L’autocomplotto. Meloni spreca il lavoro di Draghi e si illude di poter spezzare le reni ai franco-tedeschi

La premier vive l’Europa e i leader democratici come un impaccio, quindi Macron e Scholz non si fidano di lei

Mario Lavia 25.9.2023 linkiesta.it lettura2’

nvece di continuare a fare una politica comune con gli alleati, come l’esecutivo precedente, il governo insiste con il nazionalismo e le polemiche al posto degli accordi.

C’è stato un tempo, sembra un secolo ma è stato solo poco più di un anno fa, nel quale il presidente del Consiglio italiano teneva un vertice in una carrozza ferroviaria con il presidente della Repubblica francese e il Cancelliere tedesco. Era il 16 giugno 2022, Mario Draghi, Emmanuel Macron e Olaf Scholz si stavano dirigendo in Ucraina per confermare il massimo sostegno a Volodymyr Zelenski: e quella foto la ricordiamo tutti, era l’emblema della centralità del nostro Paese in Europa.

Adesso, un anno e due mesi dopo, i nuovi governanti italiani vogliono spezzare le reni proprio alla Francia e alla Germania e naturalmente è l’Italia ad andare al tappeto. Dopo aver incrinato più volte le ottime relazioni con Parigi, tra l’altro suggellate dal Trattato del Quirinale firmato da Draghi e Macron, in queste ore Roma è presa a sberle dalla Germania che ieri le ha impartito una lezione non da poco.

Il governo italiano, con il ministro della Difesa Guido Crosetto, che di solito è più prudente, aveva duramente attaccato la decisione del governo di Scholz di stanziare settecentonovanta mila euro per la Ong tedesca “Sos Humanity”, attiva nelle operazioni di soccorso nel Mediterraneo.

«È molto grave. Berlino finge di non accorgersi che, così facendo, mette in difficoltà un Paese che in teoria sarebbe “amico”», aveva tuonato Crosetto tra l’altro implicitamente confermando che le Ong sono considerate dal governo italiano un pull factor e beccandosi un’ottima replica tedesca: «Salvare i migranti è un dovere giuridico, umanitario e morale».

È evidente che l’Italia si è ormai infilata nella morsa franco-tedesca (in altre parole: l’Europa) a causa dell’incapacità del governo Meloni di sviluppare una politica comune preferendo invece insistere sulla strada del nazionalismo che è in sé antieuropeo. Polemizziamo laddove si tratterebbe di accordarsi. Ma non c’è niente da fare.

Giorgia Meloni è una nazionalista che vive l’Europa come un impaccio, un cappio al collo, con lo stesso complesso d’inferiorità che sul piano della politica nazionale ha la sua destra post-missina verso i partiti antifascisti. Per questo Macron e Scholz, semplicemente, non si fidano di lei. La contrastano e la ostacolano fino al punto di andare oltre e compiere atti inaccettabili come quelli dei francesi alla frontiera di Ventimiglia.

E non è possibile che tocchi sempre al Capo dello Stato metterci ogni volta una pezza e ricucire con i due Paesi più importanti del Continente. Ma è vera anche un’altra cosa che ha a che fare, come sempre con la Meloni, con la sua psicologia. La presidente del Consiglio non riesce ad avere un rapporto sereno con i grandi leader democratici, c’è sempre uno scetticismo di fondo, come una impazienza trattenuta, un permanente retropensiero negativo.

È probabile che la famosa foto scattata in India con Joe Biden che la prende per mano non sia piaciuta al suo mondo di riferimento e forse nemmeno tanto a lei: ma come, mano nella mano con uno “di sinistra”, si sarà chiesto esterrefatto un certo mondo trumpiano di casa nostra che l’ha votata.

Per questo a New York avrà voluto evitare un’altra foto disertando il ricevimento offerto dal presidente americano – al di lì della scelta della pizzeria e degli spaghettoni – ed infatti è stato il suo stesso entourage che ha spiegato così quella assenza: «Non c’era bisogno di un’altra photo opportunity».

Quindi qui il problema non è solo, anche se pesa molto, l’antieuropeismo del vicepremier – certo, Matteo Salvini che invita Marine Le Pen a Pontida è uno sgarbo pesante a Macron, e l’intesa tra lo stesso Salvini e i neonazisti di Alternative für Deutschland non può certo piacere a Scholz – ma il problema è lei, la nazionalista che pretende l’aiuto dell’Europa quando le fa comodo, la teorizzatrice dell’identità e di un patriottismo non alla maniera liberale ma premessa dell’urto con le altre nazioni.

C’è dunque un complotto anti-italiano? Questi si pensa in ambienti di governo, esattamente come lo si pensava nel 2011, protagonisti sempre Francia e Germania (i famosi sorrisini di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy all’indirizzo del Berlusconi sfascia-bilanci), ma non è altro che il solito vittimismo infantile della destra per la quale è sempre colpa di qualcun altro – l’Europa, il Quirinale, le banche, i sindacati – se non riesce a risolvere i problemi, invece di rendersi conto che è la loro stessa macchinazione nazionalista a far scattare la tagliola franco-tedesca.

Ora bisognerà spegnere anche questo incendio con la Germania, dopo che Sergio Mattarella si era speso tanto in questo senso in occasione della visita in Sicilia del presidente tedesco Steinmeier. Intanto l’Italia continua a perdere terreno, altro che «siamo più ascoltati», come ha detto Giorgia nell’intervista a senso unico al Tg1 dell’altra sera. La verità è opposta: il cielo europeo della premier si sta rapidamente e pericolosamente rannuvolando. E quel treno con Draghi è sempre più lontano.

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