1-Le cause. L’inaccettabile equiparazione tra Israele e Hamas è responsabilità di Netanyahu
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2--Opposte rimozioni. La tempesta antidemocratica che rischiamo di non vedere
21.5.2024 Francesco Cundari, linkiesta.it lettura4’
Dietro la decisione del procuratore capo della Corte penale internazionale c’è la spregiudicata manovra con cui, con il pieno sostegno dell’amministrazione Trump, il primo ministro israeliano ha scommesso sul rafforzamento di Hamas per delegittimare l’Anp e rimuovere ogni possibilità di uno stato palestinese, dando man forte all’espansione del movimento dei coloni. Lo scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette
La decisione del procuratore capo della Corte penale internazionale di chiedere l’arresto dei vertici di Hamas, per i massacri del 7 ottobre, e del governo israeliano, per la guerra di Gaza, ha un valore politico e simbolico difficile da sottovalutare, che viene prima di ogni considerazione giuridica, etica o storica. Ma l’inaccettabile equiparazione tra Hamas e Israele, che ha suscitato le indignate proteste degli Stati Uniti, è forse più la causa, che non la conseguenza, della decisione. Ed è in larghissima misura responsabilità di Benjamin Netanyahu e delle scelte compiute da lui e dal suo governo dopo il 7 ottobre, ma anche prima, per ragioni di cui anche qui ho già parlato tante volte. Ragioni che si possono riassumere nella spregiudicata manovra con cui di fatto, con il pieno sostegno dell’amministrazione Trump, il primo ministro israeliano non ha esitato a scommettere sul rafforzamento di Hamas per delegittimare l’Anp e rimuovere dal quadro ogni possibilità di uno stato palestinese, dando man forte nel frattempo all’espansione e alle violenze del movimento dei coloni.
Vedere sullo stesso ideale banco degli imputati da un lato Yahya Sinwar, Mohammed Deif e Ismail Haniyeh, rispettivamente capi militari (i primi due) e leader politico (il terzo) di Hamas, dall’altro il capo del governo israeliano e il suo ministro della Difesa, Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant, è scioccante. Ed è difficile dire se in questa immagine colpisca di più la legittimazione di Hamas o la delegittimazione di Israele. Le proteste dei massacratori del 7 ottobre per quella che definiscono – loro – un’ingiusta equiparazione tra vittime e carnefici non fanno che sottolinearne il successo politico. Ma il processo di legittimazione e normalizzazione di Hamas, cioè della dichiarata volontà genocida nei confronti di Israele (loro direbbero più semplicemente degli ebrei), era già molto avanti nel dibattito pubblico occidentale ed era ben visibile in tante manifestazioni pro Palestina, al di là di tutte le contrapposte strumentalizzazioni politiche, specialmente tra i giovani. Un’eredità con cui dovremo fare i conti per chissà quanto tempo.
-Opposte rimozioni. La tempesta antidemocratica che rischiamo di non vedere
La vulnerabilità dell’ordine costituzionale in America e in Italia non è uno scherzo, e i due Paesi non sono affatto a prova di dittatore, scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette
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Ezio Mauro solleva su Repubblica la questione decisiva della politica di oggi, a partire da un editoriale dell’Economist in cui ci si domanda, dinanzi alla concreta possibilità che Donald Trump torni alla Casa Bianca, se l’America sia a prova di dittatore. Il punto, scrive Mauro, è che «l’ordine costituzionale è vulnerabile», negli Stati Uniti e anche in Italia.
Basterebbe a dimostrarlo, aggiungo io, il fatto che gli ammiratori di Trump siano oggi al vertice del governo (e anche, in parte, dell’opposizione), senza essersi mai sognati di dirgli una parola di critica nemmeno dinanzi al suo rifiuto di riconoscere la sconfitta elettorale del 2020 e al conseguente assalto al Parlamento del 6 gennaio 2021.
