Allarme istruzione, perché migliaia di scuole da Nord a Sud sono ancora senza docenti – il ministero non fornisce risposte, né soluzioni. L’inchiesta
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Il crescente numero di cattedre vacanti nelle scuole di ogni ordine e grado e l’incapacità di garantire il tempo pieno nelle scuole primarie porta i genitori ad auto-organizzarsi.
29.9. 2024 - 16:10 di Ygnazia Cigna, open.online lettura6’
Se è vero che gli studenti di tutta Italia sono tornati sui banchi di scuola, molti insegnanti sono rimasti a casa. In tantissimi istituti, da Nord a Sud, la situazione è drammatica: migliaia di studenti, dai più piccoli delle scuole primarie agli adolescenti delle superiori, si ritrovano senza docenti. Una carenza strutturale da anni, ma l’inizio di quest’anno scolastico sembra soffrire in modo particolare di un problema che va oltre il precariato endemico. A peggiorare il quadro, infatti, sono intervenuti i meccanismi legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) che, invece di risolvere le criticità, ne stanno creando di nuove.
Mense assenti, niente tempo pieno e famiglie in crisi
Uno degli effetti più evidenti della carenza di insegnanti è il crescente numero di cattedre vacanti nelle scuole di ogni ordine e grado e l’incapacità di garantire il tempo pieno nelle scuole primarie. Sebbene non esista ancora una mappatura precisa del numero di istituti coinvolti, i sindacati stimano che siano centinaia in ogni città. La conseguenza è che le famiglie si trovano costrette a riorganizzare le proprie giornate, con genitori che devono correre a prendere i figli a scuola prima del previsto, spesso compromettendo lavoro e quotidiana. Il tempo ridotto, che dovrebbe essere un’eccezione, in queste settimane è quasi la norma in tanti istituti. A questo si aggiunge il problema della continuità didattica: bambini e ragazzi, costretti a cambiare insegnanti nel corso dell’anno o a subire la mancanza di figure stabili, vedono compromesso il loro percorso di apprendimento. Non si tratta solo di numeri, ma di un impatto diretto e tangibile sulla qualità dell’istruzione.
La pressione del Pnrr: la corsa ai concorsi e le assunzioni congelate
Oltre al precariato strutturale della classe docente, il caos attuale è determinato principalmente dalla stretta connessione tra il reclutamento degli insegnanti e gli obiettivi e le procedure Pnrr. Secondo l’accordo tra il governo Draghi e la Commissione europea, l’Italia si è impegnata ad assumere 70mila nuovi docenti entro il 2026, di cui 20mila entro il 2024. Tuttavia, queste assunzioni devono passare esclusivamente per nuovi concorsi, bloccando di fatto la possibilità di assumere stabilmente quei precari che da anni garantiscono il funzionamento della scuola italiana e coloro che sono risultati idonei ai concorsi degli anni scorsi. Manuela Calza della Flc Cgil spiega con chiarezza il paradosso: «Con l’alibi degli impegni assunti con il Pnrr, i posti vacanti devono essere lasciati liberi per le assunzioni riservate ai nuovi concorsi. Ma molte cattedre sono rimaste scoperte perché i concorsi non sono ancora terminati».
Il pasticcio degli idonei del concorso 2020
OPEN | Il muro di scatole davanti all’ufficio scolastico regionale con gli alti punteggi raggiunti dagli insegnanti esclusi dalle graduatorie, Milano
Il risultato? Le scuole si trovano costrette a ripiegare su supplenti con contratti temporanei, in attesa della nomina dei vincitori dei concorsi. In questo clima di incertezza, migliaia di docenti che hanno superato concorsi precedenti, come i 30mila idonei al concorso 2020, continuano a trovarsi in un’attesa lunga e angosciante. Nonostante si siano succeduti tre governi, questi insegnanti non hanno ancora ottenuto la cattedra che spetterebbe loro di diritto. A rendere la situazione ancora più complessa, c’è la questione delle graduatorie a cui appartengono, inizialmente valide per due anni e a rischio di scadenza. Il ministro Valditara è intervenuto su questo punto, prevedendo che queste liste diventino ad esaurimento, offrendo così la speranza di un’assunzione graduale. Per l’anno scolastico attuale, circa 6mila docenti sono stati assunti, ma altri migliaia sono ancora in attesa di un posto.
Di fatto, «la normativa attuale non prevede l’assunzione degli idonei al concorso straordinario 2020. La riforma del reclutamento introdotta dal Pnrr ha stabilito concorsi annuali con graduatorie di merito basate esclusivamente sui vincitori». A chiarirlo è la sottosegretaria all’Istruzione, Paola Frassinetti, in commissione Cultura alla Camera, rispondendo a un’interrogazione della deputata Irene Manzi (Pd), che ha ricordato il Decreto-Legge 73/2021 che prevedeva l’integrazione della graduatoria dei vincitori con gli idonei, sebbene entro i limiti di posti autorizzati. Attualmente, la graduatoria può essere utilizzata solo per i vincitori, e per gli idonei, «in assenza di specifiche disposizioni legislative, la possibilità di assunzione è venuta meno con l’approvazione delle nuove graduatorie concorsuali del Pnrr». La deputata Manzi del Pd è su tutte le furie: «Questo è stato il peggior avvio dell’anno scolastico da molti anni a questa parte, e qualcuno dovrebbe avere l’onestà intellettuale di assumersene la responsabilità. Quando si parla di precariato, si rinvia a una successiva ed eventuale trattativa con le istituzioni europee. La questione doveva essere affrontata nei confronti già avuti negli ultimi due anni con le istituzioni europee, a fronte del ritardo accumulato dal ministero Valditara nell’avvio del nuovo percorso di formazione iniziale».
