Meloni all’Onu: «Le crisi costringono a schierarsi, serve un approccio multilaterale». E frena sulle potenzialità dell’IA
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La presidente del Consiglio ha sottolineato l’importanza dell’approccio delle Nazioni Unite in un momento carico «di enormi sfide»
23 Settembre 2024 - 18:00 di Filippo di Chio, open.online lettura3’
Cinque minuti di discorso concentrati sui temi «già al centro dell’anno di presidenza italiano del G7». L’intervento della presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni al Vertice del futuro all’Onu ha toccato rapidamente alcuni dei punti che, per il governo italiano, devono essere affrontati con urgenza. Dall’intelligenza artificiale, all’immigrazione fino alle guerre vicine ai nostri confini. Il filo rosso, che li unisce tutti, è il «multilateralismo». Un concetto di cui, ha spiegato Meloni, «l’Italia è una convinta sostenitrice». E che è incarnata dall’Onu, «dove ogni voce viene ascoltata, in cui ci troviamo a imparare, a capirci e a rispettarci».
Crisi significa necessità di scegliere insieme
Dopo i ringraziamenti di rito al segretario generale delle Nazioni unite Antonio Guterres, Giorgia Meloni ha evidenziato come la fase di attuazione dei Patti tra nazioni sia «la più complessa, ma decisamente la più decisiva». Nell’ambito dell’assemblea generale dell’Onu, il Vertice del futuro aveva infatti come scopo quello di stilare patti e linee guida comuni che indirizzassero gli Stati membri e le loro politiche future. Con una visione che possa essere inclusiva e sostenibile.
Numerose, secondo la premier, sono le sfide a cui il mondo deve rispondere: cambiamento climatico, disuguaglianze sociali ed economiche, le crisi umanitarie e sanitarie, la criminalità transnazionale e i conflitti armati. Primo dei quali, puntualizza, «l’inaccettabile guerra di aggressione russa nei confronti di una nazione sovrana come l’Ucraina». Una situazione di enorme complessità, «di fronte al quale non abbiamo altra scelta che quella di agire». Meloni ha continuato sottolineando le numerose crisi che ci coinvolgono, e ricordando che l’etimologia greca della parola “crisi” significhi scelta. «Le crisi costringono a mettersi in discussione, a schierarsi, non consentono di tentennare».
L’Africa e il «diritto a non emigrare»
In un momento così complesso, dunque, «nessuno stato può governare da solo». Serve quel multilateralismo che solo l’Onu riesce a dare nella sua completezza. Ma anche l’Onu, ha sottolineato Meloni, ha bisogno di regole giuste e condivise: «Siamo convinti che qualsiasi revisione della governance delle Nazioni Unite, in particolare del Consiglio di sicurezza, non possa prescindere dai principi di uguaglianza, democraticità, rappresentatività». Il riferimento è alla proposta – sostenuta dagli Stati Uniti – di ampliare le sedie al tavolo del Consiglio più ristretto a due nazioni africane. «La riforma ha un senso se viene fatta per tutti e non per alcuni. Non crediamo che esistano nazioni di serie a e nazioni di serie b. Esistono le nazioni, con le loro storie, le loro peculiarità, e i loro cittadini che hanno tutti gli stessi diritti. Perché gli individui nascono tutti liberi e uguali». Di qui il collegamento con il Piano Mattei, con cui il governo italiano – senza paternalismi né atteggiamenti predatori – «favorisce lo sviluppo di un continente troppo spesso sottovalutato, per costruirne la stabilità e garantire il diritto che per troppo tempo è stato negati ai giovani: il diritto a non dover emigrare».
I rischi dell’IA
Altro tema è quello dell’intelligenza artificiale generativa, «un fenomeno del quale temo non si abbia ancora sufficiente consapevolezza, perché è un grande moltiplicatore». Secondo Giorgia Meloni la domanda fondamentale a cui bisogna trovare una risposta è: «Cosa vogliamo moltiplicare?». Per la premier le opzioni sono due: «Se questo moltiplicatore venisse usato per curare malattie oggi incurabili, allora concorrerebbe al bene comune. Ma se venisse usato per divaricare ulteriormente gli equilibri globali, gli scenari sarebbero potenzialmente catastrofici». Ed è «compito della politica» garantire il controllo di uno strumento così potente. Anzi, del multilateralismo. Che deve dimostrare di non essere «un club in cui incontrarsi per scrivere inutili documenti zeppi di buoni propositi. Bensì luogo nel quale si deve fare i conti con l’urgenza delle decisioni, nel quale le idee devono diventare fatti».