Il rischio di un processo disumanizzato tra IA e ossessione efficientista

Giustizia algoritmica, così il futuro distopico di Minority Report diventa presente: la difesa del giudice in carne ed ossa è la nuova battaglia di libertà

Gian Domenico Caiazza 31.3. 2025 alle 14:56 lettura3’

Mettiamo subito le cose in chiaro: qui nessuno di noi ha nostalgia dell’epoca – non lontanissima, a ben vedere, parliamo dei primi anni ’80 – nella quale la “macchina da scrivere elettronica”, con il correttore automatico mediante “sbianchettatura” degli errori di battitura, irruppe negli studi legali come una innovazione tecnologica rivoluzionaria. La penna stilografica è tutt’ora un oggetto meraviglioso, ma non sapremmo scrivere altrimenti che sulla tastiera di un pc. E le ricerche giurisprudenziali sui volumi rilegati del Foro Italiano o di Cassazione penale ce le siamo lasciate alle spalle assai volentieri. Ma il tema che oggi abbiamo di fronte con l’irruzione dell’Intelligenza Artificiale nel processo penale è molto chiaro, ed attiene alla individuazione, solida e non negoziabile, del limite oltre il quale non possa e non debba spingersi la esigenza, pur comprensibile, di “efficienza” del processo penale.

L’impatto formidabile di questa nuova frontiera informatica sta superando ogni limite di immaginazione, e non è certo un caso se in tutto il mondo stia facendo tumultuosamente irruzione nella complessa e spesso farraginosa macchina giudiziaria. La ormai quasi completa digitalizzazione degli atti da un lato, e lo sviluppo sempre più esteso delle banche dati dall’altro, fanno della I.A. una irresistibile tentazione sulla strada, appunto, della efficienza.

Il viaggio che PQM ha deciso di affrontare sul tema dell’impatto della I.A. sul processo penale ci offre segnali allarmanti provenienti da tutto il mondo. Dal calcolo della previsione orientativa del rischio di recidiva per un imputato, affidato da alcuni Stati americani ad un complesso algoritmo, al software cinese “Piccola Saggezza”, già in grado di valutare prove e scrivere sentenze, alle vicende giudiziarie di minore complessità totalmente affidate all’I.A. in Arabia Saudita, al vaglio di ammissibilità di oltre 50mila ricorsi arretrati in Brasile, ed altro ancora, il trend appare segnato: l’Intelligenza Artificiale si candida prepotentemente a spodestare il giudice umano dalle sue funzioni valutative. Le quali sono, come è ovvio, straordinariamente più lente, più costose, ed anche più imprevedibili se misurate con la logica selettiva del “precedente” giurisprudenziale.

Leggi anche

Il Grande Fratello, l’incubo delle intercettazioni di massa è già realtà: siamo già tutti dentro Minority Report

Intercettazioni usate come gossip e materiale scandalistico: la lapidazione vissuta sulla mia pelle

L’etica non ci salverà dai rischi dell’Intelligenza artificiale: serve l’educazione digitale a scuola

Ora, non sapremmo dire se altri procedimenti valutativi (per esempio in diritto tributario o amministrativo o in alcune branche del diritto civile) possano essere affidati ad un algoritmo, ma di certo questo non può e non deve accadere nel processo penale, del tutto a prescindere dalla importanza e gravità dei fatti che ne sono oggetto. Il giudizio penale presuppone ed esige la valutazione e la comprensione dei comportamenti umani, delle ragioni e delle motivazioni della condotta analizzata, delle circostanze ambientali, familiari, soggettive, psicologiche e psichiatriche che possono averle condizionate e determinate. E ciò sia nel momento della ricostruzione del fatto e della attribuzione di responsabilità, sia nel momento della dosimetria della pena. Altro è dotare il giudice di questo formidabile, potentissimo “motore di ricerca” che è l’Intelligenza Artificiale, altro è sostituirsi ad esso. Gli esempi americani sulla previsione algoritmica della recidiva, criticata per la sua connotazione in definitiva classista e razzista proprio perché segnata dal condizionamento del dato statistico, rappresentano una spaventosa conferma di questo rischio.

La ossessione efficientista che ormai pervade ed ispira i riflessi primari del legislatore in materia processuale, insieme ai progressi tecnici inarrestabili dell’I.A., stanno improvvisamente trasformando il futuro distopico di Minority Report in un imminente ed inquietante presente. La difesa dell’umanità del processo penale e del suo giudice si candida ad essere la nuova, drammatica lotta per la libertà di ciascuno di noi. Buona lettura.

Gian Domenico Caiazza

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata