Lettere al Direttore. Più Taremi per tutti in Iran. L'agenda Draghi che serve al futuro
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L’“agenda Draghi” mi sembra una ripresa di coscienza, un gong che ci ricorda che abbiamo lasciato le chiavi di casa nostra ad altri
11 set 2024 direttore ilfoglio.it lettura3’
Chi ha scritto al Direttore Claudio Cerasa
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Al direttore - Ho apprezzato e condiviso, caro Cerasa, il suo editoriale sulla deriva filopalestinese (e filoiraniana) della subcultura woke. Loro paragonano il massacro del 7 ottobre a una riedizione in grande dell’attentato di via Rasella. In realtà il caso è simile alle stragi di Santa Maria di Stazzema e di Marzabotto con i medesimi assassini e le stesse vittime.
Giuliano Cazzola
A proposito di Iran. Qui si tifa Inter, si sa, ma c’è un interista che andrebbe amato, coccolato e incensato anche da parte di chi l’Inter non la tifa. Lui si chiama Mehdi Taremi, è un attaccante dell’Inter, è iraniano, pochi giorni fa è andato a segno con la sua nazionale contro il Kirghizistan, gol decisivo dopo 34 minuti in una partita valida per le qualificazioni ai Mondiali, e alla fine della partita ha rivolto un messaggio al regime iraniano. Durante la partita, qualcuno dagli spalti gli ha rivolto una parolaccia in lingua persiana, “bisharaf”, utilizzata dai rari tifosi che ritengono alcuni calciatori troppo allineati al regime. “Mi è stato detto di non dire nulla”, ha detto Taremi, “ma bisharaf è una parola scortese. Non possono chiamarci così. Sono altre le persone che hanno fatto precipitare il nostro paese in questa situazione economica, non noi calciatori, sportivi, personaggi famosi. So che la situazione economica del paese è difficile per tutti. Non sono i giocatori a mancare di onore. Non abbiamo rovinato noi l’Iran, il paese che amiamo. Io so che la situazione è peggiorata per tutti, che la gente è sotto pressione e vuole liberarsi di questa rabbia, ma non è giusto che la protesta si rivolga contro di noi. I giocatori stanno dalla parte del popolo e condividono le profonde lamentele”. Più Taremi per tutti, grazie.
Al direttore - Caro Cerasa, ho letto la sua analisi sulla “agenda Draghi”, trovando argomentazioni largamente condivisibili alle quali mi sento di aggiungere qualche considerazione. Devo premettere che ho passato molta parte della mia vita lavorativa interagendo con le autorità Ue, lavorando nel settore privato e fungendo da antenna verso le istituzioni comunitarie. Quella che il presidente della regione Campania definisce “agenda Beautiful” io la definisco da anni “politica frou frou”, leggerina e distante da problemi che vanno affrontati; lo dico con dispiacere perché nei miei contatti con le istituzioni della Ue ho potuto constatare la progressiva perdita di entusiasmo e di obiettivi, ho visto direttori amareggiati per trovarsi impantanati in uno sterile tran tran dopo aver vissuto una stagione precedente di grandi obiettivi. Ritengo che l’ultimo documento pienamente politico della Ue sia stato il cosiddetto “Libro Bianco Delors” sulla competitività, un’èra geologica fa, nel 1992; quell’analisi era lucida, poneva le basi per iniziative che poi sono state messe in campo, ha fatto da base per il compimento degli obiettivi sul mercato interno europeo. Però non è mai stato aggiornato, il mondo è cambiato con ripetute crisi finanziarie, la Guerra fredda è tornata, è stato permesso alla Cina di diventare il nostro produttore principale di beni, ma nessuno di questi temi è stato minimamente affrontato. Ci sono giustificazioni, certo, la necessità di includere le nazioni della ex sfera sovietica ad esempio, ma non bastano a coprire oltre 30 anni di stagnazione politica. Non riesco a considerare le politiche ambientali l’evoluzione politica necessaria, anzi esse sono state utilizzate per coprire problemi o scelte scellerate. L’“agenda Draghi” mi sembra una ripresa di coscienza, un gong che ci ricorda che abbiamo lasciato le chiavi di casa nostra ad altri, che ci siamo illusi di poter campare di finanza dimenticando la produzione, che abbiamo pensato di tenere il giardino di casa pulito allontanando ciò che consideravamo sporco e lasciandolo gestire da qualcun altro. Indipendenza, energetica, produttiva, eccetera, significa che non si può pretendere di avere acqua calda, internet, infrastrutture, mezzi di trasporto e altro facendolo produrre ad altri perché a noi fa schifo avere le dighe, avere le fabbriche con i loro liquami da trattare. Certo, roba che porta problemi, ma problemi che si possono affrontare, se no si continua con l’ambientalismo d’accatto che a tutti i costi vuole mezzi elettrici prodotti in Cina bruciando carbone, ma tanto è lontano e possiamo far finta di non saperlo. Questo pensiero malato è assurto praticamente a religione, e io sono evidentemente un eretico che costoro metterebbero al rogo, non fosse che poi dovrebbero smaltire le ceneri e la cosa li disturba. Mi auguro davvero che l’agenda Draghi segnali un ritorno di consapevolezza, me lo auguro per le mie figlie. Un cordiale saluto.
Maurizio Rotondo
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