Secondo Mauro la differenza fondamentale tra Stati Uniti ed Europa è che «l’America ha timore di nominare la società» mentre «l’Europa è titubante quando deve definire la politica». Una divaricazione dei tabù conseguenza del fatto che l’America fa ancora i conti con l’eredità puritana (da cui deriva l’ossessione del politicamente corretto), mentre l’Europa non ha ancora elaborato l’esperienza dei totalitarismi del Novecento. Per questo motivo, secondo Mauro, noi europei «fatichiamo a considerare nella sua sostanza e nella sua portata il concetto di guerra, a valutare lo scandalo storico, politico e morale dell’invasione russa in Ucraina, a denunciare l’orrore del pogrom terroristico di Hamas il 7 ottobre e la tragedia degli ebrei ostaggi mentre condanniamo il massacro israeliano dei palestinesi a Gaza, a riformulare la nozione di giustizia nel fuoco dei due conflitti».
Avendo smarrito ogni criterio comune di distinzione tra Bene e Male, insomma, non riusciamo ad accettare la nostra responsabilità dinanzi alle crisi aperte nel mondo, e allo stesso modo rifiutiamo di vedere i pericoli che abbiamo in casa. Cioè quella tentazione che l’Economist chiama «l’impulso autoritario» e può spingere le destre a non accontentarsi del potere legittimo che si sono conquistate, e a cercarne quote supplementari modificando gli equilibri costituzionali. Tutto questo, scrive Mauro, «sta già avvenendo, mimetizzato dentro una lunga messa cantata che accompagna l’incedere della destra e lo circonda con una costante riduzione di senso, un’indifferenza di significato, un minimalismo di Stato, una spoliazione concettuale dei termini usati per definire la realtà, in modo che i comportamenti non abbiano la forza di interpellare i loro protagonisti, mentre nel senso comune si alza ogni giorno la soglia di ciò che è compatibile e si abbassa il limite dell’inaccettabile».
Parole che mi sentirei di sottoscrivere, purché accompagnate da una domanda: quanta parte di questo discorso potrebbe – anzi, dovrebbe – essere rivolta alla sinistra, e prima ancora agli intellettuali e alla stampa progressista, per il modo a dir poco corrivo con cui hanno accompagnato l’incedere del populismo grillino, circondandolo di una costante riduzione di senso, un’indifferenza di significato, una spoliazione concettuale dei termini usati per definire la realtà, in modo che i comportamenti non avessero la forza di interpellare i loro protagonisti, mentre nel senso comune si alzava ogni giorno la soglia di ciò che era compatibile e si abbassava il limite dell’inaccettabile?



Commenti
1. MOLTI MANDATI DI CATTURA NESSUN LEADER IN MANETTE
Estratto dell’articolo di Vittorio Sabadin per “il Messaggero”
dagospia.com
21 MAG 2024, ilfoglio.it
Il ministro degli Esteri contrario alla richiesta del procuratore della Corte penale internazionale: "Così si alimenta l'antisemitismo. No all'invasione di Rafah". E sul dopo Raisi in Iran dice: "Chi ne prenderà il posto si impegni per la stabilità della zona e per la pace"
Sullo stesso argomento:
La giustizia modello Corte penale è una roba per idioti incapaci di crescere e pensare
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"Èdel tutto inaccettabile che si mettano sullo stesso piano Hamas e Israele, i capi del gruppo terroristico che ha avviato la guerra di Gaza massacrando cittadini innocenti e i capi del governo eletto dal popolo di Israele. È assurdo che il procuratore abbia solo concepito questo parallelismo". Il ministro degli Esteri Antonio Tajani commenta così la richiesta di arresto da parte della Corte penale internazionale nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu e dei leader del gruppo terroristico palestinese. Parlando con il Corriere della sera dice di essere contrario all'invasione di Rafah da parte di Israele ma invita anche a fare "attenzione a non legittimare posizioni anti-israeliane che possono alimentare fenomeni di antisemitismo".
"Siamo per il cessate il fuoco immediato e per la possibilità di fornire aiuti umanitari e di salvaguardare le vite dei civili. Ma nello stesso tempo difendiamo il diritto di Israele a esistere e siamo per una politica dei due popoli e due Stati", aggiunge Tajani, rivelando di essere "favorevole a inviare nostri soldati in una possibile missione Onu sotto il comando di un Paese arabo - come è stato proposto - per preparare il campo alla nascita di uno Stato palestinese. La nostra presenza potrebbe essere molto importante, perché siamo graditi sia agli israeliani sia ai palestinesi, come lo siamo per i serbi e gli albanesi in Kosovo"".
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