Bocciando il referendum si va adesso verso l'ingovernabilità
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La scissione del Pd ha ottenuto il suo scopo, quello di rendere più consistente il primato (almeno nei sondaggi) del Movimento 5 stelle, che distacca il Pd renziano,
di Sergio Soave da ItaliaOggi.it, 22.3.2017
La scissione del Pd ha ottenuto il suo scopo, quello di rendere più consistente il primato (almeno nei sondaggi) del Movimento 5 stelle, che distacca il Pd renziano, che sarebbe superato anche da una coalizione di centrodestra, che, per quanto puramente elettoralistica, appare comunque in grado di dare corpo a un inedito tripolarismo italiano. Da questo restano fuori le liste di sinistra sinistra e quelle neocentriste, e con questo panorama bisognerà fare i conti.
Nessuna legge elettorale può cancellare la realtà determinata dall'orientamento elettorale popolare, al massimo può permettere di recuperare qualche formazione minore modificando l'altezza dell'asticella dello sbarramento, ma questo non muterebbe comunque i dati fondamentali della situazione.
Con tre formazioni (o coalizioni) poco sopra o poco sotto il 30%, si impone come centrale il tema delle intese postelettorali. Chi rimpiange i meccanismi maggioritari che davano a un partito o a una coalizione la possibilità di governare, dovrebbe ricordare che tutte queste esperienze sono poi crollate per effetto di tensioni o secessioni all'interno delle maggioranze. Sarebbe diverso se si fosse passati a una sistema politico diverso e monocamerale, ma questa ipotesi è stata bocciata dagli elettori.
Si può discutere se sia colpa dei proponenti che non hanno saputo presentare un'ipotesi più convincente o dei votanti che non si sono fidati, ma resta il fatto che bisognerà gestire un sistema parlamentare, bicamerale, sostanzialmente proporzionale.
Naturalmente nessuno può proporre alleanze prima delle elezioni, non lo fanno nemmeno in Germania, anche se è in discussione, di fatto, solo chi sarà il cancelliere di una nuova maggioranza di grande coalizione. Alla fine, però, bisognerà mettere insieme una maggioranza che regga in due camere, e su questo sarà decisiva l'azione del Capo dello Stato, che dopo il prevedibile fallimento di un incarico «solitario» al primo partito uscito dalle urne, dovrà aiutare la tessitura di una maggioranza plurale, sulla quale, in sostanza deciderà il centrodestra, che, unito o diviso, dovrà scegliere tra grillini e democratici.
A questa situazione si arriva anche come conseguenza della scissione del Pd, che era stata giustificata dall'impossibilità di continuare a tollerare un'alleanza con settori del vecchio fronte berlusconiano. Così ora si danno proprio al partito di Berlusconi le chiavi della governabilità. Per i seguaci della scissione questo esito è un effetto imprevisto, per Massimo D'Alema che l'ha coscientemente perseguito, invece è il panorama adatto per far crescere dall'opposizione un'opzione di sinistra autonoma dal renzismo che è l'unico obiettivo possibile per gli scissionisti.
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