REFERENDUM DELENDO EST – AFFLUENZA FLOP ALLE URNE PER I QUESITI SU LAVORO E CITTADINANZA:

ALLE 23 DI IERI SERA AVEVA VOTATO SOLO IL 22% DEGLI AVENTI DIRITTO. URNE APERTE FINO ALLE 15

9 giu 2025 08:36 dagospia.com lettura6’

- NEL 2011, ALLA CONSULTAZIONE SULL’ACQUA PUBBLICA (CHE SUPERÒ IL QUORUM), ERA STATA DEL 41% A QUELL’ORA – I RIFORMISTI DEL PD AFFILANO LE ARMI PER CHIEDERE CONTO A ELLY SCHLEIN DELLA LANDINIZZAZIONE DEL PARTITO. LA STRATEGIA DELLA SEGRETARIA: DAL 30% IN SU

REFERENDUM, URNE RIAPERTE IN TUTTA ITALIA FINO ALLE 15

(ANSA) - Urne riaperte in tutta Italia fino alle 15 per la seconda giornata di voto sui 5 referendum su lavoro e cittadinanza. Si vota fino alla stessa ora anche per i ballottaggi nei 13 Comuni sopra i 15mila abitanti, tra cui Taranto e Matera, e nei 7 Comuni in Sardegna al primo turno, tra cui Nuoro.

REFERENDUM, L’AFFLUENZA ALLE 23 È AL 22%: I DATI PIÙ ALTI AL CENTRO-NORD. PIÙ BASSI AL SUD E IN ALTO ADIGE

Estratto da www.ilfattoquotidiano.it

L’affluenza per il voto ai referendum, alle 23, si è fermata al 22% per cento degli aventi diritto. Alle 19 era del 16,1%. Nel 2011, quando ci si esprimeva per l’acqua pubblica e il quorum venne superato di sette punti, il dato comunicato alla fine del primo giorno di voto era stato del 41%.

In questa occasione sono cinque i quesiti su cui gli elettori sono chiamati a esprimersi e, stando ai primi dati, lo scarto tra le schede è molto contenuto: ovvero chi è andato a votare ha scelto di esprimersi su tutte e cinque le domande.

Per quanto riguarda le amministrative, l’affluenza ai ballottaggi è del 39% per cento: in calo rispetto al 46% del primo turno. Le città più grandi chiamate al voto sono Taranto, Lamezia Terme (Catanzaro), Saronno (Varese).

Referendum, i dati della partecipazione per Regione – Secondo i dati di Eligendo, i dati più alti si registrano in Toscana (27,5%), Emilia Romagna (26,2), Piemonte (24), Liguria (24), Lombardia (21). Quelli più bassi in Calabria (17%), Sicilia (16,3) e Trentino Alto Adige (12,4%).

Per area geografica, secondo l’elaborazione di Youtrend: Nord Ovest 21,9%, Nord Est 19,6%, Centro 24,7%, Sud 18,8%, Isole 16,6% (+5,4). Sempre secondo Youtrend i cittadini che fino alle 19 di domenica hanno partecipato di più al voto sono quelli di Ciminna, in provincia di Palermo: ai seggi è andato il 42,7%. Dati minimi di partecipazione a Cavargna, in provincia di Como, dove hanno votato solo in due.

[…] I precedenti: 78 referendum e quorum superato 39 volte – Da quello istituzionale del 1946, per scegliere tra monarchia e Repubblica, a quelli che hanno riguardato la scelta su aborto e divorzio: gli italiani sono stati chiamati a votare per un referendum 78 volte. In particolare, dal dopoguerra a oggi, sono stati 67 quelli abrogativi, 4 quelli costituzionali e uno consultivo.

Per quanto riguarda gli abrogativi, il quorum del 50% più uno degli aventi diritto al voto, dal 1974 al 2022, è stato raggiunto in 39 occasioni, mentre in 28 non è stata superata la soglia. Il primo referendum fu quello del 2 giugno di 79 anni fa: 24.946.878 cittadini (89,1%) si recarono alle urne.

