Lettere al Direttore Il Foglio 16.4.2015
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La non competenza di Woodcock. Ci scrive Raffaele Cantone
1-Al direttore - Il tribunale del Riesame di Napoli ha disposto il trasferimento a Bologna degli atti dell’ultima impresa di Woodcock per “incompetenza territoriale”.
Non so perché, caro direttore, ma la cosa non mi sorprende affatto. E’ quasi un cliché: al primo riscontro di un giudice terzo le indagini di Woodcock o vengono archiviate, o sono trasferite per incompetenza territoriale (e poi di solito archiviate). Accadde con il roboante “Vipgate”, con l’altisonanante “Savoiagate”, e pure con “Vallettopoli”. Tuttavia pare che ogni tanto gli capita pure di azzeccare un’inchiesta. Pare.
Meridio Salvatori
Sull’incompetenza territoriale, per fortuna c’è sempre un tribunale che alla fine castiga quasi sempre chi di dovere. Il problema vero, però, è che ci vorrebbe un Csm capace di giudicare la competenza del nostro eroe. Lo fa? Risposta semplice: nein.
2-Al direttore - La Corte costituzionale si pronuncerà a breve sulla legge 40, ormai quasi smontata da alcuni tribunali italiani. Il governo volutamente non si è costituito in sua difesa. Eppure la legge fu votata dopo un difficile e contrastato iter. Sappiamo che non è una legge “moralmente” accettabile perché ogni embrione-figlio ha diritto alla vita e non solo quelli che sopravviveranno dopo un impianto (che non sono più del 23 per cento) e che il luogo per il concepimento non è un vetrino ma l’utero materno. Tuttavia la legge 40, confermata dal referendum del 2004, ha impedito ulteriori gravi manipolazioni che invece sono visibili in altri paesi. Il governo probabilmente la lascerà andare alla deriva e così i soggetti forti (gli adulti) schiacceranno i diritti di quelli più deboli e cioè i nascituri. L’ultima posizione del Consiglio di stato è la bocciatura della legittima scelta della regione Lombardia di mantenere un ticket per accedere alla fecondazione eterologa, e questo dimostra ancora una volta che la magistratura si è sostituita al legislatore, e cioè ai cittadini.
Gabriele Solini
Sui temi eticamente sensibili la strategia del governo è: indirizzo vago a parole, con quello che si dovrebbe fare, e poi, per impantanare tutto, la palla al Parlamento. Per non decidere. E su alcuni temi non è detto che non decidere sia un male.
3-Al direttore - Ho notato con grande piacere che, nell’ultimo periodo, il giornale da Lei diretto riserva grande attenzione alla mia persona. In qualche caso i Suoi editoriali sono anche critici, ma le critiche poste con garbo non solo sono utili ma rappresentano spunti per riflettere su possibili errori in cui mi capita di incappare. Sono rimasto, però, molto dispiaciuto nel leggere la missiva di una persona che – qualificandosi come ex magistrato – ha ripreso il mio curriculum pubblicato sul sito dell’Autorità per mettere in discussione il mio impegno professionale e lavorativo. Non conosco la ex collega, ma ho verificato sul sito del Csm, e sulle notizie riportate in internet, che con quel nome vi è un magistrato che si è poi dimesso dalla magistratura e cioè aver partecipato a una gara sportiva mentre risultava in malattia, avendo presentato un certificato medico inabilitante. Sarebbe facile fare una battuta e dire che, se è proprio lei la persona che ha scritto, forse i suoi interessi per le attività extra lavorative l’hanno distratta rispetto a quale sia il lavoro che si svolge negli uffici in cui sono stato e a quello che è stato il mio percorso lavorativo. E sono quindi costretto a puntualizzare perché quella che mi si rivolge non è una critica ma una diffamazione bella e buona! E’ vero, non ho mai scritto una sentenza, per la semplice ragione che non sono mai stato un giudice; ho scritto, però, decine di richieste cautelari, di pareri, di archiviazioni, e di tutti quegli atti che rappresentano la tipica attività di un soggetto che ha fatto fino al 2007 il pubblico ministero. Gli otto anni trascorsi alla Direzione distrettuale antimafia, poi, non sono stati una “pratica sportiva”; mi sono occupato delle indagini nei confronti del più feroce clan campano (quello dei “casalesi”) e la mia vita personale e familiare è risultata sconvolta a seguito di quelle attività. Basterebbe ricordare che, ancora oggi, fuori la mia abitazione vi è una camionetta dell’esercito che controlla chiunque entri, e che per lungo tempo i miei figli sono stati accompagnati a scuola dalla polizia. Il mio impegno precedente, sia alla procura circondariale di Napoli che alla Sezione criminalità economica, è attestato dai tantissimi procedimenti seguiti, di cui vi è preciso riferimento negli eccellenti pareri sulla professionalità conseguiti nel corso degli anni. L’ultimo periodo – è vero – sono stato in un ufficio meno operativo, il Massimario della Cassazione, che è però una palestra per gran parte dei giudici che accedono alla Cassazione medesima e nel quale il mio impegno e la mia attività sono stati verificati da giudici che sono ai vertici attuali e precedenti della magistratura. La ex collega, forse, avrebbe potuto sapere che al Massimario approdai anche perché l’allora procuratore generale di Napoli chiese al Csm di collocarmi, per ragioni di sicurezza personale, in un ufficio non napoletano. E di questo episodio avrei fatto volentieri a meno di parlarne, ma vi sono stato costretto da una missiva che trasuda livore e cattiveria ingiustificati, e che forse le vicende personali di chi l’ha scritta solo in parte possono giustificare. Quanto alla Sua risposta, nulla quaestio; Lei espone una Sua teoria su cui più volte è tornato in questo periodo; non credo risponda alla realtà, e mi piacerebbe parlargliene quando vuole, ma Lei la espone con garbo, per cui mi limito a dirLe che il futuro verificherà se lei ha ragione o meno ragione. La saluto molto cordialmente.
Raffaele Cantone