Echo chamber Non saranno la cultura del linciaggio e il fanatismo pedagogico a fermare la violenza (di qualunque genere)

La sacrosanta campagna sull’importanza di educare i figli maschi a rispettare le donne, invece che le figlie femmine a stare attente, si è tramutata..

20.11.2023 Francesco Cundari linkiesta.it lettura3’

La sacrosanta campagna sull’importanza di educare i figli maschi a rispettare le donne, invece che le figlie femmine a stare attente, si è tramutata in un fiume di accuse alla famiglia del presunto responsabile dell’ennesimo femminicidio. Quasi che l’educazione fosse una forma di ingegneria genetico-pedagogica

Da due giorni i social network e gran parte dei mezzi di comunicazione sono occupati da una folla in cerca di un capro espiatorio. Una reazione che solo in parte può essere attribuita a un moto di sincera indignazione dinanzi alla notizia dell’ennesima donna, Giulia Cecchettin, assassinata in modo atroce.

Da due giorni politici, giornalisti e personaggi dello spettacolo fanno a gara per contendersi i favori di quella folla, soffiando sul fuoco che dovrebbero invece cercare di circoscrivere. Penso per esempio a come, in un attimo, la sacrosanta campagna sull’importanza di educare i figli maschi a rispettare le donne, invece che le figlie femmine a stare attente, si sia tramutata nell’orrendo fiume di accuse e insulti rivolti alla famiglia del presunto responsabile dell’ultimo, ennesimo, orribile femminicidio.

Sì, ho detto «presunto», anche se per l’ora in cui questo articolo sarà online potrebbe anche avere già confessato: pazienza, è un piccolo tributo che pago volentieri alla civiltà del diritto, e se lo pagassimo tutti più spesso l’Italia sarebbe un posto migliore (e comunque, in compenso, ho detto «femminicidio», un po’ perché sono un vile e un po’ perché si può combattere solo una battaglia alla volta).

Prendersela con i genitori del presunto assassino, persone precipitate in questo momento in un abisso di angoscia e di dolore che noialtri non possiamo nemmeno immaginare, non denota soltanto una spaventosa mancanza di sensibilità. È anche il frutto di una certa concezione del potere delle parole, della retorica e delle prediche – è l’altra faccia del fanatismo per le nuove ortodossie linguistiche oggi tanto di moda – quasi che l’educazione fosse una forma di ingegneria genetico-pedagogica, capace di programmare un essere umano come un computer. Come se un uomo di ventidue anni non fosse responsabile delle proprie azioni. Come se davvero, per cancellare la violenza dal mondo, bastassero genitori più attenti, e magari qualche ora in più di educazione civica, educazione sessuale o educazione sentimentale (ma poi resteranno cinque minuti per fare anche un po’ italiano e matematica?).

Il dolore incommensurabile e inconcepibile dei famigliari della vittima non sarà certo alleviato da un simile spettacolo, come del resto confermano le parole altissime con cui alcuni di loro hanno espresso solidarietà ai genitori del ragazzo che è appena stato arrestato. Parole che dovrebbero far riflettere i tanti che in questi giorni si sono messi in caccia di un qualche fantoccio da bruciare sulla pubblica piazza per esorcizzare il male che ci circonda: prima rivolgendosi contro le famiglie, poi contro la scuola, poi contro la destra (da sinistra) o la sinistra (da destra), poi contro la politica tutta, infine contro gli uomini in generale.

Possibile che tra tanti discorsi sulla mascolinità tossica, la cultura dello stupro e l’importanza dell’educazione, nessuno si renda conto di quanto diseducativa e contraddittoria sia una simile reazione collettiva – intrisa di una violenza cieca, figlia di quella stessa incapacità di vedere le sofferenze inflitte agli altri in nome del proprio dolore, vero o presunto, che caratterizza tanti casi di cronaca – eppure così comune e diffusa in Italia (in tutto il mondo, certo, e specialmente sui social network, ma in Italia di più)? La chiamerei la cultura del linciaggio.

La logica delle camere d’eco tipica dei social network, com’è noto, fa sì che ciascuna bolla si radicalizzi fino a produrre la versione di sé più insopportabile per gli altri. E così proprio dove ci sarebbe più bisogno di quel cambiamento educativo e culturale di cui tanto si parla si generano invece solo chiusure preconcette, atteggiamenti difensivi e pure di peggio, e dove non ce ne sarebbe bisogno si fa a gara nel fingere di autoflagellarsi per meglio flagellare gli altri, bruciando i ponti su cui dovrebbero passare gli educatori di domani.

Dinanzi a questo genere di reazioni politici e giornalisti dovrebbero usare la propria influenza per calmare gli animi e far ragionare le persone, non per aizzarle, il che alla lunga non è neanche detto che farebbe prendere loro meno voti o vendere meno copie, ma nell’immediato è sicuro che farebbe prendere loro meno cuoricini.

E quindi.

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