Vocazione minoritariaIl caso Gergiev e l’irrefrenabile autolesionismo del Pd
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Sul referendum Schlein si è intestata una battaglia persa in partenza, sul direttore putiniano ha rinunciato a una già vinta ,
a LineaFrancesco Cundari 22 Luglio 2025
scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette
L’annullamento dell’invito al direttore d’orchestra putiniano Valerj Gergiev da parte del festival di Caserta, seguito immediatamente da Bologna, dove si era pensato bene di invitare Alexander Romanovski, il pianista che aveva suonato per le telecamere dell’invasore davanti alle macerie del teatro di Mariupol, una delle più atroci stragi di questa guerra disumana, si presterebbe a molte serie e importanti considerazioni, sullo stato della politica e della cultura in Italia, sulla capacità di penetrazione della propaganda russa, sulla debolezza dei nostri anticorpi. Accanto alle urgentissime risorse per la difesa, per proteggerci anzitutto dalle armi di quella guerra ibrida da cui siamo costantemente bersagliati, occorrerebbe infatti un fondo di emergenza per iniettare nel paese nuove risorse morali e intellettuali, ma sfortunatamente non c’è cifra che basti a ricostituire quel patrimonio immateriale fatto di dignità nazionale, consapevolezza della propria identità e dei propri valori, senso di sé e del proprio posto nel mondo, che tengono insieme una società, specialmente quando è sotto attacco. In ogni caso, di tutto questo parleremo un’altra volta, anche perché oggi se ne è già occupato Christian Rocca nel suo editoriale e non ho nulla da aggiungere a quello che ha scritto lui. Qui voglio soffermarmi invece sull’aspetto meno importante e soprattutto meno serio dell’intera vicenda, vale a dire sul comportamento dei vertici del Pd.
Dinanzi al montare dello scandalo internazionale per la scelta di Vincenzo De Luca di invitare Gergiev, dinanzi agli articoli dei giornali di tutto il mondo, agli appelli dei dissidenti russi e di fior di premi Nobel, non ci voleva molto per capire, da giorni, che quella posizione, debolissima già in partenza, non era più sostenibile.
Dunque, se non per una questione di principio, almeno per una banale considerazione di opportunità e nel proprio stesso interesse, per quel famoso realismo della politica tante volte invocato a casaccio, sarebbe stato ragionevole attendersi da Elly Schlein e da tutto il Partito democratico una presa di posizione netta.
Il silenzio della segretaria del Pd, in coincidenza proprio con l’incontro con De Luca per trattare il suo beneplacito alla candidatura del grillino Roberto Fico alla presidenza della Campania, rendeva il tutto ancora più penoso. Una prova di debolezza da lasciare increduli. A meno di non voler pensare che al fondo ci fosse una sostanziale condivisione, che però Schlein allora avrebbe potuto esprimere chiaramente. Invece ha taciuto, più probabilmente per non irritare, oltre a De Luca, gli alleati del Movimento 5 stelle, non per niente gli unici che hanno avuto il coraggio di criticare la scelta di ritirare l’invito al propagandista di Putin. Può darsi che abbia pesato anche il desiderio di non darla vinta a Pina Picierno, per pura ostilità di corrente. Si tratta in ogni caso di una scelta non solo discutibile sul piano dei principi, ma che denota, ancora una volta, come nell’incresciosa vicenda del referendum sul lavoro, una straordinaria imperizia. Sarebbe bastata infatti una parola di Schlein per fare di quella battaglia una battaglia del Pd, rimettere immediatamente a posto De Luca e oscurare Picierno come chiunque altro, a sinistra, l’avesse affiancata. E oggi parleremmo di una vittoria di Schlein, di una forte riaffermazione della sua leadership nel partito e nella coalizione, e di una presa di posizione finalmente netta su una fondamentale questione di politica internazionale, ma anche morale. E invece abbiamo avuto il secondo tempo del referendum sul lavoro: allora Schlein si è intestata una battaglia persa in partenza, pur di costringere mezzo gruppo dirigente all’abiura; ora invece non si è intestata una battaglia in partenza già vinta, pur di non confondersi con i detestati riformisti e riconoscerne le ragioni. Lungo questa strada non credo che il Pd raccoglierà grandi successi.



Commenti
Dice lei che l’Amt è a rischio fallimento, che vanno pagati gli stipendi e che è tutta colpa del centrodestra che fa viaggiare gratis i genovesi.
di Pietro Senaldi lunedì 21 luglio 2025 liberoquotidiano.it lettura3’
…. Questa sarà invece la settimana dell’Amt, l’azienda di trasporti cittadina, che ha bisogno di 83 milioni di euro per chiudere l’anno.
La prima pensata per far rimpinguare le casse è presentare il conto ad anziani e bambini: dal primo ottobre niente più mezzi gratis per chi ha più di settant’anni e meno di quattordici e metropolitana a pagamento anche per i residenti, esclusi dal precedente sindaco, Marco Bucci. Misure tampone, che non risolvono il problema neppure un poco, ma di fastidio ne danno tanto.
Poi, nel 2026, come ha scoperto il leader dell’opposizione, Pietro Piciocchi, scavando nei documenti di bilancio presentati dalla maggioranza, cinque milioni di aumento della Tari, la tassa dei rifiuti, che sotto la Lanterna è già la più cara d’Italia, con Catania: si passa da 165 a 170 milioni di introito. «In realtà sono dieci milioni di aumento», provoca l’ex vicesindaco del centrodestra, «perché se avessimo vinto, il nostro programma prevedeva un taglio di cinque milioni».
Fermi tutti: la Salis aumenta l'Imu sugli affitti a canone concordato. Come: Sant'Ilaria patrona delle case altrui
…..
Si dice che studi da alternativa moderata a Elly Schlein, ma viste le prime decisioni assunte a Palazzo Dursi, non pare così: scimmiottala Nazarena sui temi ideologici, si comporta come farebbe Nicola Fratoianni su quelli economici.
Il 30 giugno Salis era con il segretario della Cgil, Maurizio Landini, a commemorare la rivolta operaia del 1960 contro il congresso del Movimento Sociale fissato nel capoluogo ligure.
….non è che il Pd punta a sfasciare i conti per trovare una scusa per privatizzare l’azienda dei trasporti, come voleva fare la precedente giunta rossa, guidata da Marco Doria?
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