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L’articolo sui costi della Corte costituzionale ha indotto la Corte stessa a scrivere una lettera

14.12.17 Roberto Perotti da www.lavoce.info

11 Commenti

L’articolo sui costi della Corte costituzionale ha indotto la Corte stessa a scrivere una lettera (prima colonna a destra) e ha stimolato un intervento dall’interno de lavoce.info (qui a fianco). Ecco la replica dell’autore a entrambi i contributi.

Effettivamente la dott.ssa Stasio ha ragione, devo delle scuse per una mia affermazione errata e fuorviante. Quando ho scritto “ottenere i dati necessari è stato un processo molto lungo e faticoso, che ha richiesto parecchi mesi”, avrei dovuto scrivere “anni”, non “mesi”. La mia prima richiesta per ottenere i dati consuntivi della Corte è del novembre 2013. Non ricevetti mai risposta (per correttezza: ai tempi la dott.ssa Stasio non lavorava alla Corte, di cui è capo dell’ufficio stampa da poche settimane).

Confermo invece che i bilanci consuntivi sono disponibili online solo da poche settimane, e sotto la pressione dell’inchiesta. Sarà pur vero, come lei scrive, che “la pubblicazione è prevista da una delibera del 15 aprile 2014”. Ma mentre la mentalità formalistico – giuridica della Corte ragiona sulle delibere, al comune mortale interessano i fatti che seguono (o non seguono) le delibere. E i fatti sono che fino a poche settimane fa la Corte non ha messo online i consuntivi. Il che la dice lunga sul senso di accountability di questa istituzione.

Per tutto il resto, mi assumo totalmente la responsabilità di quello che ho scritto. E sottoscrivo anche in pieno le sue parole: “l’informazione non si fa con manipolazioni, sospetti, insinuazioni, ma con i fatti.” Ora, io non so definire altro che come “manipolazione” la frase seguente, che riprendo integralmente dalla prima comunicazione della Corte e che ho già riportato nel mio articolo:

Tra il 2013 ed il 2014, il bilancio corrente della Corte si è ridotto da 62.816.448 euro a 57.417.331 euro, con una diminuzione di 5.399.116 euro.  Il miglioramento è di natura strutturale, come dimostra il trend dei bilanci successivi:

Eppure, a fronte di 9 milioni che asserivate di avere ridotto in modo “strutturale”, riuscivate a documentare solo circa 2.300.000 euro di risparmi.  La differenza sono appunto le pensioni “scomparse” nella contabilità speciale, di cui la Corte si è ben guardata dal chiarire l’esistenza e le implicazioni contabili. In altre parole: “se si accontentano di questa spiegazione la facciamo franca”. Comunque, le assicuro che non avrei alcuna difficoltà a rendere pubbliche tutte le nostre email (incluse quelle di quattro anni fa, a cui non ricevetti mai risposta).

Noto comunque, a beneficio del lettore, che nella risposta della Corte al mio articolo non c’è nessun rilievo alla sostanza del mio ragionamento. E qui vengo alle osservazioni di Luigi Guiso (che ringrazio per le parole di apprezzamento in apertura del suo articolo), che invece eccepisce sulla sostanza. In sintesi, Luigi Guiso dice: le remunerazioni nette dei giudici e del personale e le spese per acquisti di beni e servizi sono scese di circa 2 milioni e mezzo, una cifra rispettabile. Ho una considerazione generale e alcune risposte specifiche.

La considerazione generale è che il mio articolo verteva sulla differenza tra i due milioni e mezzo effettivamente realizzati e i nove milioni “strutturali” che la Corte pubblicizzava. La differenza, su una spesa netta di 35 milioni, non è irrilevante. Luigi Guiso conclude dicendo che “guardando a questi numeri non trovo ragioni per rivedere al ribasso la mia fiducia nei confronti della Corte.”. Da un lato mi rincuora di non avere causato a Luigi una delusione. Dall’altro lo invito a riflettere su questa differenza e su come essa sia stata presentata; e se pensa onestamente che questa vicenda sarebbe potuta avvenire in un altro paese civile.

