Vicinanza ma non troppo Schlein rompe il silenzio su Sala, ma chiede discontinuità
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A quanto pare il modello preferito dai leader del campo largo è un altro: quello della convergenza su Fico in Campania
Mario Lavia 19.7.2025 linkiesta.it lettura 2’
Dopo due giorni interlocutori, la segretaria del Pd prende posizione sul caso milanese con caute parole di sostegno al sindaco, ma anche con un messaggio netto: bisogna cambiare rotta. A quanto pare il modello preferito dai leader del campo largo è un altro: quello della convergenza su Fico in Campania
Dopo quarantotto ore è arrivato il sostegno, chiaro ma non calorosissimo, di Elly Schlein a Beppe Sala. Rendere noto di avergli fatto una telefonata la sera prima non è bastato a tutti quelli che, a Milano e fuori, le chiedevano di prendere una posizione pubblica. Il non averlo fatto ha infatti legittimato le letture secondo le quali, con il suo silenzio, la segretaria del Partito democratico stava esprimendo come minimo un distacco dalla vicenda che sta scuotendo il capoluogo lombardo. Era parso un silenzio eloquente. Che d’altra parte pareva ben sposarsi con la freddezza politico-culturale di Schlein, del suo mondo di riferimento, e della sinistra dem verso il modello-Milano, non a caso generato in età renziana, simbolo dello strapotere dei maledetti soldi, della cementificazione e dell’esclusione sociale dei meno abbienti e dei giovani. Come dice Gianni Cuperlo, «il modello della città globale e dei salari locali non ha retto all’urto». Ma questo lo decide la Procura o gli elettori?
Certo, è un modello che non ha nulla in comune con gli stilemi ideologici della sinistra anti-sviluppista e più legata alla socialità della Milano di un tempo. Invece ha molto in comune, secondo la cultura di questo Partito democratico, con la Milano da bere edificata dai socialisti e in parte dai comunisti di trent’anni fa: ritrovarsi in un’analoga tempesta mediatico-giudiziaria è l’ultima cosa che Schlein desidera. Di qui l’attesa, l’incertezza sullo schierarsi.
Ci sono stati poi lo scavalcamento di Giorgia Meloni che ha posto il Partito democratico in una posizione di incomprensibile ritardo; la pressione dei riformisti per uscire da un silenzio imbarazzante; e forse anche, esaminate meglio le carte, che qui non c’è il rischio di una slavina tipo quella innescata da Antonio Di Pietro, Piercamillo Davigo e gli altri. Insomma, il Pd in quanto Pd non ha nulla da temere.
Messe così le cose, la leader dem ha infine rotto gli indugi: «Il Pd è al fianco del sindaco Sala, che ho sentito per esprimergli direttamente la nostra vicinanza, e continua a sostenere il lavoro che l’amministrazione farà nei prossimi due anni per affrontare le grandi sfide che ha di fronte la città, dall’abitare alla transizione ambientale che va tenuta sempre insieme all’inclusione sociale e all’accessibilità».
Ma ecco quella che somiglia tanto a una condizione: «Oggi queste sfide sono diventate più pressanti e urgenti e richiedono segnali di innovazione e cambiamento». Tradotto, è una versione un po’ più blanda del perentorio «voltare pagina» scandito due giorni fa da Pierfrancesco Majorino, membro della segreteria nazionale e possibile candidato sindaco quando terminerà il mandato di Sala.
Il messaggio a Sala è chiaro: noi ti sosteniamo, ma cambia linea. Non è chiaro se si tratti di una conditio sine qua non, ma certo per il sindaco è un avvertimento da parte di una segretaria con la quale Sala non sempre si è preso.
È un comunicato che potrebbe bastare anche a Giuseppe Conte, che non può pretendere di più, cioè la testa del sindaco. Specie adesso che ha incassato il via libera a Roberto Fico in Campania. Nel magico mondo del campo largo funziona così.


