Come c'è un'Italia 5 stelle, così c'è anche un giornalismo 5 stelle, impreciso e arrogante, borioso e disinformato

Bestemmiando il concetto di tolleranza, che la mezza cultura giornalistica ci racconta l'Islam, di tutte le religioni la meno pacifica, dopo ogni attentato

 di Diego Gabutti 22.8.2017 da www.italiaoggi.it

Come non ci sono ideologie salvifiche, né utopie auspicabili o innocenti, non ci sono religioni innocue, religioni arcobaleno, pietose e bonarie (neppure il buddismo, che pure predica distacco dagli affari impermanenti del mondo e degli dèi). Ma è proprio così, bestemmiando il concetto di tolleranza, che la mezza cultura giornalistica ci racconta l'Islam, di tutte le religioni la meno pacifica, dopo ogni attentato.

Una religione di pace, moderna, illuminata, cantano in coro scrittori e opinionisti dadà, grafomani ma di scarse letture. Qualcuno di loro esagera sapendo d'esagerare, altri proprio non sanno di che cosa parlano. Qualche sera fa, per illustrare la differenza tra Islam e islamismo, tra una religione illuminata e la sua «radicalizzazione», uno dei due conduttori di In onda (posso sbagliare, ma credo che neanche La7, dove pure si vedono ogni giorno i telefilm di Joséphine, ange gardien, sia mai caduta in basso come con In onda) ha spiegato con imbarazzanti accenti pomposi che la jihad sta ai musulmani come il Ku Klux Klan ai cattolici. È un'affermazione doppiamente ridicola.

Prima di tutto perché non risulta che il Ku Klux Klan abbia mai attaccato aeroporti, ristoranti e discoteche al grido di Gesù Akbar. E poi perché definire cattolico il Ku Klux Klan, «antipapista» per statuto, è come definire sioniste le SS, o dare del comunista a Silvio Berlusconi. Sono nozioni elementari, e per conoscerle – se non si ha l'abitudine di leggere libri proibiti (che cioè non sono stati scritti da Erri De Luca o Dacia Maraini) – basterebbe anche solo guardare qualche film in streaming su Internet.

Probabilmente il conduttore di In onda non intendeva «cattolici» in particolare ma «cristiani» (o peggio, amerikani) in generale. Anche se fosse stato più preciso, sarebbe stata comunque una sciocchezza, non meno disinformante e pericolosa.

Perché il disastro culturale da cui siamo stati travolti (questa crescente incapacità di distinguere la verità dal tarocco, la libertà dal suo contrario, il bene dal male, l'Islam dalle fantasie letterarie e giornalistiche) nasce proprio dalla mezza cultura, dal pressappochismo, dall'ostentazione di conoscenze vaghe e difettose. Un tempo, i giornalisti erano mediamente informati, e quando non lo erano, perché mica si può sapere tutto, provvedevano a informarsi, leggendo e consultando archivi, prima di salire in cattedra.

Per sapere qualche cosa dell'Islam non chiedevano lumi a Roberto Saviano né si rivolgevano a Oscar Farinetti o a Mauro Corona per avere l'ultima parola in fatto di terrorismo o di misfatti del Ku Klux Klan. Proprio in questo consisteva il mestiere: parlare con competenza, sicurezza e professionalità di cose di cui non si sapeva niente fino a un momento prima di colmare le lacune.

Come c'è, per nostra disgrazia, un'Italia 5 stelle, c'è anche un Giornalismo 5 stelle, impreciso e arrogante, borioso e approssimativo, insulso e superficiale. È un giornalismo di frasi fatte, d'appelli alle emozioni, di sdolcinature, di banalità e predicozzi. Non contiene, neppure per sbaglio, mai, una sola informazione degna di fiducia o una sola opinione per la quale si possa provare rispetto o interesse, ma in compenso abbonda di pregiudizi e di superstizioni. Semicolto, pressappochista, pensa che i toni drammatici, da pulpito e da comizio siano una specie superiore di competenza.

Non educa né informa, benché non faccia che vantarsene, ma si rivolge a audience sempre più ridotte e indifferenti, alle quali parla per occhiatacce, accusandole con rozzo moralismo di non essere mai abbastanza progressiste.

Mentre spiega, sciocchezza particolarmente sonora, che il terrorismo e il disumanesimo islamisti nascono dalla nostra incapacità (o meglio, dall'incapacità delle «destre») d'integrare i giovani musulmani, predica tolleranza zero e pene sempre più severe per i nostalgici del Dux, colpevoli di reati gravissimi (altro che qualche trascurabile strage di donne e bambini) come fare il saluto romano, cantare Giovinezza negli stabilimenti balneari veneti e scrivere Credere, Obbedire, Combattere sui muri.

Un fascista è fascista per sua colpa esclusiva (poteva essere un normale, onesto cittadino, per esempio un anarchico, o un trotzkista, e invece ha voluto essere fascista, e ora paga). Un jihadista, invece, è jihadista per colpa nostra (non del conduttore, ma nostra, nel senso di vostra e mia): un po' perché non siamo abbastanza tolleranti con l'Islam arcobaleno, e un po' perché siamo troppo tolleranti con gli stragisti cattolici del Ku Klux Klan.

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