Il decreto sulle armi è effettivo: ecco cosa cambia

I modelli acquistabili raddoppiano. Compresi quelli di derivazione militare. E aumenta il numero di proiettili consentiti. Le novità in vigore dal 14 settembre.

CARLO TERZANO, 14.9.2018 www.lettera43.it

Dal 14 settembre in Italia le maglie per possedere un'arma da fuoco si fanno un po' più larghe. Anche se è passato in sordina, diventa effettivo il decreto legislativo con cui il governo ha dato attuazione a una direttiva comunitaria che amplia il novero dei modelli detenibili arrivando a ricomprendere anche quelli di derivazione militare, come i fucili d'assalto Ak-47 - i kalashikov - e Ar15, spesso usati non solo negli scenari bellici ma anche nelle stragi tra civili che insanguinano gli Usa (l'Armalite Rifle15 è stato impiegato nell'eccidio di Orlando del 2016, in cui un unico individuo pesantemente armato uccise 49 persone e ne ferì 35). I detrattori sostengono che la legge sia stata fortemente voluta dal ministro dell'Interno nonché vicepremier, Matteo Salvini, che in campagna elettorale aveva firmato un discusso accordo con il Comitato Direttiva 477, l'Associazione per la difesa dei diritti dei detentori legali di armi e sia dunque un regalo alle lobby (leggi anche: armi, una lobby che fa gola a destra e sinistra).

I MODELLI "LIBERALIZZATI" RADDOPPIANO

Le principali novità portate dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 104 riguardano anzitutto i modelli liberamente acquistabili, che raddoppiano, passando dagli attuali 6 a 12. Diverse armi da guerra, come i fucili d'assalto, finiscono catalogate come "sportive" e, dunque, possono essere detenute dai tiratori sportivi. Si obietterà che un'arma è un'arma, pericolosa a prescindere dal modello, ma non è esattamente così: nei fucili d'assalto il rateo di fuoco è tale da rendere possibile l'uccisione o il ferimento di una moltitudine di persone in pochi secondi. E non tranquillizza il fatto che, a differenza dei fucili interamente automatici, in grado di sparare dalle 750 alle 900 pallottole al minuto (ancora destinati al solo personale militare), l’Ar15 appena “liberalizzato” possa, al più, sparare tra i 45 e i 60 colpi: ogni bossolo a terra può virtualmente essere un ferito o un morto.

Il tasso di omicidi nelle grandi città.

AUMENTA IL NUMERO DEI PROIETTILI CONSENTITI

A questo proposito, occorre comunque sottolineare che non sarà possibile avere caricatori così ampi, sebbene il decreto aumenti anche il numero di colpi legali: si passa infatti da 5 a 10 proiettili per le armi lunghe e da 15 a 20 per quelle corte. Resta il dubbio sulla possibilità di eventuali modifiche illegali per sdoganare l'intera potenza di fuoco dei fucili d'assalto che ora saranno accessibili non solo agli iscritti alle Federazioni del Coni ma anche a quelli delle sezioni del tiro a segno nazionale, agli appartenenti alle associazioni dilettantistiche (sempre affiliate al Coni) e persino – tra i passi più criticati – ai semplici iscritti ai campi di tiro e ai poligoni privati. Inoltre, si permette ai collezionisti di poter sparare due volte all’anno fino a 62 colpi per accertarne il funzionamento.

DENUNCIA DI DETENZIONE VIA MAIL

Ha destato polemiche anche la novità di consentire la denuncia di detenzione di un’arma ai carabinieri o alla questura anche semplicemente via e-mail, purché si tratti di una casella di posta elettronica certificata. È stato invece ridotto il termine di validità del porto d’armi per la caccia e per l’uso sportivo, che passa da 6 a 5 anni. Per i semplici detentori, il certificato medico ora potrà però essere rilasciato anche da medici in quiescenza o in congedo, come avviene per la visita medica per il rinnovo della patente di guida. Il documento dovrà attestare che il richiedente non è affetto da «malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente, la capacità di intendere e di volere».

