Disoccupazione record e tanti posti liberi che nessuno vuole

Sorpresa. Dall’industria all’agricoltura tante proposte di assunzione non trovano candidati : l’Italia è il primo Paese europeo per numero di posti di lavoro da occupare e che nessuno occupa

di Carlo Valentini 17.5.www.italiaoggi.it

L'Istituto centrale di statistica misura l'indice di disoccupazione e di quando in quando arriva l'allarme perché l'Italia è in vetta alla classifica europea e qualche recente miglioramento non ha influito sul negativo primato. Forse l'Istat dovrebbe misurare anche un altro fattore, quello dell'affannosa quanto inutile ricerca di mano d'opera. Scoprirebbe probabilmente un altro primato: l'Italia è il primo Paese europeo per numero di posti di lavoro da occupare e che nessuno occupa. Una contraddizione quasi incredibile: offerta e domanda di lavoro si ritrovano agli antipodi.

A marzo il tasso di disoccupazione giovanile registrato dall'Istat è stato del 31,7%, quello di disoccupazione generale è stato dell'11%. Eppure sull'altra riva del fiume le aziende cercano inutilmente di assumere. Qualche giorno fa è stato pubblicato il rapporto Excelsior (commissionato da Unioncamere e Anpal): il 37,2% delle richieste da parte delle imprese di professioni intellettuali e scientifiche rimane inevasa per mancanza di candidati, così come il 35,3% di tecnici, il 29,7% di artigiani e operai specializzati. Più nello specifico rimangono scoperte il 57% delle offerte di lavoro per specialisti in scienze matematiche, informatiche, fisiche e chimiche e il 39,1% delle richieste di ingegneri.

Motivo? Competenze inadeguate e comunque non rispondenti alle esigenze delle aziende, scarsa elasticità del candidato per quanto riguarda i trasferimenti (per esempio spostamenti di lavoro anche all'estero) e scarso adattamento alle esigenze produttive dell'impresa. Il rapporto prevede che nel prossimo quinquennio il mercato avrà bisogno di 2,5 milioni di occupati, dipendenti e autonomi in possesso di competenze che nella stragrande maggioranza dei casi non sono reperibili. Quindi risulterà ancora più ampia la forbice tra chi cerca e chi offre lavoro.

Così c'è addirittura chi, pur non gestendo un'impresa con grandi numeri, ha deciso di aprire una sua scuola aziendale per formare i dipendenti da assumere e che non trova sul mercato. È Ivo Mancini, 83 anni, che realizza macchinari per le concerie, sede nei pressi di Pisa. Dice: «Ho allestito con torni e macchinari uno spazio a fianco dell'azienda dove accogliere coloro che vogliono imparare un lavoro. Molte imprese vorrebbero assumere ma non riescono e finiscono per rinunciare a crescere. Gli istituti tecnici e professionali così come sono impostati falliscono nella loro missione formativa ed educativa. La scuola italiana sarebbe tutta da riformare».

Anche un'azienda di medie dimensioni coma la Ferretti (produce yatch ad Ancona, Forlì e La Spezia, fattura 623 milioni di euro, è stata rilanciata da un fondo cinese che l'ha acquisita sull'orlo del fallimento) lancia un appello perché vorrebbe assumere tecnici da inserire nei suoi cantieri. «Abbiamo 1500 dipendenti, di cui un migliaio di operai specializzati - dice Alberto Galassi, ad Ferretti-. Ne stiamo cercando altri 80 con elevato livello di specializzazione e formazione tecnica. Cerchiamo di attrarre persone migliorando la qualità del lavoro e inserendole in una squadra vincente. Ma non è facile trovarle sul mercato».

Nel Nordest le aziende hanno aumentato nel primo trimestre di quest'anno del 28% (secondo Unioncamere) l a richiesta di occupati. Ma per determinate mansioni quasi non ci sono candidati e c'è chi si rivolge all'estero, come Luis Caroli, referente per il Nordest di Axl, agenzia di ricerca del personale: «Per certe professioni in particolare sul versante dell'information technology ci sono Paesi che hanno una vocazione molto forte come le ex Repubbliche Baltiche e la Polonia dove mi capita di selezionare candidati. Poi di recente ci siamo rivolti a una donna ingegnere francese perché non riuscivamo a trovare italiani con lo stesso alto profilo».

E che dire della tipografia Artigraf-Toccafondi, nei pressi di Firenze, che ha pubblicizzato una ricerca di personale per 10 addetti e ha ricevuto 2800 curriculum. Ma solo tre tra i candidati avevano i requisiti adatti e sono stati assunti. «Molti sono in possesso del diploma o della laurea –dice Niccolò Donzelli, che guida la tipografia- ma pochissimi hanno maturato un'esperienza formativa o lavorativa nel settore della tipografia. Il fatto è che non esiste una scuola in grado di preparare in questo ambito. Così abbiamo ancora caselle vuote per queste figure professionali di cui avremmo bisogno».

In Val di Non (Trentino) sono a corto di falegnami e saldatori. La Cgia ha censito 520 posti liberi come saldatori e 700 da falegname. Dice Giovanni Coletti, che guida Tama Aernova, impresa che si occupa di filtrazione e purificazione dell'aria, sede in provincia di Trento: «Tutti si lamentano che sono senza lavoro ma poi quando cerchi saldatori o falegnami non ne trovi uno disposto a lavorare. La preparazione dei giovani diplomati è spesso al di sotto delle richieste avanzate, il lavoro c'è, la ripresa è iniziata, ma non si riesce a trovare la forza lavoro adeguata».

Non c'è solo l'impresa. Un SoS per la ricerca di personale arriva pure dal turismo. A Riccione ci sono operatori che non sanno come affrontare la prossima stagione turistica. Lancia l'allarme Igles Corelli, blasonato chef anche televisivo: «La professione di chef offre grandi opportunità ai ragazzi. Solo a Riccione mancano 200 cuochi e la stagione è alle porte».

A Rimini il Centro per l'impiego ha 1.200 richieste di lavoratori da parte di 500 aziende del settore turistico ma in pochi si presentano «e quei pochi- dicono- hanno in mente Masterchef mentre la realtà di una cucina è ben diversa». Il fatto è che non c'è solo la fuga all'estero dei cervelli ma anche quella di cuochi e camerieri. Incredibile ma vero, come assicura Paolo Severi, che gestisce l'avviato ristorante Farina a Pesaro: «Ho cambiato tre chef in sei mesi ed erano stati assunti a tempo pieno, dopo un periodo di prova. Sono andati via tentati dall'estero. I ristoranti tedeschi, austriaci e così via vogliono cuochi italiani e li pagano molto più di noi. Rimane il fatto che sento parlare di disoccupazione e io non trovo personale».

Anche l'agricoltura (quella che non ricorre al lavoro nero) soffre di carenza di manodopera. Thomas Malaguti, consigliere di Confagricoltura, sarà costretto a lasciare la frutta nei campi: «Ci sono tanti agricoltori che non riescono a raccogliere i prodotti. Una situazione negativa da alcuni anni che ora è diventata drammatica. Siamo costretti a rivolgerci a manodopera straniera ma non basta più. A me mancano una decina di operai e in questi giorni le fragole marciscono nei campi».

Insomma, dall'industria all'agricoltura tante richieste di personale rimangono inevase. Forse sarebbe utile riconsiderare la proposta del reddito di cittadinanza.

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