Storia Italia "Le va bene, caro amico mio? I due che colpirono Berlusconi alle spalle: il tradimento di Lamberto Dini e l’imbroglio Oscar Luigi Scalfaro

Fra la fine del 1994 e l’inizio del 1995 un tradimento prima e un vero imbroglio poi costarono caro a Berlusconi, che tornò al governo solo nel 2001. Intanto ci fu la guerra della sinistra contro il suo stesso ministro, Mancuso

Tiziana Maiolo — 2 Settembre 2024 ilriformista.it lettura4’

Caro Paolo,

sai quanto siano importanti i ricordi personali, per me lo sono soprattutto le immagini, ho la famosa memoria visiva. Ho due foto stampate nella mente, e hanno la faccia di due che hanno accoltellato Silvio Berlusconi. Siamo alla fine del 1994 e al tramonto del suo primo governo, dopo la clamorosa vittoria del 28 marzo e la conferma del 10 giugno, con quei due milioni di voti in più per Forza Italia. La Lega di Umberto Bossi, tra una sardina e l’altra, si è ormai consegnata agli artigli di Massimo D’Alema e alle astuzie di Rocco Buttiglione.

Le mitragliate del pool di Milano hanno affondato il “decreto Biondi” con il primo tentativo di riforma della giustizia, e poi puntato direttamente al cuore del premier mentre presiedeva a Napoli la prima conferenza internazionale sulla criminalità, con l’invito a comparire consegnato direttamente in edicola nel titolone del Corriere della Sera. Oscar Luigi Scalfaro, immeritato capo dello Stato, tramava fin dall’estate per disarcionare quell’imprenditore di Arcore che aveva osato scalar la politica fino ad arrivare a Palazzo Chigi. Questo lo sapevamo, ma solo di recente, e sono passati trent’anni, in un’intervista di Francesco Verderami sul Corriere della Sera, il cardinale Ruini, che oggi ha 91 anni e che allora era il capo della Cei, ha confermato di esser stato consultato dal Capo dello Stato per un aiuto a far fuori Berlusconi dal governo. Il complotto era nato da subito, quindi. E Bossi, accecato da un’invidia di cui poi si pentirà, ma solo anni dopo, ne è stato lo strumento.

Così, dopo una manifestazione imponente del sindacato contro la riforma sulle pensioni del ministro Lamberto Dini, in aula a Montecitorio il 21 novembre ci sarà uno scontro violento e personale tra due campioni dell’oratoria, Umberto Bossi, ormai icona della sinistra, e il tagliente Gianfranco Fini, che accuserà il leader della Lega di tradimento e sfascismo. Ormai, a quel punto, il piattino al veleno per il premier è bello che cucinato, e racchiude in sé le due mozioni di sfiducia che il Pds da una parte e i Popolari con annessa Lega dall’altra, presentano contro il governo. Il disegno di Scalfaro si sta avverando, anche senza il consenso dei cardinali e della Cei. Berlusconi saprà sottrarsi al voto dell’aula e salirà la sua prima via crucis di tante, fino al Colle più alto. È il 21 dicembre del 1994, il suo primo governo è durato sei mesi.

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È a questo punto che si risvegliano nella mia mente le due immagini-ricordo. Nella prima vedo Lamberto Dini, che diventerà il suo successore a palazzo Chigi, impettito davanti al leader di Forza Italia con la mano sul cuore. Tiene quelle dita ferme, un po’ contratte sulla giacca, poi guarda l’amico negli occhi e sussurra “Silvio, io non ti tradirò mai”. Il suo governo nascerà il 17 gennaio del 1995 e sarà votato dai Progressisti, dal Partito popolare, da Rifondazione e dalla Lega. Il Ribaltone è servito. Silvio, ti tradirò in meno di un mese, disse con gli occhi Lamberto Dini quel giorno. La seconda immagine vede due teste chine su un tavolo, e sul tavolo è posata un’agenda dell’anno di grazia 1995. La mano dell’uomo più anziano sfoglia le pagine, si sofferma sul mese di giugno. “Ecco, onorevole Berlusconi, le garantisco che nel giugno 1995 si potranno tenere le elezioni anticipate. Il governo tecnico non arriverà all’estate. Le va bene, caro amico mio?”, disse il serpente sul colle più alto. Scalfaro aveva servito l’imbroglio. Perché il governo “tecnico” di sinistra durerà un altro anno e poi, quando finalmente il ribaltone sarà compiuto e elezioni garantiranno la svolta, si succederanno ben quattro governi di sinistra, prima che Berlusconi possa tornare al governo. E siamo arrivati al 2001.

Ma prima ci fu quello che oggi considero un momento di debolezza di Forza Italia sulla giustizia, quando non siamo stati capaci di difendere, con in pugno le armi del diritto, il più politico dei tecnici del governo Dini, il ministro guardasigilli Filippo Mancuso, vittima delle purghe staliniane del Pds. Ero prevenuta nei confronti di questo ex magistrato amico di Scalfaro, pure me ne innamorai il giorno in cui per metterlo alla prova, nella mia veste di Presidente della Commissione giustizia della Camera, lo avevo convocato per una relazione sul carcere. Questo signore piccolino si presentò con il suo linguaggio ottocentesco senza un pezzo di carta né un appunto, e tenne una lunga e colta lezione. Contro il carcere, e contro la detenzione preventiva. Dal primo banco della commissione la capogruppo del Pds Anna Finocchiaro, che non era tra i peggiori, lo guardava sbalordita. E cominciò quel giorno la guerra delle forze di sinistra che erano al governo contro il loro ministro. Lo ghigliottinarono senza pietà quando lui inviò ispezioni all’intoccabile pool di Milano dopo il suicidio in carcere di Gabriele Cagliari.

Mancuso si scagliò contro l’“amico” Scalfaro che gli consigliava le dimissioni, e andò al patibolo della prima mozione di sfiducia individuale della storia a testa alta, in Senato.

I senatori di Forza Italia rinunciarono alla battaglia e si allontanarono dall’aula al momento del voto. “Molluschi”, li definì il combattente Mancuso. Lo vendicai io personalmente alla Camera, con un intervento contro il presidente Dini in cui gli presentavo il conto anche per Berlusconi. Il finale? Mancuso cadde, Dini non ebbe vita politica molto più lunga, e gli uomini del pool restarono al loro posto. Questa prima parte della storia finisce così. Quanto a me, nel 2001 ci fu una manina che cancellò il mio nome, prima dalle liste elettorali e poi, nonostante l’impegno di Silvio, anche dalla casella del governo. L’ho perdonato, quello della manina. Anche perché mi aspettavano anni di grande soddisfazione al Comune di Milano, come assessore, prima al fianco di Gabriele Albertini e poi di Letizia Moratti.

Tiziana Maiolo

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura

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