I commenti più specifici sono i seguenti:

La riduzione della remunerazione dei giudici non è un’opera di spending review volontaria. È dovuta alla riduzione dei loro stipendi da 465.000 euro a 360.000 euro, a sua volta effetto di una misura presa dal governo Renzi che ha imposto il limite di 240.000 euro anche al primo presidente della Corte di cassazione, su cui lo stipendio dei giudici costituzionali è parametrato. E, non per rigirare il coltello nella piaga, ma anche in questo caso la comunicazione fatta dalla Corte in occasione dell’inchiesta diceva: “A decorrere dal 1° maggio 2014, la Corte ha già deliberato la riduzione della retribuzione di ciascun giudice di 100.000,00 euro lordi all’anno” (grassetto mio). Un’altra interpretazione birichina dei fatti: la Corte non ha mai fatto niente, ha subito a malincuore decisioni (sacrosante) altrui.

Dobbiamo liberarci dal mito del “gli stipendi e le pensioni sono incomprimibili perché non dipendono da chi le paga” su cui si basa il ragionamento di Luigi. Nessun dottore ha mai ordinato alla Corte di assumere tanti dipendenti in passato, di pagarli tanto, e di pagare pensioni generose. Se in conseguenza di queste decisioni oggi la Corte si trova a poter risparmiare solo sulla luce e il gas, sono problemi suoi.

E questo mi ricollega a un problema più generale: il punto di partenza. C’è un solo aggettivo per caratterizzare i bilanci di qualche anno fa della Corte, e soprattutto le remunerazioni dei giudici e i loro benefit: “scandalosi”. Lo stipendio attuale di 360.000 euro è quasi il doppio dello stipendio degli omologhi statunitensi; fino a tre anni fa era 454.000 euro, oltre a benefit che, per dare una idea, includevano la macchina a vita con due autisti per gli ex presidenti. Ci sono in giro ex presidenti della consulta che pontificano regolarmente sulla ineguaglianza della nostra società e che hanno ricevuto una liquidazione di 900 mila euro, e ricevono ogni mese una pensione di 21 mila euro. Oggi si è fatto qualcosa? Complimenti. Ma se vado a 200 all’ora dove c’è il limite di 50 all’ora, non posso pensare di evitare l’arresto dicendo “è vero, ma prima andavo a 300 all’ora.”

Infine, una considerazione più soggettiva. Luigi Guiso scrive che “dovremmo prestare notevole cautela a non incrinare inopinatamente la credibilità [della Corte]. È una delle poche istituzioni di cui i nostri connazionali ancora si fidano.”  Personalmente ho una visione meno paternalistica della questione. Per anni i giudici della Corte hanno percepito retribuzioni e benefit che gridavano vendetta. Per anni hanno seguito l’usanza medievale di nominare presidente (con relativo scatto di stipendio) il membro più anziano, con il risultato che questa carica così delicata e difficile ruotava in media ogni anno e mezzo. Non hanno mosso un dito, in parte perché protetti dalla scarsità di informazione al riguardo, in parte, e più semplicemente, perché se ne infischiavano. È interessante a questo proposito rileggere questo scambio tra un ex presidente della consulta e un giornalista (per coincidenza, ancora di Report) nel novembre 2015:

Giuliano Marrucci (giornalista): “Cosa fanno di così speciale i giudici italiani per guadagnare il doppio dei tedeschi e quasi il triplo degli spagnoli?”.

Annibale Marini (presidente emerito Corte costituzionale): “Sono delle categorie che vanno tutelate, perché esercitano una funzione delicatissima”.

GM: “Sì, ma anche in Germania vanno tutelate”.

AM: “Però il costo della vita in Germania è A, in Italia è B, in Spagna è C”.

GM: “Eh, appunto, in Germania è A”.

AM: “Ma non lo so questo, non lo so. Io capisco quello che lei dice. Dice: ‘No, ma in Germania lo fanno, perché non bisogna farlo in Italia?’. Eh, lo so”.

Per approfondire il problema  con lettera della corte vedere in www.lavoce.info

 11 Commenti

amadeus 15/12/2017 alle 14:00 Rispondi

Standing ovation per il Prof. Perotti. Io sarei assai favorevole ad una sua futura elezione a Giudice Costituzionale!

Fabrizio 15/12/2017 alle 13:45 Rispondi

Gentile Prof.Perotti, è possibile confrontare "questi" stipendi pubblici con la media o la mediana degli stipendi paese per paese? Non sarebbe questo un metro adeguato per capire gli sbilanciamenti tra le stesse figure in stati diversi? Anche se mi sembra di capire che non si vuole ragionare nel merito, ma solo arraffare il possibile nel nome di un'autarchia fatta legge.

