La democrazia sta diventando la dittatura della minoranza

Due feste molto sentite. Quella della Mamma e del Papà

di Gianfranco Morra, 5.5.2018 www.italiaoggi.it

Due feste molto sentite. Quella della Mamma, fissata dal presidente americano Wilson nella seconda domenica di maggio; e quella del Papà, antica di secoli, fatta coincidere col 19 marzo, in ricordo del padre putativo di Gesù di Nazareth, san Giuseppe.

Purtroppo nella nostra società del consumo sull'aspetto sentimentale è prevalso quello commerciale. Trasformando la festa in consumismo. Come in tante altre feste sopraggiunte: 14 febbraio, dei Fidanzati (san Valentino); 15 febbraio, dei Single; 27 aprile, delle Casalinghe; 2 maggio, dei Fratelli e Sorelle; 26 luglio, degli Zii; 2 ottobre, dei Nonni. Al cuore e alla fantasia non c'è limite. Sono troppe e non pochi sperano nella loro abolizione.

Come l'altro giorno è accaduto nell'asilo «Chicco di grano» del quartiere Ardeatino a Roma: le feste della Mamma e del Papà verranno cancellate e sostituite dalla festa della Famiglia. C'è da rallegrarsene? Non proprio. Ma non è la prima volta. La stessa cosa era avvenuta, sempre a Roma, nel 2015 nella scuola per l'infanzia del Quartiere Trieste, intitolata al beato francescano Contardo Ferrini.

Ma quali le ragioni? La richiesta di cancellazione è partita da una sola coppia omosessuale, che considerava le due giornate discriminatorie e reclamava il rispetto dei suoi diritti. Giusto. Celebrino pure la festa della Famiglia (o di qualcosa di simile), ma perché privare tutti gli altri di un costume così radicato? Non c'è il rischio, per rispetto dei «diversi», di penalizzare i «normali»? L'associazione romana «Articolo 26» ha protestato in Municipio. Si tratta di una associazione nazionale, che si intitola alla «Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo» dell'Onu (1948): «I genitori hanno il diritto alla priorità nella scelta del genere di educazione da impartire ai loro figli» (n. 26). Tutti i genitori.

Trasformare le feste di Mamma e Papà in una Festa della Famiglia potrebbe anche essere una decisione valida, ma nel caso in oggetto contrasta con l'art. 29 della Costituzione: «La famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio».

Ora la legge Cirinnà chiama le coppie omosessuali «unioni civili», ma non ha (ancora) potuto chiamarle né matrimoni, né famiglie. Il Municipio, targato M5S, ha risposto difendendo la decisione: «Le due secolari celebrazioni sono ideologiche e divisive». Ma in tal modo, cancellando quelle due feste, ha impedito alla quasi totalità dei genitori di decidere a quali valori educare i loro figli. Per rispettare (come certo è giusto in democrazia) la richiesta di una sola coppia omofila, sono state punite tutte le altre. Ma allora la democrazia, che talvolta viene accusata di essere una dittatura della maggioranza, a Roma è diventata dittatura della minoranza. Di un'infima minoranza.

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