Chi vota alle Europee? Sulla partecipazione al voto europeo pesano due fattori: la situazione geopolitica e i giovani.
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Nei paesi dove la fiducia nell’Europa scende, sono ragazze e ragazzi a mantenere interesse per il progetto. L’Italia rischia la palma dell’euroscetticismo.
DI RICCARDO CESARI IL 06/06/2024 lavoce.info lettura4’
Due modi di guardare all’Europa
È difficile sopravvalutare l’importanza, per il futuro dell’Europa, della tornata elettorale di giugno 2024. Lo stesso Mario Draghi, nel discorso alla conferenza su “European Pillar of Social Rights” lo scorso 16 aprile, lo ha indirettamente fatto capire, parlando della necessità di un “cambiamento radicale”, di una “ridefinizione” dell’Unione non meno ambiziosa di quella che ispirò, 70 anni fa, i padri fondatori della Comunità europea.
Tuttavia, gli oltre 350 milioni di elettori che sono chiamati alle urne nella prima settimana di giugno, pur raccolti dalla storia in un destino comune, sembrano percepire il momento elettorale in modi e con sentimenti molto diversi.
Guardando i dati di opinione dell’ultimo Eurobarometro, la percezione di un’immagine complessivamente positiva della Ue (quesito D78) è massima nei paesi dell’Est e minima in Italia (figura 1). E le motivazioni si possono riscontrare, dai dati della stessa indagine (quesito QA7), nel collegamento che una parte di opinione pubblica sembra vedere tra l’Europa e alcuni disvalori, individuati nella disoccupazione, nella burocrazia, nello spreco di danaro, nella perdita della propria identità culturale, nell’aumento della criminalità e negli insufficienti controlli alle frontiere (figura 2).
Figure visibili nel sito citato sopra
Legenda: NW=Austria, Belgio, Germania, Danimarca, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Olanda, Svezia. Sud=Cipro, Grecia, Spagna, Italia, Malta Portogallo. Est=I rimanenti 12 paesi Ue.
Fonte: Eurobarometro, autunno 2023. Medie delle risposte sul totale ponderate in base al numero di elettori.
Figura 2
Fonte: Eurobarometro, autunno 2023. Medie delle risposte sul totale ponderate in base al numero di elettori.
I paesi dell’Est, entrati nella Ue più di recente (tra il 2004 e il 2013, figure 3 e 4), lungo un processo di espansione estremamente significativo, sia in termini politici che in termini quantitativi, sembrano oggi guardare all’Unione con una maggiore motivazione, ulteriormente rafforzata dalla situazione geopolitica che si è creata dopo l’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022.
Figura 3 – L’espansione territoriale della Ue: 1957 – 2020
Figura 4 – Progressivo inserimento dei paesi: 1952-2013
I giovani, l’Europa e le elezioni
Il giudizio negativo espresso in vari stati è molto disomogeneo tra le diverse componenti della popolazione. In particolare, una forte divaricazione si riscontra tra le classi di età: la componente dei giovani (classe 15-24 anni) ha una visione dell’Europa decisamente più positiva che negativa, soprattutto nell’area continentale (Nord Ovest), dove invece gli anziani (classe 55+) sono i più pessimisti (figura 5).
Figura 5
Fonte: Eurobarometro, autunno 2023. Medie delle risposte sul totale ponderate in base al numero di elettori.
La componente giovanile, composta da circa 23 milioni di nuovi votanti, pari al 6,5 per cento degli elettori, può fare la differenza per segnare un record di partecipazione e confermare l’inversione di tendenza del 2019, quando dal minimo storico di votanti del 2014 (42,6 per cento con il Regno Unito e 43,5 per cento senza) si è passati al 50,7 per cento (52,4 per cento senza Regno Unito).
Il fatto che numerosi paesi abbiano abbassato l’età minima per votare è parte della strategia di rilancio. Recentemente lo hanno fatto il Belgio (nel 2022) e la Germania (lo scorso anno): con Malta (dal 2018) e Austria (dal 2007), tutti questi paesi hanno l’età minima a 16 anni. In totale, inclusa la Grecia che dal 2014 ha un’età minima a 17 anni, il peso dei paesi in cui si può votare anche sotto i 18 anni ha raggiunto un quarto del totale.
E in Italia?
Il caso italiano sembra invece tra i più preoccupanti. Il nostro paese mostra una relativa maggiore disaffezione anche tra i giovani, con l’effetto conseguente di una costante e continua caduta della partecipazione al voto, passata dal record della prima votazione del 1979 (86 per cento) al minimo storico dell’ultima, nel 2019 (55 per cento).
Nel complesso, i dati sembrano suggerire che la partecipazione al voto sarà in crescita nell’Est europeo, sostanzialmente stabile nelle aree “core”, dove l’idea di Europa è nata e ha preso forma, e in calo in Italia.
Infatti, sebbene il livello del reddito continui a essere la principale determinante della decisione di andare a votare, come si nota dalla forte correlazione tra livello relativo del reddito pro-capite e tasso di partecipazione (figura 6 – si veda anche qui e qui), non è improbabile che i fattori generazionali e quelli geopolitici convergano per ridare spinta alla partecipazione al voto europeo, come segno di un rinnovato interesse, da parte degli elettori, per il progetto dell’Europa unita. Viceversa, in questo quadro, l’Italia potrebbe segnalarsi per un nuovo picco di euroscetticismo in piena contraddizione con il suo ruolo e la sua storia, dalla fondazione nel dopoguerra alla prima entusiastica votazione di quasi mezzo secolo fa (figura 7).
Figura 6 Figura 7
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Commenti
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SONO QUELLI PIÙ SCHIERATI A FAVORE DEL MOVIMENTO SUNNITA. ALLA DOMANDA SU DI CHI SIA LA RESPONSABILITÀ DELLA GUERRA IN MEDIO ORIENTE, SOLO IL 19% PENSA CHE A CAUSARE IL CONFLITTO SIANO STATI I TERRORISTI PALESTINESI (IL DATO PIÙ BASSO DI TUTTA EUROPA). IL 22% DISCONOSCE IL POGROM DEL 7 OTTOBRE E RITIENE CHE SIA COLPA DI ISRAELE. IL 48 %, CERCHIOBOTTISTA, DÀ LA COLPA AD ENTRAMBI... dagospia.com
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