I Sì alla Repubblica furono 12.718.641 (54,3%), i No 10.718.502 (47,73%). Il 12 maggio 1974 è la data del referendum abrogativo della legge sul divorzio. I No all’abrogazione furono 19.138.300 (59,3%) e si imposero sui 13.157.558 (40,7%) Sì.

L’11 giugno 1978 è la prima volta in cui si vota su due quesiti referendari insieme: uno per l’abrogazione della legge sul finanziamento dei partiti e l’altro sull’ordine pubblico; la percentuale dei votanti fu 81,1%. Nel maggio del 1981 gli italiani furono chiamati a esprimersi su 5 quesiti.

Uno di questi proponeva di abrogare quasi completamente la legge n.194 sull’interruzione di gravidanza: il 68% dei votanti bocciò la proposta. Negli anni l’istituto della democrazia diretta è stato utilizzato per i temi più disparati: dal nucleare alle sostanze stupefacenti, dalle interruzioni pubblicitarie all’ordinamento giudiziario, fino alla caccia. Nel 1989, il primo e finora unico referendum consultivo, fu relativo al conferimento o meno di un ipotetico mandato costituente al Parlamento europeo, i cui rappresentanti italiani venivano eletti contestualmente. Il Sì vinse con l’88,3%.

Il primo referendum costituzionale si svolse il 7 ottobre 2001 e riguardava la riforma del Titolo V della Carta. Dei 49,4 milioni di aventi diritto, votarono solo 16.843.420, cioè il 34,05%. Il Sì si impose con il 64,21% contro il 35,79% dei No. Nel 2006 il referendum riguardava la riforma federalista. Il 25 giugno di quell’anno votarono in tutto 26.110.925 italiani, pari al 52,46%.

Questa volta furono i No ad avere la meglio, con il 61,29% contro il 38,71% dei Sì. Il 4 dicembre 2016 gli elettori vennero chiamati a pronunciarsi sulla riforma Renzi-Boschi, che a sua volta rivedeva la riforma del Titolo V e introduceva il Senato federale. Si recarono alle urne 33.244.258, pari al 65,48%.

La vittoria del No sul Sì fu netta: 59,12% a 40,88%. Per quanto riguarda il sistema elettorale, dal 1991 a oggi sono stati indetti 7 referendum. Di questi, 2 hanno avuto successo, mentre gli altri sono stati dichiarati non validi per mancato raggiungimento del quorum o sono stati bocciati dalla Corte costituzionale. L’ultima tornata referendaria è del giugno 2022, in tema di giustizia. Il quorum non è stato raggiunto: l’affluenza si è fermata al 20,9%.

IL TORMENTO DEI PROMOTORI ORA SCHLEIN PUNTA A UN ESITO TRA IL 30 E IL 35% PER CONTENERE I DANNI

Estratto dell’articolo di Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera”

Al quorum Elly Schlein non ha mai creduto. Lo stesso dicasi per Nicola Fratoianni e Giuseppe Conte (che infatti, soprattutto all’inizio, si è tenuto più defilato rispetto alla segretaria del Pd). I tre leader del «Campo stretto» hanno votato in mattinata. Alle due e mezzo del pomeriggio i sondaggisti e gli esperti hanno confermato: missione quorum fallita.

Ora Schlein dovrà tenere a bada i riformisti dem, che sollecitano un confronto in direzione e i leader del «Campo stretto» dovranno prendere atto di un dato di fatto che il 7 giugno a San Giovanni avevano trascurato: Pd, M5S e Avs da soli non bastano se si vuole la rivincita alle prossime politiche.

Ma Schlein, ancor prima di parlare ieri con i sondaggisti, aveva già impostato la strategia per contenere i danni.

