Mattarella e legge elettorale, nel '93 contro preferenze
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In bicamerale ammonì, riforme vanno approvate con grande consenso
Di Marco Dell'Omo ROMA 04 febbraio 2015
Sono passati ventidue anni da quando il Parlamento approvò la legge elettorale scritta da Sergio Mattarella. Con il Mattarellum gli italiani votarono tre volte: nel 1994, nel 1996 e nel 2001. Poi arrivò l'era del Porcellum, bocciato dal plenum della Corte Costituzionale del quale faceva parte anche Mattarella: ma come abbia votato non si sa, perché la Corte non rivela mai i voti dei giudici.
Nel 1993 fu Mattarella a traghettare l'Italia dal sistema proporzionale a quello maggioritario, dopo che il referendum di Segni aveva terremotato la vecchia legge elettorale. Il compromesso del quale fu artefice prevedeva un sistema misto: il 75 per cento dei seggi da assegnare con il sistema maggioritario uninominale, il restante 25 con il proporzionale (con un meccanismo, lo scorporo, che avvantaggiava i partiti meno grandi). Allora come oggi, uno dei punti più caldi fu quello relativo al sistema delle liste bloccate, tema che a distanza di anni infiamma ancora il dibattito sulla riforma elettorale.
Nel Mattarellum, gli elettori votavano il candidato del collegio uninominale (e chi prendeva più voti vinceva il seggio), mentre per la parte proporzionale dovevano limitarsi a votare per una lista bloccata, senza poter esprimere preferenze. Nella discussione in aula la norma fu contesta, ma Mattarella la difese fino in fondo da tutti gli attacchi: "La preferenza - furono le sue parole - è un istituto su cui si è sedimentato giustamente un giudizio negativo che ha a che fare con i rischi di corruzione e di confusione della campagna elettorale". Invece il sistema della lista bloccata con pochi candidati, argomentava Mattarella, "si pone nella nella stessa logica del sistema uninominale", perché gli elettori "sanno chi verrà eletto".
Nel presentare la sua legge ai deputati, Mattarella la riassunse così: "Si tratta di incentivare le convergenze e le aggregazioni elettorali e politiche: semplificare il quadro politico e parlamentare; agevolare la formazione di maggioranze parlamentari omogenee e chiare sin dal momento del voto; assicurare rappresentatività pluralistica al nostro Parlamento; assicurare carattere nazionale alla rappresentanza parlamentare". Quattro anni più tardi, all'epoca della bicamerale, Mattarella (diventato nel frattempo capogruppo del Ppi) si batté contro l'elezione diretta del premier e cercò di favorire una mediazione sullo spinoso tema della riforma della giustizia.
Ma soprattutto lavorò per arrivare a un accordo il più ampio possibile: "Le riforme - sosteneva nel '97 il neopresidente - vanno approvate con un grande consenso, particolarmente con quello delle forze che hanno un maggior radicamento popolare e parlamentare". Parole che probabilmente indicano ancora oggi la bussola che intende seguire.
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