I ritardi del concorso Pnrr 2023 e addio meritocrazia
Altro nodo critico riguarda i ritardi nell’organizzazione e nella conclusione del concorso 2023 previsto dal Pnrr. Le procedure non sono ancora concluse, e le scuole hanno dovuto ricorrere a supplenti temporanei per coprire le cattedre vacanti. In questo contesto, un meccanismo aggrava la situazione: i supplenti che risultano vincitori di concorso vengono confermati nella stessa cattedra occupata, anche se altri candidati con punteggi più alti avrebbero diritto a quella sede. Ciò crea un corto circuito nella meritocrazia: insegnanti con punteggi inferiori rimangono su cattedre ambite, mentre quelli con voti migliori sono costretti a spostarsi in sedi lontane, con notevoli difficoltà logistiche e familiari. «Questo sistema limita la possibilità per i migliori candidati di scegliere una sede vicina, rendendo la gestione delle assegnazioni un vero caos», denunciano sindacati e insegnanti.
Commissione concorsi sottopagate: «80 centesimi a candidato»
A rallentare le procedure concorsuali è anche la condizione di chi deve gestirle. I commissari dei concorsi, spesso insegnanti o dirigenti scolastici, lavorano senza esonero dal loro incarico principale e con compensi irrisori. «In alcuni casi», denunciano fonti sindacali, «le commissioni sono state pagate appena 80 centesimi a candidato». Una cifra che «rasenta il ridicolo», considerando il carico di lavoro e la responsabilità che deriva dalla selezione di migliaia di aspiranti insegnanti. Questo contribuisce a rallentare le operazioni per via di dimissioni e continui ritardi.
La linea del ministero e il presente che resta incerto
Sollecitato in un question time, il ministro Valditara ha ribadito l’importanza di rispettare gli obiettivi del Pnrr, avvertendo che «se non raggiungiamo i target previsti, rischiamo di perdere una parte dei 24 miliardi di euro legati all’ultima tranche del Piano». L’urgenza di assumere 70mila docenti, però, si scontra con i ritardi della macchina concorsuale italiana e con una crescente platea di insegnanti precari. Sebbene il ministero sia riuscito a negoziare una proroga, spostando la scadenza dal 2024 al 2026, ciò non è stato sufficiente e sarà necessario riaprire il dialogo con la Commissione europea. Nel frattempo, quasi 20mila posti sono stati accantonati per i futuri concorsi, lasciando migliaia di insegnanti in attesa e molte scuole con cattedre vacanti. I sindacati chiedono con forza una nuova trattativa con la Commissione europea per rivedere le procedure di assunzione e stabilizzare i docenti già idonei ai concorsi. Raggiunto da Open per chiarimenti sullo stato di questo processo, il ministero dell’Istruzione e del Merito non ha ancora fornito una risposta, che he invece arriva dalla senatrice Ella Bucalo, vice Responsabile Dipartimento Istruzione FdI. Bucalo nelle scorse settimane ha presentato un ordine del giorno al decreto Omnibus per avviare in tempi brevi una procedura di confronto con la Commissione europea: «È ancora presto per parlare di sviluppi concreti, la situazione italiana è complessa e trovare una strada accettabile dalla Commissione richiede tempo», afferma a Open.
Genitori esasperati si auto organizzano
Davanti a questo scenario, la protesta è palpabile: genitori stanchi e preoccupati organizzano presidi davanti alle scuole, esasperati per una situazione che sembra non trovare soluzione. A Settimo Milanese (Milano), ad esempio, le famiglie hanno affisso un cartello davanti all’Istituto Comprensivo: «Dateci gli insegnanti». In questa scuola, che accoglie 65 studenti con disabilità, di cui 39 con disabilità gravi, ci sono solo 32 insegnanti di sostegno. Ma non è solo il sostegno a mancare. In molte scuole primarie, l’assenza di insegnanti di materia sta bloccando l’attivazione del tempo pieno, causando non poche difficoltà per i genitori nel conciliare lavoro e cura dei figli. Alla scuola Leonardo da Vinci di Milano, le famiglie si sono auto-organizzate per finanziare di tasca propria un servizio integrativo alla mensa, una soluzione di emergenza che ha coinvolto più di 300 famiglie. E tra le primarie di Milano è in corso un’iniziativa comune per scrivere e sollecitare tutte le istituzioni coinvolte e chiedere risposte e soluzioni rapide.
Docenti in protesta: «Tanti lasciano la professione. E chi paga sono gli studenti»
I paradossi sono evidenti. Mentre le scuole cercano disperatamente insegnanti, quei docenti di cui avrebbero bisogno sono in piazza a protestare perché non riescono a ottenere la cattedra che gli spetta. Allo stesso tempo, i docenti senza una cattedra sono esasperati e stanno facendo sentire la loro voce. «Troppi colleghi stanno pensando di abbandonare la professione. Ogni giorno che passa senza i giusti insegnanti, i nostri studenti pagano il prezzo di questo caos con il loro apprendimento», denuncia una docente a Open. Sulla stessa linea, la sindacalista Calza della Cgil: «Questa professione richiede progettazione e semina, con risultati che si raccolgono a lungo termine. La continuità è essenziale per garantire un vero successo formativo, che non è solo il completamento del percorso, ma uno sviluppo completo a livello culturale, cognitivo, emotivo e sociale».