Tra Washington e Volturara Appula Il Pd non sfila con gli antisionisti, ma ancora non si libera di Conte
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Schlein non ha partecipato alla manifestazione romana che individua in Israele il “colpevole” della catastrofica situazione in Medio Oriente.
28-10-2023 Mario Lavia. Linkiesta.it lettura2’
Ma tra i suoi dirigenti c’è un gruppo che si sente “tradito” dalla segretaria
Se si reggesse sul cosiddetto campo largo probabilmente il governo italiano ieri sarebbe caduto. Come sempre il problema è sulla politica estera.
Ancora una volta è un conflitto a dividere il Partito democratico dal partito personale di Giuseppe Conte tuttora denominato “Movimento 5 stelle” ed è la piazza a sancire la spaccatura dell’opposizione, un po’ com’era stato sull’Ucraina, con i dem che non sono andati alla manifestazione “pacifista” sostanzialmente equidistante, e l’avvocato del popolo invece baldanzosamente presente.
L’iniziativa romana non è stata un granché dal punto di vista della partecipazione. Il clima, come si dice, non è montato. Però l’iniziativa si è sentita ed è finita sui telegiornali. Alla fine in piazza c’erano i soliti gruppi dell’ala più anti-occidentale del pacifismo e dunque, malgrado tutti gli sforzi per far apparire il contrario, sbilanciati a favore delle “ragioni” dei palestinesi (per carità: innegabili) e molto inclini a individuare in Israele il “colpevole” della catastrofica situazione in atto.
Elly Schlein non è caduta nella rete arcobaleno nella quale i segni estremistici c’erano tutti, pur celati dietro la rituale parola d’ordine della “pace” e della formula “due popoli due Stati”: cose che non si possono non condividere, semmai il punto è come costruire le condizioni per arrivarci, e in questo quadro si pone un problema sull’intensità della condanna del pogrom del 7 ottobre – intensità abbastanza illanguidita dalla genericità della piattaforma. Nella quale anzi ci è parso di capire si richiamasse anche un precedente documento in cui si menzionava una «resistenza palestinese», locuzione demenziale che la dice lunga sull’orientamento dei manifestanti.
La leader del Partito democratico non c’era, dunque, e tantomeno c’è stata un’adesione formale o informale del partito, ma solo “cani sciolti”, dirigenti in piazza a titolo personale, i più estremisti – Marco Furfaro, Marina Sereni (un tempo moderata fassiniana), comunque membri della segreteria nazionale, non militanti qualunque. Ebbene tutti questi – da non dimenticare Susanna Camusso – con la loro presenza hanno evidentemente voluto dare alla galassia “pacifista” il segnale che loro ci sono: perché nell’album di famiglia ci sono anche quelli, con relativi voti. E c’erano anche Maurizio Landini, Angelo Bonelli, Sinistra Italiana, un gran parlare di «percorsi» e di «dialogo» (ma fra chi?), riferimenti a Papa Bergoglio e tanta voglia di pace (ma come costruirla?).
Schlein no. Lei magari non ha la forza di prendere espressamente le distanze, però non c’era: in sintonia con il gruppo che sta dettando la politica estera – Lorenzo Guerini, Enzo Amendola, Lia Quartapelle, Alessandro Alfieri, Piero Fassino, e anche Peppe Provenzano era assente – tutti rigorosamente lontani dalla piazza “arcobaleno”, e tuttavia quei dirigenti di primo piano che c’erano non hanno voluto perdere i contatti con un mondo affine ai dem e conteso loro dall’avvocato del popolo pacifista, sempre più reincarnato nel ruolo di capo della sinistra più radicale, lui, l’uomo dei decreti sicurezza e del patto di potere con Matteo Salvini, ultima triste evoluzione del trasformismo italico.
Ma il problema ieri il Partito democratico lo ha solo abilmente scansato – con la furbizia della segretaria che non va, ma i suoi proches sì – ma non risolto, se è vero che nel suo mondo ribollono posizioni latamente o esplicitamente antiamericane e antisraeliane.
In fondo l’Arci, la Cgil, le tante associazioni pacifiste sono strapiene di iscritti e elettori del Partito democratico che probabilmente sono lo zoccolo duro schleiniano oggi “tradito” dalla segretaria – che tiene botta su una linea “bideniana”.
E il problema politico del Nazareno si chiama ancora Conte avvocato Giuseppe, l’uomo nero dell’opposizione, l’inaffidabile corsaro in grado di solcare tutti i mari e approdare in tutti i porti pur di salvare la pelle da un declino politico che tutto sarebbe tranne che ingiusto, per un politico così.