Altrimenti è una legge contro la polizia
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Ok al reato di tortura ma solo se esteso alla custodia cautelare estorsiva
di Redazione | 09 Aprile 2015 ore 06:18
Agenti della celere in assetto anti-sommossa
La tortura è un’infamia, ed è inconcepibile che venga commessa in un paese civile, che peraltro è la patria di Cesare Beccaria. In particolare è intollerabile che esponenti del potere pubblico, abusando delle loro funzioni si accaniscano su persone in condizioni di prigionia o comunque non in grado di difendersi. Purtroppo, però, da Tangentopoli in poi, si è consentito, con interpretazioni capziose del codice penale, di usare la detenzione preventiva come strumento per ottenere confessioni o delazioni, e questa è la più grave forma di tortura, quella che per prima dovrebbe essere proibita da una legge ben fatta, proprio perché l’uso della tortura, della privazione indebita della libertà personale per costringere gli inquisiti a rinunciare all’elementare diritto alla difesa, un uso ormai diffuso da parte di certe procure, rappresenta una forma di legalizzazione della tortura. Se è giusto punire poliziotti o agenti di custodia che abusano del loro potere, è ancora più urgente riportare la magistratura al rispetto reale dei diritti degli inquisiti, ormai violati sistematicamente.
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Però, nella discussione che è stata innestata dalla condanna comminata dalla Corte europea all’Italia in relazione ai misfatti della caserma Diaz, questo aspetto basilare è stato completamente trascurato. La sudditanza della grande stampa e della politica allo strapotere giudiziario si esprime anche in questo, nel rifiuto ad affrontare una prassi di estorsione di confessioni attraverso l’indebita privazione della libertà personale, solo perché non si può mettere in discussione l’abuso sistematico di potere esercitato da settori specifici della magistratura. Invece di opporsi a una legge sulla tortura perché potrebbe essere utilizzata per mettere sotto accusa le forze dell’ordine (che quando sbagliano debbono pagare come chiunque) sarebbe forse meglio che i garantisti si battessero per dare una definizione del reato di tortura che comprenda l’uso improprio della carcerazione preventiva, che secondo la legge in vigore dovrebbe essere un atto eccezionale giustificato solo nei casi di rischio di fuga, di reiterazione del reato o di compromissione delle prove, casi che debbono essere provati, non solo ipotizzati. A queste condizioni un provvedimento legislativo ampio e legato alla realtà effettiva dell’uso di forme di coercizione verso i carcerati, compresa quella esercitata dai magistrati che estendono indebitamente l’area della custodia cautelare per premere sugli inquisiti, sarebbe un passo avanti verso una compiuta civiltà giuridica. Altrimenti far volare gli stracci, magari rievocando antiche pulsioni sessantottesche contro la “polizia fascista”, diventa una comoda e ingiusta scappatoia per creare nuovi capri espiatori.