Sull'Europa Salvini è la parodia di Trump

Il vecchio slogan America First è stato adottato dal vicepremier leghista. Inaugurando un nuovo patriottismo laburista che in realtà non è altro che nazionalsocialismo. Le nomine di Borghi e Bagnai sono lì a dimostrarlo. E i mercati hanno risposto.

MARIO MARGIOCCO, 24.6.2018 www.lettera43.it

Con la nomina giovedì 14 giugno dei due noti leghisti anti-euroAlberto Bagnai e Claudio Borghi Aquilini a due importanti incarichi parlamentari, presidente della Commissione Finanze del Senato e Bilancio della Camera, Matteo Salvini ha tolto ogni residuo dubbio sulla sua strategia, di governo o preelettorale che sia. È per la sovranità nazionale e contro l’Europa, senza esitazioni. Vediamo dove si ispira. Il tema Europa è più importante e può fare ben più danno e ben più rapidamente del già importante tema immigrazione, con il quale interagisce. E non è altrettanto chiaro.

L'AMMIRAZIONE PER TRUMP. Salvini è un ammiratore del neonazionalismo di Donald Trump, stile America First, anche se il presidente Usa mette i dazi ai prodotti europei, e la sua frequentazione con Steve Bannon esponente di punta dell’alt-right americana (alternative right, nel senso di destra “nuova” più intransigente di quella “vecchia”) lo ha confermato in questa fede. Poco importa che Bannon, plenipotenziario negli ultimi mesi della vittoriosa campagna Trump del 2016, sia stato licenziato nell’agosto 2017 dal presidente, che lo aveva portato ai vertici del potere nel National Security Council e nominato Capo Stratega alla Casa Bianca. E poco importa che, tornato subito al vertice di Breitbart, la centrale online di notizie e commenti e visioni dell’ultradestra da dove proveniva, sia stato di nuovo dagli azionisti licenziato in tronco a gennaio 2018 su richiesta di Trump, che lo giudicava ormai uno «fuori di testa» e che «non ha nulla a che fare con me e con la mia presidenza».

L'EUROPA NON È L'AMERICA. L’America se vuole può anche rovesciare anche a suo rischio 70 anni di politica estera, rinunciare come sta facendo con Trump all’internazionalismo in nome del nazionalismo, invocare l’antico slogan dell’America First. È un Paese grandissimo, difeso da due oceani, ha confini a Nord e Sud sicuri. Le ultime perdite umane consistenti sul continente (13 mila, i più per malattia) in una guerra con i vicini risalgono al conflitto contro il Messico del 1846-1848.

Non è la stessa cosa essere nazionalisti da noi, in Europa e esserlo in America. Storia a parte, è la geografia stessa prima di tutto a limitare il concetto. O dovrebbe

Forse il ministro Salvini non ha mai perso gran tempo a riflettere su una carta geografica. La Ue ha una superficie che è meno della metà di quella degli Stati Uniti, e l’Europa è occupata da una quarantina di Stati, Balcani compresi, di cui 28 membri Ue tra i più importanti, con Norvegia e Svizzera, alleati commerciali. Ha il 60% in più di abitanti, e una densità quadrupla. Molti di questi Paesi si sono suicidati due volte in guerre terribili tra loro nel 900, con in totale oltre 30 milioni di morti, Russia esclusa, e oltre 50 milioni con la Russia. Non è la stessa cosa essere nazionalisti da noi. Storia a parte, è la geografia stessa prima di tutto a limitare il concetto. O dovrebbe.

LA VISIONE CONFEDERALE DI BANNON. Bannon preannuncia «una confederazione di Stati liberi» che presto avrete al posto di «questa Unione europea». Il bannonismo è tutto una rivolta decisamente confusa ed emotiva dei popoli, ispirati dal nazionalismo contro le élite internazionaliste che tradiscono i popoli. Nazioni “libere” unite da vincoli di sangue sono necessarie, dice Bannon, a sostenere la guerra prossima ventura contro islam e imperialismo cinese. Solo nella nazione c’è identità e quindi la forza necessaria. «Voglio che il mondo fra 100 anni possa guardare indietro e dire che il loro (dei cinesi, ndr) mercantilismo ispirato ai principi del confucianesimo ha perso e che l’Occidente giudaico-cristiano ha vinto».

UN APPELLO ALLA CROCIATA. Ma come? Chi sarà alla guida se gli Usa si chiudono nell’auspicato nazionalismo, e se le strutture politico-economiche di questo mondo di cui la Ue è parte integrante vengono attaccate alla iugulare? Ma sono una maledizione perché hanno perso le radici cristiane, direbbe il fervente cattolico Bannon, e queste vanno ritrovate tornando al popolo e ai suoi sani istinti. Insomma, una crociata. A tutto vantaggio di un’America nazionalista che smantellerebbe il «Superstato europeo», da almeno 20 anni nel mirino del neonazionalismo americano. America first, dice Trump e dice Bannon, che di fatto scriveva nel gennaio 2017 il discorso inaugurale del presidente, in puro stile bannonista. Era tutto all’insegna di America first.

