Ricevimento Quirinale 1 giugno, i retroscena su Salvini, Di Maio, Conte

Monti in fila per conoscere il leader pentastellato. Il presidente del Consiglio stringe più mani di Mattarella. Il neo ministro delgi Interni chiacchera con Banfi. La festa post giuramento nei giardini della presidenza della Repubblica è stata una vera celebrazione della cortigianeria.

WINSTON CHURCHILL, 2.6.2018 www.linkiesta .it

Cari italiani, sarò schietto: è inutile che vi offendete con l’etilico Jean-Claude Juncker, quando siete un popolo di cortigiani. Bastava essere al ricevimento per la festa del 2 giugno, ieri sera al Quirinale, per rendersi conto di questa vostra atavica tendenza. Sono sceso sulla Terra, rinunciando per un momento ai piaceri del Paradiso, apposta per vedere di persona quale sarebbe stato il comportamento della nomenklatura italica che da sempre il primo giorno di giugno affolla i meravigliosi giardini della presidenza della Repubblica che un tempo erano dei papi, e vi assicuro che lo spettacolo cui ho assistito è stato davvero poco edificante.

L'ADULAZIONE VERSO I NUOVI POTENTI. La cosa più prevedibile e tutto sommato meno grave è stato il formarsi di capannelli intorno ai nuovi potenti (si fa per dire): appena arrivato, tra i primi, Matteo Salvini è stato circondato da un nugolo di giornalisti scodinzolanti, che hanno incoraggiato altri potentucoli, specie papaveri di Stato, a farsi avanti. Lui, uno spettacolo di anti-estetica nonostante capelli e barba appena curati: cravatta (ovviamente verde) corta che non arriva alla cintura dei pantaloni, su un vestito blu troppo chiaro per essere usato alla cerimonia del giuramento, inguardabili calze a righe circolari per nulla intonate con il resto dell’abbigliamento, ma soprattutto un paio di scarpe marroni che gridano vendetta. Eppure lui avanza col sorriso stampato sulla faccia e si ferma a parlare con tutti, persino con un terrone come Lino Banfi (nella foto), vestito peggio di lui.

Poi arriva Giggino Di Maio, scortato da un Vincenzo Spadafora che sotto la camicia porta già la maglietta Rai, a sua volta (stranamente) accompagnato da un giovinetta spaesata e intimidita che sembra ingaggiata per l’occasione. Con il giovanotto di Pomigliano la scena si ripete: giornalisti mielosi, personaggi famosi e non che lo circondano vogliosi di dirgli il loro nome anche se a lui non dirà niente. Poi incontra Roberto Fico, l’attivista (così recita Wikipedia) ormai ex per essere inopinatamente diventato presidente della Camera, e scatta l’abbraccio e un lungo colloquio appartato sotto un refrigerante albero secolare. Ma con Di Maio la scena più gustosa è il bacio della pantofola che gli hanno voluto riservare Elsa e Mario Monti: galateo istituzionale o piaggeria? Se si trattasse della prima cosa, avrebbe dovuto essere il giovane pentastellato ad andare a salutare il senatore a vita, non viceversa. D’altra parte Monti è stato uno dei protagonisti della seconda, e più grave, cosa che mi è stato dato di vedere al Quirinale: la coda per genuflettersi al neo presidente del Consiglio.

TUTTI VOGLIONO CONOSCERE CONTE. Sì, avete capito bene, mentre era in atto il doveroso saluto al Capo dello Stato, Mattarella ha dovuto assistere a ciò che nessuno ha mai visto nei passati ricevimenti al Quirinale (me lo riferiscono molti habitués): una seconda coda di persone che attendono di poter stringere la mano al professor Conte e dirgli due parole di presentazione. Finora i primi ministri si sono sempre affiancati al Capo dello Stato, insieme con i presidenti delle due Camere, stando un po’ in disparte per garantire la privacy, ricevendo in seconda battuta chi aveva appena salutato il padrone di casa. La sera del primo giugno, invece, dopo un iniziale affiancamento a Mattarella, Conte si è disposto lontano e ha creato un’imbarazzante seconda fila, dove comprensibilmente si sono assiepati i manager pubblici, in testa una scodinzolante Marcegaglia, resa più alta da mezzo metro di zeppe ai piedi, accompagnata dal deputato Pd e suo concittadino mantovano Matteo Colaninno. Meno comprensibilmente, si è visto Monti in fila. «Capisco la curiosità di scoprire l’incognita Conte, ma tutto ha un limite», hanno commentato a un tavolo un gruppetto di parlamentari renziani, che maliziosamente ipotizzano che Monti si sia dato al lobbysmo.

Con Di Maio la scena più gustosa è il bacio della pantofola che gli hanno voluto riservare Elsa e Mario Monti: galateo istituzionale o piaggeria?

A proposito di lobbysti, avvistati Enrico Cisnetto a parlare fitto con il neo ministro Giovanni Tria – pare siano amici da lunga pezza – cui ha presentato l’amministratore delegato di Leonardo Alessandro Profumo, Massimiliano Paolucci di Acea che intrattiene la famiglia Mattarella (prossimamente sposa la nipote del presidente) e Valeria Licastro, responsabile della Mondadori di Roma e moglie del commissario Agcom Antonio Martusciello che condivide il tavolo con Fausto e Lella Bertinotti. Tra risate e pacche sulle spalle, si muove scompostamente – sarà la stazza? – il coordinatore degli interventi di Matera 2019 di Palazzo Chigi, Salvo Nastasi, che si è già dimenticato delle ascendenze renziane (Luca Lotti) e conta sull’ignoranza della mappa del potere dei nuovi potenti. Non meno sconvenientemente si comporta sua suocera, Matilde Bernabei in Minoli, che arpiona lo spaesato neo-ministro dei Beni Culturali, il bocconiano e direttore della Nuova Accademia delle Belle Arti di Milano, Alberto Bonisoli.

DA CAIO A BOCCIA, FINO A MESSINA. Attivissimi i quasi disoccupati Pietro Guindani (cda Vodafone, Eni e Impregilo) e Francesco Caio (dirottato in Saipem dopo essere stato fatto fuori dalle Poste), mentre il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia e Bianca Maria Farina si aggirano tra gli invitati con molta meno eleganza del paludato Antonio Patuelli, numero uno dell’Abi, dotato di aplom cavouriano. A proposito di banchieri, si fa notare Carlo Messina di Banca Intesa, mentre è defilato Massimo Tononi, che pure tutti già considerano il successore di Claudio Costamagna alla presidenza di Cdp.

MONTANARI IN JEANS. Infine, lunghissima la lista dei giornalisti presenti. Unica notazione di rilievo, l’abbigliamento del direttore del Tg1, Andrea Montanari: è in jeans. Forse perché ha già messo in contro che Di Maio lo rimpiazzerà con Enrico Mentana, che infatti deambula nei giardini quirinalizi per i fatti suoi, lasciando che sia Lilli Grubera portare in giro come un santino il suo attuale editore, Urbano Cairo, che batte il rivale Marco De Benedetti quanto a strette di mano.

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