FU ENRICO LETTA A CONSIGLIARE GIORGIO NAPOLITANO DI NOMINARE MARIO MONTI A CAPO DEL GOVERNO

IL COLLE AVREBBE PREFERITO UN PASSO INDIETRO DEL SATRAPO DI ARCORE A FAVORE DEL SUO MINISTRO DEL TESORO, GIULIO TREMONTI

24.9.2023 Dagoreport, dagospia.com lettura2’

METTENDO ALLA PORTA SILVIO BERLUSCONI. QUANDO LA SITUAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA DEL PAESE PRECIPITÒ, IL COLLE AVREBBE PREFERITO UN PASSO INDIETRO DEL SATRAPO DI ARCORE A FAVORE DEL SUO MINISTRO DEL TESORO, GIULIO TREMONTI - MA IL DECISIONISMO DI RE GIORGIO NON AVEVA FATTO I CONTI CON L’EGO ESPANSO DI RE SILVIO, INCAPACE DI CEDERE LA SCENA - “BRUCIATA” L’IPOTESI TREMONTI PREMIER, CHE FARE? SCIOGLIERE LE CAMERE E ANDARE AL VOTO, SAREBBERO PASSATI ALMENO SEI MESI E CON LO SPREAD ARRIVATO A 550, L’ITALIA RISCHIAVA LA BANCAROTTA. A QUEL PUNTO…

 

Ecco come, nel 2011, spuntò l’idea a Giorgio Napolitano di nominare Mario Monti a capo del governo, mettendo alla porta Silvio Berlusconi. Nomina che il centro-destra, furioso, liquidò e liquida al pari di un “golpe” del Quirinale, da una parte; dall’altra, il governo di Monti fece e fa incazzare Achille Occhetto e Pierluigi Bersani, ancora convinti che le dimissioni a colpi di spread del Cavalier Pompetta dovessero portare allo scioglimento delle Camere e alle elezioni, con la conseguente vittoria del Partito Democratico.

.. e quando la situazione economico-finanziaria del paese precipitò - con i tassi di interesse così alti, si rischiava di non pagare gli stipendi pubblici -, il Colle avrebbe preferito l’addio del Satrapo di Arcore per sostituirlo sulla prima poltrona di Palazzo Chigi dal suo ministro del Tesoro Giulio Tremonti, che da via XX Settembre aveva la regia del bilancio scassato dello Stato.

Ma il decisionismo di Re Giorgio (insieme a Cossiga e Scalfaro, il presidente più interventista) non aveva fatto i conti con l’ego espanso di Re Silvio, incapace di pensare il mondo senza se stesso al centro della scena. Infatti non si è mai preoccupati di lasciare spazio a un vero successore in Forza Italia.

Una volta avvisato da Gianni Letta e Renato Brunetta di alcuni colloqui tenuti riservatissimi tra Napolitano e Tremonti, al Berlusca si rizzarono i capelli trapiantati: ferito nell’amor proprio, cancellò definitivamente dalla sua agenda il “traditore Tremonti’’ e i rapporti già critici e malmostosi con il Capo dello Stato andarono a farsi fottere per sempre.

“Bruciata” l’ipotesi Tremonti, che fare? Sciogliere le Camere e andare al voto, sarebbero passati almeno sei mesi e con lo spread arrivato a 550, l’Italia rischiava la bancarotta.

A quel punto, si accese una lampadina sulla testolina di un caro e affidabile amico della famiglia Napolitano, Enrico Letta: il professore Mario Monti alla guida di un governo tecnico che avrebbe cercato di mettere a posto i conti del paese. E fu lo stesso Enrico Letta, una volta ottenuto il semaforo verde dal Quirinale, a recarsi a casa di Monti per chiedere la sua disponibilità. Il resto è cronaca…

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