AMERICA FIRST, UNA STORIA VECCHIA. In America questa è una formula “nuova” quasi quanto il chewing-gum, prodotto commerciale lanciato attorno al 1870. Comparso per la prima volta nel 1884 su un giornale di Oakland, California (America First and Always) il motto saliva 30 anni dopo al posto d’onore della scena politica. Entrambi i candidati alla Casa Bianca, Woodrow Wilson e il repubblicano Charles Evans Hughes, ne facevano nel 1916 il loro slogan. Poi Wilson diventò internazionalista e spiegò che America First incarnava una visione del mondo, non solo degli Stati Uniti. Sconfitto, Wilson lasciò il campo a gigantesche ondate di America Firsters versione doc. «Evitate l’esile internazionalismo come evitereste la morte, perché porta alla morte della nazione», diceva nel 1920 il generale Leonard Wood, aspirante alla nomination repubblicana di quell’anno. E tutta la campagna fu giocata e vinta dal candidato ufficiale, Warren Harding, sullo stesso tema, e America First divenne il motto repubblicano, e non solo, fino all’abisso del 1929. Quindi, cose vecchie, vecchissime.

America First fu brevemente resuscitato nel 1940 da chi non voleva l’ingresso americano nella guerra europea. Infiltrato da nazisti e fascisti, il gruppo si sciolse come neve al sole dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbour, nel dicembre 1941. Resterà, con forti tinte razziste, una parola d’ordine del semiclandestino allora Ku Klux Klan e riemergerà solo nel 1992 nella campagna minoritaria del candidato presidenziale Pat Buchanan, che parlava dei rischi per gli Usa di un nuovo «superstato europeo», e una seconda volta sempre con Buchanan nel 1999. Trump pensò allora di sfidare Buchanan nel suo Reform Party, poi si ritirò definendolo una gabbia di matti.

LA TRADUZIONE SALVINIANA. Ma 16 anni dopo al grido America First, ormai vecchio di un secolo, conquistava i repubblicani riottosi e la Casa Bianca. I suoi seguaci accolsero il grido di guerra convinti fosse nuovo di zecca. Bannon e altri l’avevano lucidato a nuovo. E brilla agli occhi di Matteo Salvini. Che lo traduce con «prima gli italiani e «qui comandano gli italiani e non Bruxelles».

Trump vuole la fine della Ue, lo ha detto e ridetto. America First and Only, come dicevano 100 anni fa. Ci sono anche maestri locali che eseguono la stessa operazione stile gerovital, rinnovando l’usato antico. Salvini ha detto di aver conosciuto con molto piacere e profitto, nei giorni di formazione del governo quando l’accademico fu per 24 ore papabile a Palazzo Chigi, il professor Giulio Sapelli di Milano, lo storico dell’economia manager consulente che, secondo Aldo Grasso del Corriere, «ha sostenuto tutto e il contrario di tutto». Manca conferma che si fossero conosciuti 20 anni fa, docente e allievo, alla Statale.

SIAMO AL NAZIONALSOCIALISMO. Sapelli, a lungo in area Pci a suo tempo, ha coniato per definire il nuovo corso salviniano e grillino la formula «patriottismo laburista» che mette insieme destra e sinistra. Anche questa è un’operazione da Anni 20 e fu già fatta con il nazionalsocialismo dell’ex rivoluzionario Benito Mussolini e molti altri ex socialisti fascistizzati. Se si toglie al nazionalsocialismo il suo truce e drammatico significato storico, se si concede come giusto ai nuovi governanti la piena fedeltà democratica, certi che sconfitti abbandonerebbero lealmente il campo, il termine nazionalsocialismo è solo un modo più diretto e chiaro del più mimetizzato «patriottismo laburista», ma vuol dire la stessa cosa. Nazione e popolo italiano. Spirito nazionale e sensibilità sociale, in piena autonomia. Facciamoci i fatti nostri.

I MERCATI NON SBAGLIANO. Bagnai e Borghi, cui va aggiunta alla commissione Finanze della Camera l’euroscettica Carla Ruocco, sono stati salutati dal balzo dello spread e calo del prezzo dei titoli di Stato e subito la responsabilità è stata attribuita a loro. «Basta con questi esercizi stucchevoli della stampa», ha detto Borghi. Mentre Bagnai ha aggiunto che forse i mercati non sono affidabili perché avrebbero dovuto sapere da tempo dell’arrivo suo e di Borghi alla guida delle Commissioni parlamentari. I mercati hanno capito benissimo il messaggio. Borghi e Bagnai hanno detto giovedì che non usciranno dall’euro perché «non ci sono le condizioni, nemmeno gli alleati, per questo processo» ma potendo farlo lo farebbero subito. E i mercati sbagliano? Purtroppo no.

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata