Conta la qualità della spesa pubblica
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Ci sono due errori concettuali, ugualmente rilevanti, sul tema della spesa e del debito pubblico.
di Marcello Gualtieri 24.6.2018 www. italiaoggi.it
Ci sono due errori concettuali, ugualmente rilevanti, sul tema della spesa e del debito pubblico.
Il primo errore è contenuto nei Trattati laddove, stabilendo i cd parametri sul debito e sul deficit in rapporto con il pil si è scelto di trattare esattamente nella stessa maniera le uscite per «spesa corrente» e quelle in «investimenti». Per semplificare, facendo un confronto con un bilancio familiare, spendere per una vacanza è molto diverso che spendere per comprare una casa o far studiare i figli: in soldoni, ai fini dei cd parametri di Maastricht le due uscite sono invece esattamente identiche. Molti economisti (e tutti i nostri ministri dell'economia degli ultimi 15 anni) chiedono quindi che dai conteggi dei parametri siano escluse le spese per investimenti. Il principio è condivisibile, ma l'applicazione pratica non altrettanto.
E qui arriviamo al secondo errore: pensare che la spesa in investimenti sia di per sé motore di sviluppo, e quindi sia corretto indebitare lo Stato. Storicamente in Italia è sempre stato il contrario: un po' per la furbizia italiana di spacciare per investimenti mance e regali se non sprechi (esempi bipartisan: il ponte sullo stretto e i 500 euro di bonus cultura); ma anche perché non tutti gli investimenti pubblici hanno necessariamente un ritorno economico positivo, può essere accettabile anche un ritorno puramente sociale.
Dunque, si può proporre di escludere dai conteggi dei parametri le spese per investimenti, ma a condizione di introdurre criteri oggettivi e condivisi di valutazione costi-benefici, sia per l'impatto sociale sia per l'impatto sul pil. È un percorso lungo, ma a portata di mano; ad esempio Nesta Foundation (con sede a Londra e da poco presente anche in Italia insieme alla Compagnia San Paolo), da tempo sta perfezionando questo tipo di analisi. Sarebbe un cambio di visione epocale, difficile da realizzare perché toglie il potere discrezionale ai politici (questa spesa si, quella no), ma credo che non ci sia altra strada per raddrizzare la costruzione dell'euro: affinare gli strumenti di analisi delle spese pubbliche, affiancando valutazioni qualitative e oggettive ai parametri quantitativi, che pure vanno rivisti.
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