi che fa balenare nel caso di condotte scorrette delle controparti imprenditoriali o commerciali. E lo scambio con il Jobs act, quantunque non sia affatto quest’ultimo il taumaturgo che si vorrebbe da alcuni, sarebbe pur sempre ineguale.
Angelo De Mattia
4-Al direttore - Due papi in Vaticano e due direttori al Foglio: uno “il responsabile”; l’altro “l’emerito”. Lo sdoppiamento in Vaticano generò tal sgomento che nascose quello successivo, una sorta di filiazione, al Foglio. La polifonia offerta da quest’ultimo – oggi entusiasmante! – ci predispone alla percezione di quella, prossima o meno, che proverrà dal “più alto loco”. Occorre vedere lontano per non disperare del presente. Mi unisco a chi ha scritto: “Vi voglio bene!”.
Serafino Penazzi
5-Al direttore - C’è un rischio serio nell’aria: abituarsi al peggio. Come? Lo facciamo già? In parte, sì; la cultura del degrado civile e morale ci sta portando alla rovina. Ogni giorno ci sono notizie sulla mafia che sta dilagando. Mazzette una tantum, stipendi mensili, acquisti di case e assunzione di parenti e amici nelle cooperative gestite dai criminali, in cambio di favori nell’assegnazione di appalti e lavori di ogni tipo. La cosiddetta “Mafia capitale” ha innescato un ordigno pericoloso: il crollo della credibilità. Ma, al tempo stesso, questa radicale pulizia mafiosa ha la prerogativa di ridisegnare un profilo della politica e degli affari pubblici più credibile. La sfida è: il malaffare sarà sradicato del tutto o resteranno radici che genereranno altri mostri delinquenziali?
Fabio Sicari
Faccio un passo in avanti e le offro un ragionamento. Se quella di Roma è davvero mafia c’è un problema. Se è mafia, se è così profonda e radicata e innervata con il mondo della politica, il comune di Roma andrebbe sciolto subito per mafia. Se non viene sciolto il comune per mafia, invece, significa che o la mafia non fa così paura e non è così innervata come ci dicono oppure, molto semplicemente, non è mafia. Non le pare?
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