1-Santa Sede, quelle dichiarazioni di Parolin che non tornano. Che ruolo avrà il Vaticano nel processo di pace

2- Il titolo contraffattorio di Repubblica che infila il “genocidio” in bocca a Grossman

2.8.2025 Sacconi, ilriformista it. Lettura 3’

1-Santa Sede, quelle dichiarazioni di Parolin che non tornano. Che ruolo avrà il Vaticano nel processo di pace?

Maurizio Sacconi

1 Agosto 2025 alle 16:58 ilriformista.it lettura3’

Le dichiarazioni del Segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, in merito al riconoscimento diplomatico della Palestina — rese in occasione del Giubileo degli influencer — suscitano perplessità e contrarietà in larga parte del laicato cattolico.

In primo luogo, è stata notata l’asimmetria di un intervento in cui non una parola è stata spesa a favore della liberazione degli ostaggi israeliani. Una scelta difficile da comprendere, considerando che il nuovo Pontefice ha sempre coniugato la richiesta di cessazione delle ostilità a Gaza con l’altrettanto ferma invocazione per la restituzione dei civili rapiti durante la barbara strage del 7 ottobre. Inoltre, l’ipotesi del riconoscimento di una entità palestinese implica che il Vaticano identifichi un interlocutore legittimo e rappresentativo. Se così fosse, sorge spontanea la domanda: a tale interlocutore è stato posto il nodo politico e umanitario della sorte degli ostaggi e delle condizioni in cui sopravvivono, con dolore, da mesi? L’emergenza umanitaria è causata, anzitutto, dai comportamenti criminali di Hamas, che non solo utilizza la popolazione civile come scudo umano, ma ostacola sistematicamente la distribuzione degli aiuti, al fine di esercitare un controllo repressivo sui palestinesi.

 

Infine, appare evidente che il riconoscimento di uno Stato palestinese, se avvenisse in questo contesto, rischierebbe di essere percepito come una sorta di premio dopo il massacro di civili israeliani. Una diplomazia responsabile dovrebbe piuttosto insistere su una soluzione negoziale, fondata sulla resa di Hamas e sul coinvolgimento attivo dei Paesi arabi moderati. La diplomazia vaticana rischia, in questa fase, di perdere la possibilità di concorrere a un vero processo di pace per mancanza di neutralità.

Maurizio Sacconi

2- Il titolo contraffattorio di Repubblica che infila il “genocidio” in bocca a Grossman

Ieri la Repubblica intitolava così un’intervista allo scrittore israeliano David Grossman: “Grossman: è genocidio. Mi si spezza il cuore ma adesso devo dirlo”. Un volgare falso. Perché è vero che, nel corso dell’intervista resa alla giornalista di Repubblica, Francesca Caferri, il grande scrittore usa più volte quella parola, “genocidio”.

Ma mai per dire che c’è. Anzi, Grossman illustra le ragioni per cui a suo giudizio è inappropriato e pericoloso usare quella parola a proposito di Israele e della guerra di Gaza.

Dice Grossman: “‘Genocidio. È una parola valanga: una volta che la pronunci, non fa che crescere, come una valanga appunto. E porta ancora più distruzione e più sofferenza”. Grossman, nell’intervista, spiega di aver sempre fatto di tutto affinché quella parola non fosse usata, e quando dice di avere il “cuore spezzato” non si riferisce affatto al genocidio che c’è, ma al fatto che se ne parli, al fatto che si adoperi ormai diffusamente quella parola, che lui giudica d’uso improprio e distruttivo. Lo spiega anche meglio in una parte appena successiva dell’intervista, quando dice: “Dobbiamo trovare il modo di uscire da questa associazione fra Israele e il genocidio. Prima di tutto, non dobbiamo permettere che chi ha sentimenti antisemiti usi e manipoli la parola ‘genocidio’”.

Non è l’ammissione dell’esistenza del genocidio, come invece lascia intendere – anzi dice proprio – quel titolo contraffattorio: è l’opposto. Salvo credere che Grossman intendesse dire che il genocidio c’è, ma bisogna proteggere Israele dall’accusa. E in quel caso, semmai Repubblica l’avesse intervistato (no, non l’avrebbe fatto), avrebbe titolato diversamente. Qualcosa come: “Genocidio, Grossman: ‘Difendiamo Israele da quell’accusa’”. O salvo credere che Grossman, riferendosi agli antisemiti che “usano e manipolano” quella parola, intendesse dire il genocidio c’è, ma che solo le brave persone hanno diritto di denunciarlo.

La realtà è che era troppo bello avere il celebre scrittore che accusa di genocidio lo Stato degli ebrei e denuncia il genocidio nella guerra di Gaza. E se quella roba non c’è nelle risposte di Grossman – con la conseguenza che l’intervista esce maluccio, rovinando il giochino – allora quella roba te la inventi e la infili nel titolo falso. Lui non l’ha detta (semmai ha detto il contrario), e dunque ci pensiamo noi e gliela facciamo dire lo stesso. Che è un po’ un ripiego, d’accordo, ma insomma meglio di niente.

Commenti   

#2 walter 2025-08-03 12:58
L'editoriale dell'elefantino
Il poeta si è incartato nella menzogna del genocidio a Gaza
David Grossman ha scritto un magnifico racconto sulla colpa di essere ebrei, senza riuscire a districarsi oggi da quel senso di colpa. Usa la parola genocidio con circospezione, ma la usa per rifare un’ennesima volta i conti che non tornano con la Shoah,,, Giuliano Ferrara ilfoglio.it
#1 walter 2025-08-03 12:46
La Germania non dà carta bianca per la Palestina, c’è una condizione vitale: l’esistenza di Israele
Berlino apre al riconoscimento di uno Stato autonomo, ma non adesso: solo alla fine del processo di pace. Le fughe in avanti della Francia, senza chiarire i confini e il futuro degli ostaggi, sono un regalo ad Hamas

No, la Germania non ha cambiato idea, come molti quotidiani italiani stanno scrivendo. Se è pur vero che il governo Merz sostiene fermamente la soluzione a due Stati, è altrettanto vero che per i tedeschi il riconoscimento dello Stato palestinese debba avvenire solo come ultima fase di un processo che garantisca a Israele di poter vivere in pace. Sono chiare le parole del ministro degli Esteri Wadephul: “La Germania continuerà a sostenere Israele per garantire che Hamas rilasci finalmente i suoi ostaggi, sia disarmato e non abbia più influenza politica nei territori palestinesi. Non dovrà mai più rappresentare una minaccia per Israele”. E ha aggiunto: “Per la Germania, il riconoscimento di uno Stato palestinese è più probabile che rappresenti la fine del processo. Ma tale processo deve iniziare ora”….. Daniela Santus 3 Agosto 2025 alle 13:11 ilriformistait estratto

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