Il canone progressista Perché mezza Italia non voterà mai a sinistra
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I nostri concittadini scelgono spesso i partiti di destra perché li trovano meno artificiali e artefatti. Non sopportano quella cappa di superiorità di chi chiede ai propri elettori di essere democratici e di sinistra e non semplicemente italiani
27.7.2022 Iuri Maria Prado linkiesta.it lett2’
Chi, a sinistra, fosse interessato a capire perché mezza Italia vota dall’altra parte pressoché indipendentemente da quel che fa e dice la destra, dovrebbe innanzitutto rinunciare a spiegare il fenomeno in base alla tradizionale interpretazione secondo cui si tratta alternativamente del popolo buggerato dalle promesse di una classe dirigente magliara o involuto nella propria impermeabilità retriva e reazionaria. Non fosse per altro, perché analoghe spiegazioni spiegherebbero anche certe fissità, sia pure altrove e su altre categorie attestate, del voto di sinistra: e dunque non spiegherebbero nulla.
In realtà la pregiudiziale del voto di destra ha una causa molto più profonda e implicante, di cui la sinistra provincial-ombelicale non si accorge perché non ha compreso la portata, e dunque anche nemmeno i limiti, del proprio accreditamento.
Quell’altra Italia non vota a sinistra perché ha subìto il protocollo del buon vivere di sinistra e magari vi si uniforma, ma non vi si riconosce. Sottoscriverebbe probabilmente il merito delle stesse proposte illiberali, delle medesime soluzioni corporative, ma senza attribuirlo al progetto di giustizia sociale che a sinistra costituisce la rubrica giustificativa di quei provvedimenti.
Pur bigotta, pur codina, arriverebbe anche ad affettare analoghe disponibilità alla tolleranza nei costumi di coppia e familiari, ma ancora grazie alla messa modernizzata, non secondo il canone del talk progressista.
Corrotta fin nelle midolla da un’identica ambizione parassitaria, quell’Italia sigillerebbe con il medesimo Stato paternalista e intrusivo un patto anche più esauriente rispetto a quello che si perpetua in formula democratica nelle concertazioni redistributive, ma non nel quadro retorico che associa a quel regime provvidenziale il ripudio del Suv e la requisitoria ugualitarista del giornalismo cui scappa la sghignazzata sulle badanti ucraine.
Quest’Italia non migliore dell’altra, che dell’altra ripete i tratti più detestabili, non vota a sinistra perché a destra trova un segno di rappresentanza meno artificiale, meno artefatto, meno adulterato, delle proprie aspirazioni. La sinistra dovrebbe meditare su questa differenza: essa chiede ai propri elettori di essere democratici, di sinistra; la destra chiede ai propri solo e soltanto di essere italiani.