L'EDITORIALE DEL DIRETTORE Il dito è Roberto Vannacci, la luna è Matteo Salvini. Un manifesto rivelatore
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Manifesto parole: Le prime due: voto Lega. Le altre quattro: più Italia, meno Europa. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere.
CLAUDIO CERASA 27 APR 2024 ilfoglio.it lettura2
Il problema della campagna elettorale leghista non è ciò che dirà il generale, ma è ciò che ha già detto, o meglio scritto, il leader della Lega: l'Europa che gli piace tanto è la stessa che sogna anche il presidente russo Vladimir Putin
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Il dito si chiama Vannacci, la luna si chiama Salvini. All’interno dell’appassionante, si fa per dire, corsa che accompagna l’Italia alle elezioni europee, c’è una gara molto speciale che a un mese e mezzo dal voto ha già un vincitore chiaro, netto. La gara è quella che vede i vari leader di partito impegnati a usare la campagna delle europee per offrire generosamente il peggio di sé. E in questa particolare competizione colui che rischia, come l’Inter, di vincere il titolo con molte giornate di anticipo è, per distacco dagli avversari, il leader della Lega: Matteo Salvini. Ieri, comprensibilmente, si è ironizzato molto sulla scelta del vicepremier di candidare, nel giorno della celebrazione del 25 aprile, una nuova icona dell’anti antifascismo (ma volendo, i più maliziosi possono eliminare entrambi gli anti), che risponde al nome del generale Vannacci. Salvini, probabilmente, lo ha fatto, oltre che per raccogliere voti, anche per provare a inserire in una speciale competizione che potremmo definire il T-Factor, il Truce Factor – scegli il politico più truce della campagna delle europee – un’alternativa a se stesso. Ma l’eroico tentativo di Salvini difficilmente riuscirà a prendere forma, perché ciò che ha fatto negli ultimi giorni il leader della Lega, per aggiudicarsi il premio, il T-Factor, basta e avanza. Il problema della campagna elettorale leghista non è ciò che dirà Vannacci, ma è ciò che ha già detto, o meglio scritto, Salvini. E per capire di cosa stiamo parlando è sufficiente alzare gli occhi da terra, mentre si passeggia in città, e osservare con attenzione il messaggio che il vicepremier, senza sprezzo del ridicolo, ha scelto di affiancare al suo volto. Sei parole. Le prime due: voto Lega. Le altre quattro: più Italia, meno Europa. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere.