Strategia che non può utilizzare Maurizio Landini, perché per il segretario della Cgil era tutta questione di quorum. È lui il grande sconfitto di questi referendum. E forse archiviare per sempre le possibili future velleità politiche del leader sindacale non risulta troppo sgradito alla segretaria dem.

Dunque la strategia del Nazareno. Quella preventiva, ufficializzata da Francesco Boccia: sopra i 12 milioni e 300 mila voti (ossia il numero di consensi ottenuto dal centrodestra nelle elezioni che hanno portato Giorgia Meloni a palazzo Chigi) il referendum è un avviso di sfratto al governo.

Praticamente, un risultato che era stato ottenuto ancor prima di andare alle urne perché, dal 1997, gli elettori, nei referendum in cui non si è raggiunto il quorum, sono andati sotto la soglia dei 12 milioni solo una volta, nel 2022, per i quesiti sulla giustizia.

[…]

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Strategia numero due: dal 35% di votanti in su è un successo, solo intorno al 25 è un flop. E in mezzo? Al Nazareno in questi ultimi giorni sostenevano che attestarsi sul 30 tutto sommato non era male. E ieri sera era proprio il 30-32% che i sondaggisti prevedevano come risultato finale dei referendum.

Ma i riformisti del Pd non la pensano come la segretaria.

Se non altro perché uno schieramento che ottiene il 30% al referendum (dando per scontato, cosa che non è, che siano tutti voti delle opposizioni) non è in grado di battere il centrodestra. Oggi, a urne chiuse, i dirigenti della minoranza dem inizieranno a ragionare, in una serie di colloqui, su come impostare il confronto con la segretaria.

Ma già ieri i riformisti Pd affermavano di ritenere necessaria a questo punto «una riunione di direzione in cui il risultato venga analizzato politicamente». […]

Naufraga anche il sogno di Conte, che sperava di arrivare con il «Campo stretto» alle elezioni, costringendo i centristi a imbarcarsi solo alla fine senza poter porre nessuna condizione. Era un’idea che stava prendendo piede proprio tra i leader del «Campo stretto», come dimostra la manifestazione di piazza San Giovanni che non è stata allargata a Italia viva e Azione […]. E di certo non è sfuggito all’ex premier il fatto che lì dove il Movimento 5 Stelle è forte, cioè al Sud, l’affluenza alle urne è stata assai più bassa della media nazionale. Come non è sfuggito a Schlein che il Pd comunque c’è: nelle regioni cosiddette rosse si è registrata infatti la partecipazione al voto più alta.

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Commenti   

#1 walter 2025-06-09 09:34
La mappa dell’affluenza, regione per regione, già alle 19 dava indicazioni preziose. La Toscana, con il 22,18%, è la regione che ha conquistato il podio nella classifica delle regioni dove più persone sono andate alle urne. La Calabria, con il 10,11%, quella che si piazza ultima. In attesa del dato definitivo, qualche riflessione si può già fare. Le regioni cosiddette “rosse” sono quelle in cui più elettori si sono recati alle urne. Segno che a mobilitarsi è stato lo zoccolo duro del centrosinistra. Oltre alla Toscana, c’è l’Emilia Romagna dove ieri alle 19 erano andati a votare il 21,17% degli elettori. Tocca il 20% anche il Piemonte, così come la Liguria (20,23%), mentre la Lombardia si ferma al 18,23%. Affluenza discreta anche in Umbria, dove la percentuale supera il 15%. Un punto sotto le Marche che toccano il 16%. Il Lazio si ferma al 16,99% e peggio ancora va il Veneto, con il 14,68%. Ma è il Sud a disertare le urne: la Campania si ferma al 13,83%, il Molise al 12,55%, la Basilicata al 12,98%, la Sardegna al 13,02%, la Sicilia al 10,62%, la Puglia al 12,20%. E va male anche il Trentino Alto Adige (11,76%) e l’Abruzzo (13,8%). Estratto

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