Prodi ha ragione: il Pd è davvero il partito dei ricchi (e abbiamo le prove)

Il Partito democratico supera il 20% solo tra i pensionati e gli studenti ma non sfonda tra casalinghe e disoccupati. Le categorie che hanno tenuto botta, acquisendo maggior peso, sono quelle più elevate. Mentre è nelle fasce sociali più marginali che si è registrato il calo più forte

Giovanni Diamanti 25.3.2019 www.linkiesta.it

«Il Pd sta cambiando, non è più il partito dei ricchi»: questa dichiarazione di Romano Prodi ha fatto letteralmente infuriare molti dirigenti dell’ala ultra-renziana (per intenderci, i sostenitori della candidatura di Giachetti). Non tanto per la fase di cambiamento del Partito, quanto per la definizione critica verso le presunte derive degli ultimi anni del Pd. Al di là degli scontri e del gioco delle parti, è però interessante analizzare cosa intendeva il Professore e se, numeri alla mano, il partito abbia realmente mutato la propria base sociale. I dati sulla composizione sociale del voto 2018 di Quorum-YouTrend pubblicati nel libro “Una Nuova Italia” (di Cavallaro, Diamanti, Pregliasco) mostrano un Pd tonico e sopra la media solamente tra i pensionati e gli studenti: in entrambi i segmenti elettorali ha superato il 20% alle ultime politiche. Mentre ha sofferto particolarmente tra le casalinghe (12%) e i disoccupati (9%).

Ciò che però più di tutto colpisce è che, in assoluto, la categoria socioprofessionale nella quale il Pd riesce a contenere le altrove notevoli perdite elettorali sia quella degli imprenditori e dei lavoratori autonomi: con il 18%, il dato in questa categoria è perfettamente in linea con quello nazionale del partito. Tra i dipendenti pubblici invece, storico bacino elettorale progressista, si assiste al crollo più evidente. Una contestuale analisi del Cise curata da Lorenzo De Sio sottolinea come per il Partito Democratico si registri «una propensione al voto bassa nelle classi sociali basse e medie, e invece sensibilmente maggiore nella classe medio-alta»: il voto al Pd è del 13% tra la classe operaia, tra il 18 e il 19% tra le classi medio-bassa e bassa, al 31% tra la classe medio-alta. Il professore della Luiss si spinge a definire questi dati come la dimostrazione di un “confinamento di questo partito nella classe medio-alta”.

Zingaretti avrà molto lavoro da fare: per tornare competitivi i Democratici non possono che partire dal recupero dei consensi tra le fasce più fragili (socialmente) e periferiche (geograficamente) del Paese

Ma anche i dati Demos-LaPolis, contenuti nel libro “Le divergenze parallele” di Fabio Bordignon, Luigi Ceccarini e Ilvo Diamanti confermano le nuove difficoltà del Pd a intercettare il consenso degli strati sociali più popolari: «Significativo che i punti più bassi si registrino proprio in corrispondenza delle fasce socialmente più deboli, sia tra chi occupa le posizioni più fragili del mercato del lavoro, sia tra chi ne è, suo malgrado, escluso: 11% il dato dei disoccupati, 10% quello degli operai» scrivono nel testo pubblicato da Laterza.

Già nel 2014 si era verificata la prima grande svolta elettorale degli ultimi anni in un Paese storicamente a bassa fluidità elettorale, con l’espansione del Pd di Renzi oltre i confini geografici delle Zone Rosse, e un trionfo inaspettato e senza precedenti anche al Nord, dovuto a un consenso importante raggiunto tra le categorie produttive. Il successivo crollo del Pd è avvenuto in particolar modo tra gli elettori più marginali e periferici: non è casuale il fortunato appellativo di “partito delle Ztl” coniato da Massimo Giannini su Repubblica all’indomani del voto per sottolineare la localizzazione dei nuovi insediamenti elettorali del Pd, ovvero i centri storici di Roma, Milano, Torino.

Quindi, definire il Pd degli ultimi anni “partito dei ricchi” è una banalizzazione eccessiva: i segmenti sociali di maggiore forza rimangono pensionati e studenti, ma in una elezione caratterizzata dal crollo dei Dem le categorie che tengono di più, acquisendo maggior peso, sono quelle più elevate, mentre è nelle fasce sociali più marginali che si è registrato il calo più forte. Si può criticare Prodi, ma il consiglio più importante da dare a chi nel Pd non accetta la definizione di “partito dei ricchi” è quello di studiare i dati e la mutata composizione sociale dei Dem. Zingaretti avrà molto lavoro da fare: per tornare competitivi i Democratici non possono che partire dal recupero dei consensi tra le fasce più fragili (socialmente) e periferiche (geograficamente) del Paese.

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