Piano Macron: molto più di un reddito di cittadinanza*

La povertà ha molte cause diverse e non basta un solo strumento per combatterla. Per questo il piano Macron prevede ventuno azioni,

18.09.18 Andrea Garnero www.lavoce.info

Un Commento

La povertà ha molte cause diverse e non basta un solo strumento per combatterla. Per questo il piano Macron prevede ventuno azioni, una delle quali è il reddito universale di attivazione. Un approccio che potrebbe essere utile anche in Italia.

 

Misure contro la povertà

Il piano contro la povertà che il presidente della repubblica francese, Emmanuel Macron, ha presentato il 13 settembre 2018 ha suscitato molto interesse anche in Italia. In particolare, i media si sono concentrati sull’assonanza tra il reddito universale di attivazione (Rua) proposto da Macron e il reddito di cittadinanza (Rdc) che il Movimento 5 stelle sta cercando di inserire nella legge di bilancio 2019.

Mentre ancora non è chiaro se il reddito di cittadinanza sia un sostegno al reddito in caso di perdita di lavoro (una Naspi allargata) o un reddito minimo (un Rei potenziato) contro la povertà, lo strumento di Macron si chiama universale non perché verrà distribuito a tutti, ma perché intende raggruppare in un unico strumento varie prestazioni (per ora non si sa ancora esattamente quali, però si pensa al reddito di solidarietà attiva, gli aiuti per la casa, i bonus per la ripresa dell’occupazione).

In Francia (ma succede anche negli altri paesi) ogni strategia contro la povertà si scontra con una realtà che non è ancora compresa fino in fondo, neanche dagli esperti in materia: tra un quinto e un terzo degli aventi diritto non fa ricorso al principale sussidio contro la povertà. Perché? In parte perché è difficile orientarsi tra i vari strumenti, in parte perché le procedure amministrative sono lunghe e complicate e in parte perché i potenziali beneficiari non vogliono subire la stigmatizzazione connessa a ricevere prestazioni sociali, in una società che tende sempre più a vivere la povertà come una “colpa”. In più, la molteplicità degli strumenti non incoraggia la ripresa di un’attività perché la complessità delle regole rende arduo sapere se ritornare a lavorare migliorerà effettivamente la propria situazione finanziaria (la cosiddetta “trappola di povertà”).

La seconda constatazione che ha portato il governo francese a intervenire (oltre che per ribilanciare “a sinistra” la presidenza Macron) è che l’aumento delle spese sociali non è bastato a contrastare la povertà. In uno dei paesi più ricchi al mondo e con il sistema di welfare più generoso, i poveri (definiti come le persone che vivono con meno del 60 per cento del reddito mediano, 1.015 euro per una persona sola nel 2015 nel caso francese) sono 8,9 milioni (14,2 per cento del totale della popolazione), di cui 3 milioni in una situazione di privazione materiale grave. E la povertà passa dai genitori ai figli con una mobilità sociale perfino inferiore a quella italiana, secondo i dati Ocse dello scorso giugno.

Un piano di ventuno azioni

Al di là delle traduzioni tirate per i capelli, però, il piano francese, che per il momento è una lista di intenti e non ancora un preciso articolato di leggi, può essere un’utile fonte di ispirazione anche per il dibattito italiano, per l’approccio adottato. La povertà è multidimensionale e le cause sono diverse e quindi non basta un solo strumento. Il reddito universale di attivazione, infatti, è “solo” una delle 21 azioni proposte.

In particolare, un capitolo importante del piano riguarda la povertà dei bambini, un fenomeno spesso sottovalutato, ma il più dannoso per i suoi effetti indelebili nel tempo. I primi punti del piano, infatti, prevedono investimenti negli asili, nell’accesso a un’alimentazione equilibrata per tutti i bambini (con pranzi a 1 euro per i figli di chi non si può permettere il prezzo pieno), un percorso di formazione garantito, un piano contro la dispersione scolastica.

Il governo francese ha stimato in 8,5 miliardi di euro (0,4 per cento del Pil) il costo totale del piano, di cui, però, diverse già pianificate. Funzionerà? Il progetto è ambizioso e diversi tentativi precedenti non hanno dato i risultati sperati, in parte per errori di progettazione degli strumenti, in parte perché l’attuazione sul terreno è sempre più complicata del previsto e in parte perché le persone non si comportano necessariamente da homini economici rispondendo agli incentivi immaginati a tavolino.

Tuttavia, ed è un altro elemento utile per il dibattito italiano, il governo darà mandato a un consiglio scientifico di seguire la messa in opera delle 21 proposte e valutarne l’effetto. Seguire l’attuazione delle proposte e valutarne gli effetti per eventualmente correggerne il funzionamento è più importante che avere fin dall’inizio un piano “perfetto”. Lanciare la proposta e dimenticare di assicurarsi che gli strumenti immaginati diventino realtà, nel passaggio legislativo prima e in quello operativo poi, è uno degli errori più diffusi nella produzione di politiche pubbliche di molti paesi.

* Le opinioni espresse non coinvolgono l’istituzione di appartenenza.

BIO DELL'AUTORE ANDREA GARNERO

Garnero Economista presso il Dipartimento Lavoro e Affari Sociali dell'OCSE. Ha ottenuto il PhD in economia presso la Paris School of Economics e l’Université Libre de Bruxelles. In precedenza, ha lavorato alla Commissione Europea e come assistente per gli affari economici e il G20 del Presidente del Consiglio. E' membro del board scientifico ed esecutivo della Scuola di Politiche.

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