ARMI IN CASA: NESSUN OBBLIGO GIURIDICO DEL PARTNER

Tra gli aspetti più controversi spicca il fatto che non siano previsti obblighi giuridici di avviso in capo al detentore di armi a favore dei conviventi (presenti nella bozza e cancellati). Oggi non sono pochi gli omicidi familiari nati da semplici diverbi e, come è tristemente noto, è in costante crescita il numero di femminicidi commessi nel Paese. Si attendeva perciò dal governo un segnale che permettesse a soggetti potenzialmente a rischio di avere diritto alla piena coscienza del pericolo cui potrebbero esporsi. Segnale che purtroppo non è arrivato. Come dimostra una recente ricerca dei sociologi Marzio Barbagli e Alessandra Minello sulla base dei dati del ministero dell’Interno e pubblicata su Lavoce.info, se dal 1992 al 2016 il numero di omicidi in Italia è costantemente calato, quelli a seguito di liti e risse sono invece aumentati, mentre quelli avvenuti tra le mura domestiche o a sfondo passionale, per quanto in flessione, costituiscono ancora un significativo pericolo sociale, soprattutto in quanto, a fronte della flessione, sono proporzionalmente in aumento i casi in cui la vittima è una donna. Dato che avrebbe dovuto fare scattare un campanello d'allarme in più di un orecchio.

NON ESISTE UN DATABASE AGGIORNATO

Il censimento più accurato sul numero di armi da fuoco presenti nel nostro Paese resta quello redatto 11 anni fa dallo Small Arms Survey, secondo cui nel 2007 in Italia circolavano tra i 4 e i 10 milioni di armi da fuoco. Pare impossibile, ma non esiste un database più aggiornato.

L'INCONTRO DI SALVINI E IL COMITATO DIRETTIVA 477

Nella vicenda, che sarebbe potuta essere squisitamente tecnica dato che si trattava del recepimento di una direttiva comunitaria, si è innestata comunque l'immancabile polemica politica. Ha destato più di un sospetto, infatti, l'accelerazione impressa dal governo al decreto legislativo, approvato lo scorso 10 agosto, proprio pochi mesi dopo il discusso patto tra Salvini e il Comitato Direttiva 477. In piena campagna elettorale, lo scorso 11 febbraio, Salvini firmò un documento che, come riporta l'associazione, oltre a essere un «evento senza precedenti in Italia», manifesta «inequivocabilmente la volontà di tutela dei diritti, delle tradizioni e delle eccellenze italiane» a favore di «quei cittadini che, proprio in virtù dei rigorosi controlli cui sono sottoposti al fine di ottenere le loro licenze, possono considerarsi la parte migliore della società».

I SOSPETTI SUL PATTO DEL MINISTRO CON L'ASSOCIAZIONE

Per Repubblica, l'enfasi dell'Associazione nasconderebbe ben altro, ovvero un "patto d'onore" in 8 punti tra il vicepremier e il Comitato Direttiva 477 che vincolerebbe il primo a «coinvolgere e consultare le associazioni di comparto ogni qual volta siano in discussione provvedimenti che possano influire sul diritto di praticare l'attività sportiva con armi e/o venatoria, o su quello più generale a detenere e utilizzare legittimamente a qualsiasi titolo armi, richiedendone la convocazione presso gli organi legislativi o amministrativi in ogni caso si renda opportuno udirne direttamente il parere». Di fatto, la prima prova di questo patto sarebbe proprio la nuova legge in vigore dal 14 settembre che, pur recependo la Direttiva europea 853 del 2017, lo ha fatto nel modo più estensivo possibile, aumentando fino ai massimi consentiti dall'Unione le precedenti limitazioni. E non è finita qui perché, se il governo giallo-verde passerà l'imminente banco di prova della Legge di Bilancio, molto presto ci saranno da discutere anche eventuali progetti di riforma della legittima difesa, materia che certo coinvolge gli interessi di tutti coloro che oggi detengono, producono e commercializzano armi da fuoco.

Tabelle leggibili su www.lettera43.it

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