Flavio Martinelli 15/12/2017 alle 13:09 Rispondi

A me risulta che la CC italiana costa quasi il doppio di quella tedesca i cui giudici guadagnano circa 1/3 rispetto a quelli italiani. Molto brutta anche la prassi dei giudici della Consulta di farsi eleggere a turno tutti alla carica di Presidente pochi giorni prima della fine del mandato. Questo al fine di massimizzare i privilegi. Solo Sabino Cassese ha rifiutato di utilizzare questo sotterfugio

Barbara Malipiero 15/12/2017 alle 13:04 Rispondi

"benefit che gridavano vendetta. usanza medievale. Scandalosi" Ormai il poraccismo grillino ha contaminato il linguaggio politico e pure quello accademico. Stiamo parlando della più alta corte del Paese, dei massimi giuristi incaricati di vagliare la costituzionalità delle leggi. Siamo così sicuri che all'estero sono pagati tanto di meno? Chi ci dice che i dati che provengono dall'estero siano corretti? Mi piacerebbe altrettanta attenzione agli stipendi, quelli sì scandalosi, dei manager privati, ai benefit, percepiti spesso anche in caso di bancarotta o poor performances. Valletta prendeva 12 volte più di un operaio FIAT, adesso il rapporto qual è? Ecco, lo scandalo si misura facendo delle proporzioni, tra il lavoro prestato, il suo valore aggiunto e così via. Mi aspetterei da un economista un modello di parametrazione, non delle invettive da grillino qualunque.

Sergio Beraldo 15/12/2017 alle 12:59 Rispondi

Bravo professor Perotti. Per la competenza, per il coraggio.

franco benincà 15/12/2017 alle 14:02 Rispondi

mi aggrego ai complimenti

bruno puricelli 15/12/2017 alle 12:59 Rispondi

Complimenti per le puntualizzazioni chiare, semplici e dettagliate. Da tempo mi lamento per il fatto che le caste godano, a mio avviso impropriamente, del principio dei diritti acquisiti. Questo dovrebbe valere per i lavoratori in genere e non per quelli che sono molto vicini alle stanze del potere che, certamente in Italia. concede perchè gli sia concesso.

armando todesco 15/12/2017 alle 12:55 Rispondi

Io ritorno alla osservazione del primo articolo e cioe' cosa facciamo dopo che lo studio delle remunerazioni di un organo dello stato sono state esaminate e dichiarate piene di deficit statistici e quindi politici. Non si può non esser allibiti e colpiti da tanto ardire nel difendere i propri confort benefit e altro di se stessi. Uno scandalo! E meno male che abbiamo ancora la voce di qualcuno che scandaglia e ci informa.

VP 15/12/2017 alle 9:17 Rispondi

Se non lo conosce gia', segnalo al Professor Perotti il libro "Dentro la Corte" dell'ex giudice Sabino Cassese, dove vengono descritte e contestate molte usanze poco commendevoli da parte della Corte, tra cui la rotazione continua della carica di presidente e le modalita' di assunzione dei collaboratori piuttosto opache.

Salvatore Celi 15/12/2017 alle 3:59 Rispondi

Ha condotto un dibattito con argomenti e fatti all'altezza della sua fama, mio caro professore. Ancillarmente, credo sarebbe interessante associare alle considerazioni intorno alle remunerazioni, anche valutazioni di produttività alle quali, essendo i signori in questione impiegati stipendiati dallo stato, non dovrebbe esser così scandaloso il porvi mano. Nell'ambito di un ordinamento giudiziario non precipuamente brillante, mi sembra che la Corte se la prenda particolarmente comoda. Infine, in questa nazione istituzionalmente ormai screditata, sarebbe ben il caso di scoperchiare altri intangibili pentoloni dai quali promanano effluvi sospetti: come quello della Banca d'Italia, per esempio...

Bruno 15/12/2017 alle 1:31 Rispondi

Grandissimo Roberto: ci vuole coraggio per dire queste sacrosante verità. Il coraggio di sfidare istituzioni inefficienti, costose, ma molto, molto potenti. E sbuguardarle per quello che sono: non un una grande istituzione al servizio del paese, ma il solito gruppo di potere dentó lo stato che protegge con le unghie e coi denti i suoi privilegi ormai francamente insopportabili. Lei per me è un esempio di etica, perseveranza, onesta intellettuale.

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