DAGOREPORT - PERCHE LA DUCETTA HA DATO ORDINE DI VOTARE SCHEDA BIANCA SULLA CONSULTA?

PERCHÉ ALTRIMENTI SI SAREBBE RITROVATA IN QUEL POSTO MOLTE SCHEDE BIANCHE DA PARTE DI DEPUTATI E SENATORI DELLA SUA STESSA MAGGIORANZA

9.10.2024 dagospia.com lettura3’

– TRA I FRANCHI TIRATORI, SI CONTANO 3-4 PARLAMENTARI DI FORZA ITALIA DEL TUTTO CONTRARI A VOTARE MARINI, CONSIGLIERE GIURIDICO DELLA MELONA E AUTORE DELLE LEGGE SUL PREMIERATO. ALTRI MALPANCISTI ERANO ANCHE DENTRO FRATELLI D’ITALIA (VEDI “LA TALPA” DELLA CHAT), MA IL GROSSO DEGLI “INFAMI” SAREBBE NELLE FILA DELLA LEGA - L’ELEZIONE DI MARINI SERVE COME IL PANE ALLA DUCETTA PER AVERE UN UOMO FIDATO ALL’INTERNO DELLA CONSULTA CHE SARA’ CHIAMATA A DARE IL SUO GIUDIZIO DI COSTITUZIONALITÀ O NO DELL’AUTONOMIA LEGAIOLA. SE VENISSE DICHIARA INCOSTITUZIONALE, SALTEREBBE OVVIAMENTE UN REFERENDUN DESTINATO ALLA SCONFITTA CON EVIDENTI RICADUTE DI CRISI SUL GOVERNO, VERO INCUBO DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA…

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Come mai Giorgia Meloni ha dato ordine alla sua maggioranza di votare scheda bianca all’ottavo scrutinio per l’elezione del giudice della Corte Costituzionale? Per evitare una doppia, brutta, figura: intanto, grazie alla mossa smart di Elly Schlein, che ha portato le opposizioni sull’Aventino (una scelta che in mancanza del fatidico campo largo, evita possibili inciucioni di Renzi, Calenda e Conte con la destra), il voto avrebbe certificato l’assenza dei numeri necessari alla maggioranza per l’elezione di Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico della Ducetta, alla Consulta.

Ma l’ordine di votare scheda bianca della premier ha un altro e più importante motivo: e Giorgia Meloni avesse ordinato il voto della maggioranza per Marini, si sarebbe ritrovata in quel posto molte schede bianche da parte di deputati e senatori della sua stessa maggioranza, trasformatosi in franchi tiratori, quelli che ormai vengono bollati come “infami” dalla Fiamma Tragica di Palazzo Chigi.

Fossero stati presenti in Aula tutti i partiti, magari 25-30 voti dall’opposizione sarebbero arrivati in soccorso alla maggioranza, compensando i franchi tiratori della maggioranza. Si contano 3-4 parlamentari di Forza Italia del tutto contrari a votare Marini, alcuni malpancisti erano anche dentro Fratelli d’Italia, ma il grosso degli “infami” sarebbe nelle fila della Lega, manovrati ovviamente da Salvini, che continua la sua “guerra d’attrito” per destabilizzare l’“autocrazia” della “nana malefica” (copy Crosetto).

Che la Lega non fosse così favorevole al voto per Marini è dimostrato dal fatto che dal Carroccio hanno traccheggiato in vista della convocazione tassativa in aula di ieri, a differenza di Forza Italia e Fratelli d’Italia. Il partito azzurro e quello della Meloni, infatti, venerdì scorso hanno imposto, via chat, ai loro parlamentari di non mancare alla delicatissima prova dell’aula.

Proprio da quelle chat è partito lo spiffero che ha fatto saltare il blitz che Giorgia Meloni aveva in mente per “fregare” le opposizioni, prendendole di sorpresa. Non ci sono dubbi che la “talpa” che la Ducetta ha chiamato “infame”, a differenza di quanto sussurrato ieri da Monica Guerzoni sul “Corriere della Sera” (forse imbeccata da Palazzo Chigi), non arrivi da Forza Italia, ma dal partito della Meloni: è stato un “fratellino” d’Italia a far uscire la chat sul “Fatto quotidiano”.

Dalla Lega, invece, niente. Salvini e compagnia si sono giustificati con l’impegno gravoso del raduno di Pontida, annunciando che avrebbero convocato i loro parlamentari lunedì per martedì.

Un preavviso talmente minimo che rende palese lo scarso entusiasmo per il voto a favore di Marini, che si trova in un innegabile conflitto di interessi, essendo il consigliere giuridico di Giorgia Meloni nonché, soprattutto, l’estensore del premierato, su cui la Corte avrà l’ultima parola. Un conflitto di interessi grosso come Palazzo Chigi.

Ma il voto su Marini è solo la prima tappa di un percorso a ostacoli: perché a dicembre il parlamento riunito dovrà nominare altri tre giudici della Corte Costituzionale. Si tratta di incarichi su cui, di solito, viene siglato un accordo tra maggioranza e opposizione, ma su cui, invece, il Governo dimostra un’attitudine padronale, “Qui comando io!”, mossa da un alto e altro interesse.

La Consulta è chiamata a dare il bollino di costituzionalità all’Autonomia differenziata. Arrivasse l’ok, la riforma cara alla Lega finirebbe sotto la mannaia del referendum, che Giorgia Meloni teme essere l’inizio della fine del suo Governo. Una sconfitta nella consultazione popolare potrebbe terremotare gli equilibri nella Lega e di rimbalzo nella maggioranza.

L’elezione di Marini serve alla Ducetta per avere un uomo fidato all’interno della Corte Costituzionale che prenda possesso di dossier delicati, esprima o orienti voti cruciali. Partendo proprio dalla bocciatura dell’Autonomia spazzando via l’incubo della Statista della Garbatella: il referendum sull’Autonomia…

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