“Il populismo nasce dal giustizialismo, dai tempi di Peròn"Martelli: “Vedo leaderini, Calenda e Renzi

non mi convincono, meglio Magi. Il governo ha fatto poco”. Nordio deve tornare a fare Nordio,

15.3.2024 Aldo Torchiaro, ilriformista.it lettura4’

“Nordio deve tornare a fare Nordio, cambiare il sistema si può e si deve. Prima c’era la politica, oggi solo i politici. Con troppi personalismi”

Martelli: “Vedo leaderini, Calenda e Renzi non mi convincono, meglio Magi. Il governo ha fatto poco”

Claudio Martelli, l’enfant prodige che accompagnò Bettino Craxi come vicesegretario del PSI negli anni della leadership socialista ruggente, ci parla di riforme istituzionali e di come i riformisti di oggi siano diversi da quelli di ieri.

«La Fondazione Nenni che ho l’onore di presiedere pubblicherà il carteggio Moro/Nenni padri dell’unico vero riformismo italiano, quello cattolico e socialista. Leggendolo non solo non si può non ammirarne la serietà e la qualità intellettuale e morale, cioè politica, di due grandi leaders e di converso non restare sconfortati guardando ai presunti riformisti di oggi».

Azione, Italia Viva e Più Europa devono mettersi insieme per le Europee? Perché da soli rischiamo di non mandare in Europa, paradossalmente, i più europeisti…

«Se Calenda e Renzi continuano così una risata li seppellirà. Dovrebbero smetterla di baruffare e affidare la guida dell’alleanza a Emma Bonino e Riccardo Magi che sanno cos’è l’Europa e come cambiarla».

Esiste lo spazio di un centro? Moderati, riformisti possono confluire in un progetto unitario?

«Scusa ma non ne posso più di balletti e alchimie».

Forza Italia esce rafforzata dai test delle regionali. Può essere Tajani a ritagliarsi il ruolo di federatore del centro liberale?

«Apprezzo Tajani ma non credo proprio che uscirà dal perimetro dell’attuale maggioranza».

Riforme istituzionali, la Grande riforma del premierato. Di grande riforma iniziò a parlare il PSI, negli anni d’oro…

«Per noi era il tentativo di dare vita a una democrazia governante, cioè in grado di governare: dare un mandato a governare il più possibile diretto da parte degli elettori. Con l’elezione diretta dei vertici: Presidente della Repubblica o Presidente del Consiglio. Una grande riforma delle istituzioni repubblicane, anche perché già allora c’era uno scompenso evidente di autorevolezza tra un Presidente di Regione e il presidente del Consiglio. Aveva più stabilità».

Da lì può venire il modello del Sindaco d’Italia

«La formula non è mia ma di Mario Segni. È stato lui ad inventarla, insieme a tante cose ben pensate e decisamente spinte al cambiamento. Di lui, sorridendo, si dice: ‘ha vinto la lotteria e poi ha perso il biglietto’. Può anche essere, ma non tutto quel che ha fatto è stato saggio. Promosse quel referendum sulla preferenza unica che ha destrutturato tutti i partiti. Il poter dare tre, quattro, cinque preferenze costringeva tutti i gruppi a fare accordi e dunque teneva insieme i partiti. Nel momento in cui si può dare una sola preferenza, è venuta meno la solidarietà interna. Ciascun per sé e Dio per tutti. E così avvenne l’implosione».

E i partiti non si sono più ripresi…

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CLAUDIO MARTELLI

«Prima c’era la politica. Oggi c’è troppo personalismo, ci sono più leaderini che leader. Intendiamoci: non che nella prima Repubblica non ci fosse un ruolo rilevante dei leader politici, ma non c’era la personalizzazione di oggi. Prima venivano le idee, oggi le figurine. Il leader deve avere il suo ruolo ma deve essere continuamente temprato dal confronto con i suoi pari. Ci deve essere una classe dirigente che va consultata e ascoltata. Craxi lo faceva, eccome».

A proposito di storia: mancò un po’ di coraggio regionalista nella prima repubblica?

«La riforma delle Regioni è del 1970, poi c’è stato uno stravolgimento. Non erano state pensate come organi amministrativi, dovevano essere parlamenti regionali per dare gli indirizzi di fondo, invece sono diventati centri di spesa, hanno iniziato a occuparsi di sanità l’hanno monopolizzata e i risultati si son visti».

Preoccupato per l’Autonomia differenziata?

«Sì, così com’è non mi convince. D’altronde gli architetti del disordine sono sempre attivi, anche quando non li vediamo».

Chi sono?

«Per esempio Salvini. Le trova tutte lui le cose che possono dividere. Vive di visibilità, non vive d’altro. E ha consumato un patrimonio. Giorgia Meloni lo divorerà».

Forza Italia invece tiene.

«Sì perché ha un elettorato moderato e berlusconiano che non confluirà in FdI».

Come si esce da questo impasse sulle riforme?

«Con il correttivo del doppio turno, sarebbe auspicabile. Ma la destra non lo vuole, per la vecchia convinzione che l’elettorato di centrodestra non vuole essere scomodato due domeniche di seguito. Non so se sia più vero».

Costringerebbe a polarizzare di meno e a trovare un compromesso al centro.

«Oggi sarebbe difficile, lo era quando Forza Italia era egemone al centro».

Vede una polarizzazione permanente?

«Dipende da tante cose, da questo governo, da quel che riesce a fare: per il momento poco. Sul governo in carica vedo più ombre che luci. Giorgia Meloni è vivace e spigliata, ha le basi politiche. Di idee completamente opposte alle mie, ma le riconosco l’esperienza».

Giustizia. Il golpe strisciante di Mani Pulite. Si possono fare i conti con la storia?

«Finché non saranno fatte le riforme annunciate dallo stesso Nordio non si potrà dire di aver vinto la partita, di aver vinto sul giustizialismo. Che è alla base del populismo. Non a caso nella storia il primo partito populista, quello di Peròn, si chiamava Partito Giustizialista. La giustizia popolare è per definizione sbrigativa, agitano il cappio, risolvono tutto inasprendo le pene».

Nordio deve tornare a fare Nordio.

«Se Nordio fa Nordio cambia tutto. Le due cose fondamentali sono i limiti alla carcerazione preventiva e la separazione delle carriere. Il punto è che il giudice deve essere terzo. Diverso e distinto dagli avvocati difensori e dagli accusatori, che rappresentano l’accusa e non vanno confusi con la magistratura giudicante. I giudici devono essere intoccabili».

Guardiamo al futuro con ottimismo?

«Sì. Ma attenzione: l’ottimismo è un lievito positivo ma non di rado induce a mantenere lo status quo».

Aldo Torchiaro

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