Elezioni politiche, tra i giovani vince la sfiducia: sette su dieci non andranno alle urne
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1-Allarme astensionismo, i sondaggisti: riguarda anche i trentenni 2-Quanti sono i ragazzi ’99 ?
AMEDEO LA MATTINA, 2.1.2017 – Magliocco wwwlastampa.it
1-Chi si occupa di sondaggi per professione non è molto ottimista sulla partecipazione dei giovani alleprossime elezioni politiche. Se poi guardano con la lente di ingrandimento ai giovanissimi, ai quei diciottenni che avranno il diritto a recarsi alle urne per la prima volta, le possibilità di una loro partecipazione si assottiglia ulteriormente. Intanto subito il dato per far capire di che stiamo parlando: il 70% potrebbe non entrare in una cabina elettorale e infischiarsene di esprimere la propria scelta. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non aveva bisogno di conoscere questa percentuale per esprimere, nel suo discorso di fine anno, una sollecitazione ai ragazzi nati nel 1999, a quelli che voteranno per la loro prima volta. Un passaggio delicato, forse quello più sentito perché legato al problema più generale dell’astensionismo crescente in tutte le fasce d’età. Nelle ultime prove elettorali amministrative e regionali il dato della partecipazione è precipitato sotto la soglia del 50%: una soglia psicologica che segna il distacco tra elettori e la politica.
«C’è però sempre un rimbalzo alle elezioni politiche», sottolinea Antonio Noto, direttore di Ipr Marketing. «Al referendum costituzionale del 4 dicembre c’è stato addirittura un colpo di coda con una percentuale di votanti del 70% », aggiunge Fabrizio Masia che guida l’istituto di ricerca EMG Acqua. Ma è il dato sui giovani che abbassa sempre di più la media: tra di loro non ci sono rimbalzi, solo numeri che decrescono. Dice Noto: «Tra i diciotto e i vent’anni solo il 30-35% in genere si reca alle urne». Un tonfo assoluto se si pensa che tra gli elettori di circa 25 anni le cose non migliorano di molto: siamo al 40%. Percentuale che non si sposta quasi niente anche attorno a trent’anni. «Una fascia d’età - nota Masia - molto più consistente dei nuovi elettori nati nel 1999 ai quali si riferisce il capo dello Stato. Il presidente fa molto bene a puntare l’attenzione suoi giovanissimi, dimostrando una doverosa sensibilità: tuttavia si tratta di alcune migliaia di persone, una percentuale molto bassa dal punto di vista statistico. Il trend astensionistico è invece elevato tra i giovani già in cerca di lavoro. Comunque, ogni tornata elettorale ha una storia a sè. Tra l’altro non si vota da cinque anni e molte cose sono cambiare. Ci sono protagonisti in campo diversi, leader giovani come Di Maio, Salvini e Meloni. Renzi? È la vera incognita tra i giovani. Non c’è dubbio - conclude Masia - che il movimento che attira di più l’attenzione dei giovani è quello dei 5 Stelle».
Poche certezze, scelte emotive: i politici faranno fatica a raggiungere i ragazzi del ’99 e anche i più grandi. Noto sostiene che non è solo una questione di tematiche, alcune delle quali come la sicurezza non interessano ancora certe fasce d’età. «È tutta una questione di mezzi di comunicazione. Non sarà certo la televisione né tantomeno saranno i quotidiani a raggiungerli. Con loro tutto si gioca con i network e non a caso chi li sa usare meglio come i 5 Stelle raggiungono le percentuali maggiori tra i giovani». Percentuali che Masia quantifica sopra il 40%.
Nell’ultimo rapporto del Censis tra i fattori ritenuti centrali nell’immaginario collettivo per fasce d’età, i social netwok sono al primo posto tra coloro che hanno tra 14 e i 29 anni. Seguito dal posto fisso e lo smartphone.
2-Quanti sono i ragazzi del ’99? PAOLO MAGLIOCCO
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso di auguri del 31 dicembre ha fatto un parallelo tra i ragazzi del 1899 e del 1999 , tra i ragazzi che un secolo fa furono richiamati appena diciottenni alle armi per combattere durante la Prima guerra mondiale e i loro coetanei di oggi che avranno nel 2018 la prima occasione per votare alle elezioni per il rinnovo del Parlamento.
Ma quanti sono oggi e quanti furono all’inizio del Novecento i ragazzi del ’99?
Nel 1899, in un Paese che contava attorno ai trenta milioni di abitanti (ma i conti precisi allora si facevano solo in occasione dei censimenti) nacquero in Italia più di un milione di bambini, tra maschi e femmine. Quelli che finirono a sparare sul fronte, a uccidere e farsi uccidere, arruolati a partire dall’inizio del 1917 ma chiamati in prima linea soprattutto dopo la disfatta di Caporetto dell’ottobre di quell’anno, furono oltre 260.000. Non ci sono cifre ufficiali su quanti di loro persero la vita in battaglia. Di quelli che sopravvissero, divenuti sinonimo di coraggio ed eroismo, l’ultimo a morire sarebbe stato Giovanni Antonio Carta, caporal maggiore di fanteria della Brigata Sassari, scomparso nel 2007 a 107 anni di età. Oggi nessun ragazzo del 99 è ancora in vita, nessuna persona nata prima della fine dell’Ottocento figura tra i supercentenari italiani.
Nel 1999 in un’Italia che contava quasi 57 milioni di abitanti, quasi il doppio di un secolo prima, sono venuti alla luce poco più di 514.000 bambini, la metà di un secolo prima. Nel 1899 però il tasso di mortalità infantile entro i primi 5 anni era attorno a 250 su mille, cioè un bambino su quattro non arrivava a compiere i 5 anni. Anche senza la guerra, del milione di bimbi venuti alla luce nel 1899 solo 750.000 sarebbero diventati adulti e avrebbero potuto votare, a parte il fatto che avrebbero dovuto aspettare i 21 anni ed essere maschi, perché le fammine non avevano diritto di voto. Oggi il tasso di mortalità in Italia è del 3,9 per mille, cioè meno di quattro bambini su mille muoiono prima dei cinque anni. Quasi tutto il mezzo milione di bimbi nati nel 1999 potrebbe recarsi alle urne il prossimo 4 marzo. Tranne i 20.000 che sono nati da genitori stranieri e che perciò non hanno la cittadinanza italiana.