Visco PD alza il ditino: "Il fisco è in crisi". Ma fu lui a sommergerci di imposte

Imposte e superstato: le passioni della sinistra Nelle prossime ore il Parlamento europeo discuterà una risoluzione volta a fare affluire più risorse alle istituzioni comunitarie

10.5 2023 - Felice Manti e Carlo Lottieri per ILGIORNAE.ITlett4’

1-«Il sistema fiscale italiano versa in una crisi gravissima che ne mina il corretto funzionamento e la stessa legittimazione». Firmato, Vincenzo Visco. È un'omonimia? Sarebbe come se Dracula facesse appello per donare il sangue. Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere. Fu Visco ad aumentare a cinque le aliquote Irpef (23%, 27%, 38%, 41% e 43%) dalle precedenti quattro (23%, 33%, 39% e 43%) e a innescare la gobba che penalizza i redditi tra i 20-25mila euro e i 50mila euro. È lui l'ex ministro dell'Economia che ha potenziato (inutilmente) i controlli, strangolando le aziende con le cartelle di Equitalia, perseguitando chi non riusciva a pagare le imposte per necessità - come confermano numerose sentenze della magistratura - e che sul Domani si mette a fare la lezioncina all'esecutivo, mescolando problemi e ricette già note eppure inconciliabili: «Massiccia evasione fiscale»; «trattamenti agevolati che creano distorsioni»; «frammentazione del sistema di imposizione» per cui «a parità di reddito, i contribuenti subiscono prelievi molto diversi», «eccesso del prelievo fiscale e contributivo sul lavoro». Tutte cose che i contribuenti conoscono benissimo. Fino al tragicomico e lapidario problema: «La struttura delle aliquote effettive dell'Irpef» ha «effetti negativi sulla trasparenza delle imposte» e «riserva sempre più la progressività del prelievo ai soli redditi di lavoro dipendente e pensione». Ma dai? Chi scrive l'appello ritiene che la legge delega proposta dal viceministro con delega alle Finanze Maurizio Leo «non affronta, anzi trascura» questi problemi. È chiaramente vero il contrario, ma tant'è. I firmatari dell'appello sanno però che una delle cause di queste storture è proprio la tragicomica gestione dell'allora ministro Visco? Fu sotto il suo mandato che scoppiò il cancro delle «cartelle pazze» nel 1998: 1,213 milioni di ruoli sbagliati che lo obbligarono a una «indilazionabile trasformazione dell'amministrazione finanziaria». Fu lui nel 2007 a ribattezzare la Riscossione in Equitalia, con la scusa di semplificare un sistema di riscossione frammentato e poco efficiente, fu lui ad alzare l'asticella sugli obiettivi di riscossione, raddoppiati in un anno a 2,4 miliardi, con spietati meccanismi di aggio e aumenti automatici che hanno gonfiato a dismisura le cartelle «con interessi che in pratica sono usurai», commentò allora Guido Crosetto alla Zanzara. Ad oggi ci sono 19 milioni di cartelle per 1.132 miliardi di euro, di cui forse l'8-9% è realmente esigibile, tanto che delle altre Leo vuole farne carta straccia. Certo, Visco è in ottima compagnia. Fu Mario Monti (nel governo in cui c'era un altro firmatario, Vieri Ceriani) a dare la mazzata definitiva agli imprenditori in bolletta. Tanto, pagavano gli italiani. Non ditelo al Domani.

2-Imposte e superstato: le passioni della sinistra

Nelle prossime ore il Parlamento europeo discuterà una risoluzione volta a fare affluire più risorse alle istituzioni comunitarie

10 Maggio 2023 - 11:27 i Carlo Lottieri lgiornale.it

Nelle prossime ore il Parlamento europeo discuterà una risoluzione volta a fare affluire più risorse alle istituzioni comunitarie. L'idea è che quanti più soldi arrivano a Bruxelles e tanto meglio è, dato che in quel modo è possibile intervenire con maggiore energia per favorire la crescita, accelerare la cosiddetta «transizione verde» e fare decollare ricerca e innovazione.

In realtà, ogni euro gestito dagli eurocrati è un altro euro tolto alle famiglie e alle imprese. Nel privato come nel pubblico, ogni scelta comporta costi e benefici: fare affluire più risorse agli euroburocrati significa lasciare ancor meno soldi ai cittadini, colpendo ulteriormente un sistema produttivo in difficoltà.

Non bastasse questo, un emendamento proposto da taluni esponenti del Pd e delle altre forze della sinistra vuole trovare queste risorse penalizzando i più ricchi. Sempre pronti ad accusare di demagogia gli avversari, i progressisti europei lasciano intendere con chiarezza che, a loro giudizio, in fondo non c'è nulla di male nel colpire chi ha grandi patrimoni. A questo punto non dovremo nemmeno stupirci quando dovesse essere legalizzato l'esproprio proletario: ovviamente al fine di realizzare «nobili» obiettivi di giustizia sociale...

C'è poi un altro aspetto assai grave e che non può essere ignorato. La proposta suggerisce che questa nuova patrimoniale a danno dei tycoon (e poi si vedrà quanto si deve possedere per finire entro quella categoria) non dovrebbe essere fissata e gestita dai vari Stati. Il populismo vetero-classista è quindi usato per giustificare un rafforzamento del potere europeo, poiché è esplicita la richiesta di dotare l'Unione europea di ulteriori entrate proprie, sganciando sempre di più il bilancio comunitario dalle scelte degli Stati nazionali. Eppure è ovvio che un'istituzione che riunisce quasi 30 Paesi può operare al meglio, senza sacrificare i diritti e gli interessi di qualche sua componente, se ogni realtà nazionale mantiene una qualche possibilità di contrastare decisioni e interventi.

Nella piccola Svizzera federale il potere centrale può disporre soltanto di due imposte e la loro esistenza deve periodicamente essere confermata nelle urne dal voto popolare. Nulla esclude, insomma, che un giorno Berna non disponga più della facoltà di tassare direttamente i cittadini svizzeri e debba quindi fare esclusivo riferimento ai contributi che a quel punto i cantoni le destineranno. Perché tutto questo? L'idea è che in una società libera è bene lasciare autonomia e libertà di autogoverno alle realtà locali, così che anche le istituzioni di livello superiore siano finanziate da contributi delle istituzioni associate e si sforzino di soddisfare i cittadini. L'economia europea è in una fase difficile, che esige più spazio per il privato. Non sarà quindi con l'aumento della spesa pubblica, con scelte populiste e con un ulteriore rafforzamento dell'apparato unionista che si riuscirà a invertire la rotta.

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