Begli amici. Il complotto delle élite europee per lasciarci in balia di Meloni
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Politico l’ha incoronata persona più potente d’Europa. Ma la motivazione, a dire la verità, è più che altro un atto d’accusa contro l’establishment europeo,
Francesco Cundari 11-12-2024 linkiesta.it lettura2’
scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette
Per essere la leader sovranista che doveva spezzare le reni alle élite di Bruxelles in nome della volontà popolare, bisogna dire che Giorgia Meloni, presso l’establishment europeo, gode davvero di un’ottima stampa. In questa newsletter ho già avuto occasione di segnalare diverse volte le aperture di credito venute in questi due anni dalle testate più autorevoli, dall’Economist a Die Zeit, per non parlare degli espliciti inviti a coinvolgerla indirizzati a Ursula von der Leyen, e da lei certamente graditi, se non ispirati.
Come se non bastasse, ieri è stato il turno di Politico.eu, che l’ha piazzata addirittura al primo posto in classifica, incoronandola persona più potente d’Europa (al secondo posto, così impara, proprio la presidente Von der Leyen). La motivazione, a dire la verità, è quasi un atto d’accusa, più che contro Meloni, contro quello stesso establishment europeo. «Il primo ministro italiano – scrive Politico – ha introdotto politiche su questioni come l’immigrazione e i diritti Lgbtq+ che un tempo avrebbero suscitato la condanna di Bruxelles. Invece, la reazione dei leader dell’Unione europea è andata dall’indifferenza all’approvazione».
La stabilità del governo italiano è stata così sorprendente, prosegue l’articolo, che «molti non si sono accorti dell’arretramento democratico, soprattutto per quanto riguarda la libertà di espressione». Gli esempi vanno dall’uso abituale delle querele per intimidire qualunque voce critica alle campagne contro i magistrati che prendono decisioni sgradite, ai già citati provvedimenti sui diritti civili e sull’immigrazione.
«Invece di condannare l’erosione delle libertà civili in atto nell’Italia di Meloni, i leader dell’Ue l’hanno liquidata come una questione interna. La volontà di guardare dall’altra parte ha una spiegazione semplice: mentre consolidava il suo potere in patria, la leader della destra ha anche lavorato duro per convincere i vertici dell’Unione a considerarla una partner affidabile che li sosterrà sulle questioni chiave che stanno loro a cuore».
Continuo a pensare, tuttavia, che il vero motivo alla base di tante affettuose attenzioni da parte dei leader di mezza Europa, anche di sinistra, si possa riassumere nel buon vecchio «meglio a voi che a noi». Il «modello Meloni» da tutti apprezzato non è infatti l’idea, già clamorosamente fallita, di spedire i migranti in Albania, ma di rinchiudere i sovranisti in Italia, sacrificando il nostro Paese all’esigenza di dividere il fronte populista e anti-europeista. Condivisibile, comunque, la conclusione dell’articolo, secondo cui «la statura di Meloni in Europa trae vantaggio dalla percezione che lei faccia parte di un fenomeno politico vincente: un movimento globale di populisti ultranazionalisti».